Nella totale indifferenza dei media, si è tenuta a Bali la Conferenza Internazionale sui cambiamenti climatici e la sostenibilità dell’attuale modello di sviluppo.
Un appuntamento cruciale, vissuto alla sua vigilia come una delle ultime possibilità per risalire la china e ristabilire un percorso alternativo e responsabile a partire dal 2012. Due le questioni centrali: ridurre significativamente (e cioè del 50 %) le emissioni di gas nocivi entro il 2020 e contenere poi entro il limite massimo dei 2 gradi centigradi l’incremento della temperatura media terrestre.
Le valutazioni del giorno dopo sono veramente incredibili se non del tutto sconcertanti. La politica dell’incasso dettata dagli interessi esorbitanti delle lobby economiche che da decenni accumulano profitti da capogiro dallo sfruttamento delle risorse naturali e dalla riduzione delle spese per le necessarie e indispensabili depurazioni, purtroppo l’ha avuta vinta ancora una volta.
Con gli Stati Uniti in testa, tutti i Paesi industrializzati hanno impedito l’assunzione di impegni precisi, quantificati e misurabili, come invece era stato più volte promesso.
Il pericoloso riaffiorare di soluzioni assurde e consegnate alla Storia, quali ad esempio la paventata ripresa della produzione di energia nucleare spacciata per energia pulita, sta nella realtà a dimostrare la considerazione riposta dai governi dominanti sulla prioritaria questione dei diritti, dell’equità e della sostenibilità.
Il successo internazionale con cui è stato salutato dai quindici Paesi più inquinatori il documentario “Una scomoda verità” vincitore dell’Oscar 2007, lascia di fatto il tempo che trova e ne dimostra, alla resa dei conti, tutta l’ipocrisia.
La rassegna minuziosa dei dati e delle previsioni (peraltro a breve scadenza) contenuta in detto documentario sugli effetti, come lo scioglimento dei ghiacciai antartici e della Groenlandia, dei cambiamenti climatici indotti dalle attività umane è stupefacente.
Proviamo adesso a fare, per quanto possibile, un’analogia con quel che sta accadendo a Napoli in queste settimane e che potrebbe presto scoppiare ovunque.
La città partenopea è, a nostro avviso, solo la punta dell’iceberg di un problema che ci riguarda tutti da vicino e per risolvere il quale non ci resta che qualche decennio.
Napoli è infatti, per certi versi, l’emblema di quel 19 % del mondo che ogni giorno si ostina comunque a consumare l’ 81 % delle risorse mondiali. Come se nulla fosse.
Il dato incontrovertibile è che se il resto del mondo vivesse come viviamo noi del nord, avremmo bisogno di quattro pianeti terra, perché tre servirebbero come discariche…
Coordinamento regionale RdB-CUB INPS Lazio