Il Governo in carica ha articolato una serie di interventi punitivi nei confronti di chi si ammala ed è costretto ad assentarsi dal lavoro. Al centro di questa politica ci sono due misure particolarmente odiose. La prima è il sequestro domiciliare degli ammalati, ai quali viene impedito anche lo svolgimento di compiti personali o familiari irrinunciabili (accudire la prole, fare la spesa, andare in farmacia o dal medico). La seconda misura riguarda invece il taglio del salario in caso di assenze per malattia inferiore a dieci giorni. Qui siamo di fronte a una doppia ingiustizia per i lavoratori del comparto Fisco. Infatti, sebbene il principio ispiratore della recente legislazione sul lavoro è che la legge supera il contratto (principio che respingiamo con fermezza) per i lavoratori delle Agenzie fiscali resta il regime più penalizzante del CCNL. La legge supera il contratto solo se lo peggiora!
Queste misure sono odiose a prescindere perché violano il buon senso e hanno profili d'incostituzionalità. Ma a chi non si appassiona con le vicende contrattuali offriamo una considerazione più pratiche. Le norme in questione non assicurano la tutela della salute pubblica, ad esempio perché non garantiscono l'osservanza della profilassi per arginare il diffondersi della pandemia da influenza suina. Dal Ministero della Salute e delle politiche sociali sono state date a medici e cittadini precise indicazioni: anche in presenza di una "banale" sindrome influenzale, state a casa ed evitate di frequentare luoghi pubblici. La precauzione è ovvia e ha lo scopo di frenare l'estendersi del contagio e il conseguente innalzamento dei costi sociali connessi alla pandemia in atto. Queste indicazioni imponevano misure conseguenti anche sul piano normativo e infatti RdB aveva sollecitato la Funzione pubblica con una lettera aperta a sospendere le trattenute. Per tutta risposta è arrivata la promessa/minaccia di ripristinare le fasce di reperibilità/sequestro, sospese da luglio in ragione di un innalzamento delle assenze per malattia. A parte il fatto che è inevitabile che si innalzino le assenze per malattia in tempi di pandemia, un lavoratore che perde una fetta consistente di salario non sarà forse tentato di non seguire l'invito del Ministero della Salute? Non ci si doveva porre questo interrogativo banale?
Nelle Agenzie fiscali un giorno di malattia costa un trentesimo dell’indennità di Agenzia, oltre tutti gli altri accessori: indennità di professionalità (la "quattordicesima"), produttività d’ufficio, indennità di disagio e responsabilità, quelle stabilite per legge e quelle per la turnazione. Infine, nelle giornate di malattia si perde il buono pasto. Il calcolo varia in funzione della fascia economica, della sede di servizio e del tipo di lavoro svolto. A un lavoratore con retribuzione F3 di II Area in servizio in un ufficio mediamente produttivo delle Entrate, 5 giorni di malattia costano oltre 165 euro. Il dato peggiora negli uffici con budget di sede più alto e può superare i 200 euro per chi - in altre Agenzie - maneggia denaro o garantisce i turni in aeroporto. Negli uffici cui vengono assegnati fondi aziendali cospicui si supera la soglia dei 200 euro! Nella tabella allegata al comunicato abbiamo ricostruito le varie possibilità, escludendo i costi che ogni cittadino sostiene per curarsi.
Sono queste le condizioni costituzionalmente garantite per la tutela della salute? Il prossimo 4 dicembre RdB ha organizzato in tutti gli uffici pubblici una giornata di protesta contro la politica che non tutela né i cittadini né i lavoratori. Distribuiremo mascherine agli utenti e li informeremo sui rischi che si corrono nel nostro Paese, dove ammalarsi è un lusso per pochi. Meglio andare a lavorare con l'influenza.