Partiti in sordina, senza alcun rapporto con i diretti interessati, e cioè i lavoratori e le lavoratrici, gli incontri sul nuovo accordo sulla produttività vanno avanti a ritmo serrato, dopo quello del 28 giugno 2011 sulla contrattazione e dopo i numerosi interventi legislativi, tra cui la riforma del mercato del lavoro della Fornero che ha incrementato la precarietà senza peraltro apportare alcun aumento dei posti di lavoro.
CGIL CISL UIL hanno trovato una posizione comune per andare a modificare ancora una volta la fisionomia contrattuale subordinandola totalmente alle necessità aziendali: si sposta il baricentro sui contratti aziendali, si apre ad ulteriore flessibilità dell’orario, si prospetta addirittura che i contratti nazionali delle varie categorie siano modulati tenendo conto della situazione economica: di chi? verrebbe da chiedere visto che anche in tempo di vacche grasse le aziende si sono tenuti ben stretti i loro profitti, magari per aumentarli con speculazioni finanziarie. A tenere fermi i salari ci pensano già da sé padronato e governo tanto che anche l’ARAN, l’agenzia che contratta per conto delle amministrazioni pubbliche, ha dovuto ammettere che gli stipendi pubblici, per effetto del blocco ormai quadriennale dei rinnovi, si sono ridotti, senza contare gli ulteriori effetti della spending review.
Solo sulle spalle dei dipendenti pubblici si sono così risparmiati 6,5 miliardi nel biennio appena trascorso che arriveranno a 13 miliardi a fine 2014, che fanno il paio con il blocco delle retribuzioni nel settore privato.
Bel risultato, dovuto peraltro all’ accondiscendenza dimostrata da CGIL CISL UIL, che ora tutti insieme appassionatamente, stanno per firmare un accordo che permetta il recupero dello spread di produttività!
I termini del nuovo accordo sono già noti alla Confindustria ma non ai lavoratori: si tratta di destinare la maggior parte degli aumenti (sic!) al livello aziendale e territoriale sotto forma di compensi di produttività, cosa che permetterebbe la detassazione di questa parte variabile del salario, misura molto gradita a padronato e a Monti.
Peccato che lo stesso governo abbia operato tagli ai trasferimenti agli enti pubblici tali da cancellare del tutto la produttività per interi comparti, come nel caso del parastato sottraendo ai lavoratori più di 500 euro al mese.
Bella conquista e complimenti a Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti!
Ma a Fornero e Passera non basta ancora, vogliono un accordo di alto profilo secondo quanto richiesto dalla Confindustria per la quale il contratto nazionale non dovrebbe di fatto più esistere tanto nella stragrande maggioranza delle aziende la contrattazione di secondo livello è del tutto sconosciuta, riguardando solo il 15% delle imprese.
Ma ci sono altre richieste estremamente pericolose e cioè il demansionamento in caso di crisi aziendale, la possibilità di ampie deroghe sull’orario di lavoro e lo svuotamento dell’art.4 dello Statuto dei lavoratori che vieta l’uso di impianti audiovisivi e altri strumenti per il controllo a distanza dei lavoratori , oggi vietate dalle leggi. Il documento di CGIL CISL UIL propone che su questi argomenti si intervenga in sede contrattuale in modo da spronare il legislatore a modificare il quadro normativo. Ormai niente più ci può sbalordire.
La crisi morde ma per quanto riguarda lavoratori e settori popolari è arrivata all’osso.
C’è una sola alternativa; Monti se ne deve andare e non possiamo certo aspettare la prossima primavera per avere un altro governo, di qualsiasi colore esso sia, che avrà le mani legate dalla spending review, dal pareggio di bilancio e dalla legge di stabilità.
Né ci consolano i lamenti di quanti, nei partiti che appoggiano il governo e nella CGIL , un giorno sì e l’altro pure, criticano questo o quel contenuto delle manovre, ma poi le votano o le fan no passare senza lottare.
Monti dobbiamo mandarlo via con le mobilitazioni popolari, per questo il 27 Ottobre dovremo essere in tanti in piazza,ognuno con le proprie rivendicazioni, ma tutti contro il governo e le sue politiche, contro l’Europa delle banche, della finanza e dell’austerità che ci strangola, a fianco dei lavoratori di Spagna, Grecia Portogallo che si ribellano ai diktat della BCE e delle istituzioni europee.