Oggi diverse città italiane saranno attraversate da manifestazioni studentesche, che si immaginano partecipate e combattive, dopo l'indegno uso delle manganellate nei giorni scorsi, giustificate maldestramente da Lamorgese e da tutto il quadro politico nazionale.
Gli ultimi anni di pandemia, la gestione approssimativa e criminale della stessa, il clima di generale disagio che è ormai endemico nelle scuole, costituiscono l'humus di una ripresa del movimento studentesco che ha avuto una tragica tappa nella morte di Lorenzo su cui abbiamo scritto ripetutamente, chiedendo in maniera chiara abolizione della 107 e dei PCTO, e sulla vicenda dell'esame di stato, con il previsto ritorno degli scritti, annunciato da Bianchi e richiesto da più parti del mondo culturale nei mesi scorsi.
Cosa unifica tutto questo? A nostro avviso il piano di trasformazione strutturale che la scuola sta subendo, in una direzione che può qui sintetizzarsi per punti: insistenza ostinata sulle competenze e la valutazione, allineamento della formazione alle esigenze immediate dei settori produttivi, abbassamento culturale, destrutturazione delle classi, aumento dello scarto tra formazione liceale e quella tecnica e professionale, secondo una faglia di classe che è ormai totalmente scoperta.
Bianchi finge che tutto sia normale e questo è inaccettabile, e a questo modo sprezzante di andare avanti sulla pelle di lavoratori e studenti, mentre si apre il contratto scuola, è iniziata la campagna per le elezioni RSU, si discute di mobilità in un'ottica tutta da autonomia differenziata, va opposta una risposta del mondo della scuola, che abbia le idee chiare su come si inverte la rotta. La questione degli strumenti culturali e politici dei lavoratori della scuola e degli studenti è oggi il punto a nostro avviso decisivo. Occorre costruire la forza dei numeri e della partecipazione, ma anche avere un pensiero forte che non rimanga impigliato nella accettazione della destrutturazione di una scuola che sia la stessa su tutto il territorio nazionale e garantisca le medesime possibilità, obiettivo per raggiungere il quale il governo da due anni utilizza le nefaste conseguenze della pandemia e l’emergenza in cui la scuola si trova.
La posizione degli studenti, comprensibile tatticamente e anche dal punto di vista umano, come risposta a una condizione reale di difficoltà, che oggi si traduce anche nella richiesta di non svolgere l'esame di stato secondo le linee guida appena pubblicate, necessita anche di un visione strategica, per cui la destrutturazione dell’esame, come della didattica frontale e in generale dei contenuti, sono tutte tappe dell’asservimento della scuola al capitale e alle sue logiche, della costruzione di una scuola di classe in cui si venga valutati sulla base delle proprie origini o di test a crocette che poco hanno a che fare con lo capacità critica di pensare e dunque anche di lottare. Una scuola che andrebbe ripensata, ma non a partire dalle esigenze di Confindustria.
Per questo sosteniamo le manifestazioni degli studenti oggi, che gridano sostanzialmente che non si può fare scuola, se da due anni la scuola non c’è e che loro non possono essere la carne da macello di un sistema malato e concentrato sul profitto. Per questo sosteniamo la due giorni di Assemblea indetta dalla "Lupa", il 5 e 6 febbraio, dalla quale verranno fuori le prossime tappe di un percorso di presa di coscienza e di lotta che deve avere un respiro lungo.
USB Scuola