Con un po' di ritardo sulla tabella di marcia registriamo la convergenza di altre organizzazioni sindacali sulla posizione che RdB sostiene da gennaio. La necessità di un accordo quadro nazionale sulla riorganizzazione era evidente già all'indomani della definizione del primo accordo regionale sottoscritto in Emilia Romagna a fine gennaio. A quel tavolo giungemmo dopo aver raccolto fra i lavoratori mezzo migliaio di firme in due giorni e con un nutrito presidio sotto la Direzione regionale. E mentre sotto i lavoratori aspettavano, sopra tutti (tranne noi) sottoscrivevano il primo accordo sulla riorganizzazione. Era un accordo locale che non dava risposte e sollevava mille pericoli e si chiudeva con la promessa di dare ai lavoratori una percentuale dei canoni di locazione risparmiati grazie alla riorganizzazione. Cioè, prima la mobilità e poi una percentuale sul calcio in culo. Bell'affare, senza dubbio.
Furono i contenuti di quell'accordo e l'ovvia constatazione che c'era una “regia occulta”, un “grande manovratore” dietro tutte le operazioni che si stavano facendo a Bologna (e si sarebbero replicate ovunque in serie) a farci capire che la questione andava risolta a livello nazionale. Così, oltre a non firmare l'accordo regionale chiedemmo il tavolo nazionale. Lo abbiamo chiesto anche con una mozione pubblica, sottoscritta da poco meno di 12mila lavoratori in una settimana e con una giornata nazionale di mobilitazione dal titolo “Che fine faremo?” il 18 febbraio scorso. Poi venne il 24 febbraio, l'esclusione vergognosa e illegittima di RdB dal tavolo sull'accordo quadro, la nostra occupazione e la recente delibera Aran che ha chiarito le idee a chi le aveva confuse o addirittura annebbiate.
Proprio lo stesso giorno dell'esclusione di RdB Cisl-Uil-Salfi si riunivano dopo aver mangiato un piatto di pasta alla carbonara in qualche trattoria dalle parti di via del Giorgione. E sempre loro andavano sottoscrivendo altri accordi regionali sulla riorganizzazione qua e là, a partire da Piemonte e Puglia. Oggi si ravvedono. Era tardi, ma tardi è meglio di mai. Così ci aspettiamo che arrivi una formale presa di distanze da quegli accordi che sempre loro e non noi hanno sottoscritto a livello locale, prima di ravvedersi e di affermare che serve un accordo quadro nazionale sulla riorganizzazione. Negli ultimi giorni ci sono state altre manovre ambigue: prima Cisl-Uil-Salfi chiedono l'informativa sui piani aziendali dell'Agenzia delle Entrate, poi si sfilano dicendo che la riorganizzazione viene prima di tutto. Appena una settimana fa l'Agenzia aveva scritto che stava mettendo a punto gli elementi conoscitivi sulla sperimentazione bolognese, incassando l'approvazione ufficiale sempre del trio delle meraviglie che aveva sollecitato l'incontro (mentre RdB era ancora esclusa per volere dell'amministrazione). L'impressione è che sempre loro e non noi stiano ballando un minuetto: un passo avanti, un passo indietro, una bella giravolta. Alla fine ci sarà probabilmente anche l'inchino.
Noi stiamo ai fatti. RdB aveva chiesto di sospendere la riorganizzazione subito dopo Bologna. Due mesi non sono passati invano. Ora RdB crede che sia opportuno andare al sodo e cominciare a chiarire ai lavoratori quali dovranno essere i contenuti dell'accordo quadro e quali le garanzie. Li condivideremo a breve con i lavoratori e li formalizzeremo all'amministrazione. Causa minuetto, l'informativa sui piani aziendali è saltata. Non ci avrebbe fatto schifo discuterne, come non ci avrebbe fatto schifo conoscerli prima della stampa. L'Agenzia sta commettendo più di un errore, sotto questo aspetto. Ora ciò che conta è una rapida riconvocazione non-stop su riorganizzazione e piani aziendali.
Sui contenuti, come sempre, siamo abituati a ragionare. Perché facciamo sindacato per i lavoratori e non per ballare il minuetto.