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Solidarietà // Internazionale // Diritti umani

USB dalla parte degli studenti in lotta per il popolo palestinese: sosteniamo la mobilitazione in corso alla Sapienza

Roma,

L’Unione Sindacale di Base si schiera con forza dalla parte degli studenti universitari che, in questi giorni, si stanno mobilitando negli atenei per rompere gli accordi tra le università italiane e le istituzioni israeliane. Da sempre, infatti, siamo solidali con il popolo palestinese e sosteniamo le lotte degli studenti per un’università pubblica libera dagli interessi dell’industria bellica. Proprio con gli studenti abbiamo scioperato nei settori università e ricerca lo scorso 9 aprile contro il bando MAECI e la collaborazione scientifica tra Italia ed Israele.

Ribadiamo quindi la nostra solidarietà contro la repressione subita dagli universitari in questi giorni e settimane di mobilitazione, invitando tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori a sostenere la loro lotta: gli studenti sono entrati oggi in sciopero della fame alla Sapienza, incatenandosi di fronte al rettorato dell’ateneo, finché la Rettrice Polimeni non accetterà di incontrarli e ascoltare le ragioni di chi nell'università chiede il cessate il fuoco immediato e la fine del genocidio a Gaza. 

Di seguito il loro appello, che condividiamo e invitiamo a diffondere.

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Appello a democratici, pacifisti e società civile a sostenere le richieste di studenti e accademici nelle università per fermare il genocidio in Palestina

Siamo studenti e studentesse dell'Università La Sapienza di Roma, abbiamo deciso di intraprendere uno sciopero della fame dalla mattina di mercoledi 17 aprile, incatenati sotto al rettorato del nostro ateneo.

Ci rivolgiamo a tutti coloro le cui coscienze sono scosse dalle terribili immagini del genocidio in corso a Gaza, dalla preoccupante condizione in cui versano tutti i territori palestinesi sotto attacco continuo, e dalla possibilità sempre più reale di una escalation generalizzata della guerra in Medio oriente e non solo.

Siamo arrivati alla scelta di questa forma di protesta non violenta, dopo mesi di una mobilitazione eterogenea e diffusa che ha visto in diversi settori della società una presa di posizione netta contro le guerre, per un cessate il fuoco, per fermare l'escalation in corso che rischia di trascinare il mondo in una terza guerra mondiale a pezzi. A tutto questo però è corrisposto soltanto un preoccupante avvitamento antidemocratico che nei casi più estremi si è tradotto anche in manganelli e violenza repressiva su studenti e studentesse, tanti gli ultimi eventi noti.

È poi proprio nell'università, da tempo fulcro della coscienza critica, che una convergenza di professori, ricercatori, studenti e studiosi di ogni genere, ha messo all'ordine del giorno la necessità di mettere fine alle collaborazioni di ricerca e didattiche che legano la formazione all'industria della guerra e ad Israele, e in alcuni atenei come quelli di Torino, Pisa, Bari, Napoli e Milano questa battaglia ha conquistato alcune importanti vittorie.

Oggi tuttavia, guardandoci attorno, non riusciamo a vedere altro che l'urgenza di fare di più e fare meglio: siamo in sciopero della fame perché il nostro Paese non è ancora disposto ad adoperarsi per costruire le condizioni per la pace, ma non c'è più tempo di aspettare. E siamo incatenati e in sciopero della fame al rettorato della Sapienza perché è dal cuore della più grande università d'Europa che ottenere un passo indietro da chi è complice di un genocidio, può produrre un importante cambiamento.

Dai vertici dell'amministrazione però fino ad oggi non sono arrivati segnali positivi. Al contrario, la Rettrice Antonella Polimeni insiste nello squalificare le proteste degli studenti e nel silenziare le rivendicazioni del mondo accademico che pone la questione etica dell'utilizzo militare della ricerca scientifica. Un atteggiamento, quello della Rettrice della Sapienza, che distrae dal fulcro della questione che si vorrebbe mettere sotto il tappeto: l'ateneo, anzi la sua governance e in primis la Rettrice stessa, hanno le mani sporche del sangue dei palestinesi.

Le hanno perché collaborano quotidianamente con università sorte in Palestina su territorio occupato, colonie la cui stessa esistenza è un crimine per il diritto internazionale; collaborano con le aziende produttrici di armi, come il campione internazionale Leonardo s.p.a. a partecipazione israeliana; collaborano con Israele a fini di ricerca che, come sostenuto anche dalle migliaia di accademici firmatari della Lettera contro il bando MAECI e da numerosi esperti, mettono il sapere a servizio di prodotti e tecnologie ad "uso duale": sviluppate per uso civile, finiscono direttamente nell'arsenale di tecnologie impiegate nelle guerre in tutto il mondo.

Per questo, come studenti, riteniamo che la Rettrice debba fare un passo indietro urgentemente, perché di fronte al genocidio del popolo palestinese e al rischio di un conflitto generalizzato, questa è l'unica scelta giusta.

Ci appelliamo qui a tutti i soggetti democratici, pacifisti e della società civile a sostenerci in queste ore e a dare risonanza a questo percorso che vuole lo sganciamento da qualsiasi complicità e fermare l'escalation.

Chiediamo inoltre che la rettrice convochi urgentemente un momento di confronto largo e aperto tra tutte le componenti dell'Ateneo per far emergere con forza le ragioni di chi vuole il cessate il fuoco immediato e la fine del genocidio a Gaza.