Qualsiasi soggetto che abbia una conoscenza anche “superficiale” degli aspetti economici e finanziari di un’impresa, associazione o altro ente, sa che la riduzione in valore assoluto dei debiti della TEMA, comunicata dal Presidente Paggetti alla stampa alcuni giorni fa, non ha alcun significato al fine di dimostrare il miglioramento della situazione finanziaria.
Per un’analisi completa e corretta, devono essere prese in considerazione anche altre grandezze quali l’andamento dei ricavi e dei costi, la redditività, l’andamento dei crediti e le variazioni del patrimonio netto.
Dall’analisi dei principali valori economici e patrimoniali dal 2013 (anno precedente l’elezione dell’attuale Sindaco) al 2017, desunti dai bilanci consuntivi regolarmente approvati dal CdA e dall’Assemblea dei Soci (v. prospetto allegato), si rileva quanto segue:
• da un lato, è vero che, dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2017, i debiti si sono ridotti di 731 mila euro (-30%),
• dall’altro, tuttavia, si sono registrati andamenti fortemente negativi, tra cui:
a) una significativa riduzione dei ricavi, che si sono pressoché dimezzati (-52%);
b) una significativa riduzione dei crediti di 822 mila euro (-59%);
c) una significativa riduzione dell’indice di solidità patrimoniale (dal 57% al 33%).
Lo squilibrio finanziario è stato in particolare aggravato negli ultimi due anni dalla riduzione ai minimi storici delle attività svolte che sta comportando una difficile e impegnativa gestione dei debiti, sia preesistenti che correnti, oggetto di continue rinegoziazioni.
Nel 2005 il CdA allora in carica, effettuò una “due diligence” sui conti dell’Associazione: emerse un “deficit patrimoniale” di circa 1.100.000 mila euro.
E’ questo il famoso “buco” della TEMA, vale a dire una eccedenza di debiti sui crediti, conseguenti a costi superiori a ricavi relativi agli anni pregressi a partire dal 1998.
Il CdA propose all’Assemblea dei Soci un’azione di responsabilità nei confronti dei precedenti amministratori, ma l’Assemblea ritenne “di non dover autorizzare alcun provvedimento relativo alla gestione precedente” attribuendo le responsabilità ad alcune scelte di politica culturale imposte dal Comune di Orvieto, Socio Benemerito, di cui l’Associazione è stata di fatto una sua “longa manus”.
Il Comune, ben consapevole degli errori passati, scelse di dare continuità all’attività, anche per non disperdere il patrimonio di conoscenze e professionalità dei lavoratori dell’Associazione.
I CdA che si sono succeduti, avviarono il risanamento con l’adozione di rigorosi criteri di gestione che hanno consentito l’equilibrio della gestione corrente e la chiusura dei bilanci in sostanziale pareggio; tuttavia, il deficit patrimoniale non è stato ridotto, al 31/12/2017 è ancora pari a oltre 1.100.000 mila euro e pregiudica gravemente la gestione.
Inoltre, negli ultimi anni l’attenzione del Comune si è gradualmente attenuata; il Socio principale ha assunto una posizione asettica di sostanziale indifferenza alle criticità effettive. La strategia di risanamento appare assolutamente “vaga”, limitandosi a modifiche significative nell’organizzazione interna che di fatto non hanno prodotto alcun risultato in termini di benefici economici.
A questo punto è del tutto legittimo chiederci quando, da un lato, inizierà il tempo della responsabilità concreta e, dall’altro, terminerà il tempo dei proclami e degli autocompiacimenti fini a sé stessi.