BENVENUTI NELLA “FABBRICA ITALIA”
Ci siamo salutati alla fine del 2010 con l’auspicio che con un maggior senso di partecipazione i lavoratori riescano a ricompattarsi, unendosi nell’affrontare le difficoltà, con uno sguardo più attento verso il disagio diffuso che ci circonda. Riteniamo che questa sia un’esigenza ispirata da sentimenti di partecipazione e solidarietà, ma anche dalla necessità di mettere in campo forme di autotutela contro il pesante attacco sferrato allo stato sociale, al mondo del lavoro e non lavoro, alle condizioni di vita, sempre più uguali verso il basso, che come cittadini e lavoratori dovrebbero unirci. Cambiamenti, stravolgimenti, che ci riportano indietro nel secolo passato, ma necessari per affrontare la crisi: questo ci stanno spiegando!!
Sapere per capire cosa sta succedendo nel mondo, oltre il posto di lavoro, dunque non è più eludibile: semplicemente non ce lo possiamo permettere. Dobbiamo renderci conto che lo scontro sociale in atto nel lavoro privato ci riguarda e dobbiamo scegliere da che parte stare: con gli operai di Pomigliano e Mirafiori; con gli studenti, i lavoratori e i precari per la valorizzazione del sistema di formazione pubblico; per la difesa dei beni comuni; per una politica di pace e quindi per la riduzione delle spese militari e il ritiro delle “campagne di pace” (!?); contro le privatizzazioni, l’accumulo dei redditi e l’evasione fiscale per la difesa dello stato sociale pubblico.
Come primo documento sindacale dell’anno abbiamo pensato quindi di invitare i lavoratori a leggere il documento in allegato: un’interessante analisi dell’accordo FIAT di Pomigliano, a cura dell’ Avv. Carlo Guglielmi del Forum Diritti Lavoro (
)Di seguito alcuni passaggi tratti da: L’ACCORDO DI MIRAFIORI - Prime riflessioni su “LA FABBRICA ITALIA”
….la stessa notazione che un accordo preveda in Italia nel 2011 la possibilità che operai alla catena di montaggio possano lavorare sei mesi l’anno su turni, senza neppure il giorno di riposo settimanale dà la reale dimensione della posta in gioco: non come si vuole organizzare la produzione, ma lo smisurato potere sui corpi dei lavoratori che Marchionne ha preteso e i sindacati complici hanno concesso. Ma ancora, fermandosi a questo, non si comprenderebbe la ragione dell’accordo
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Ed ecco come l’accordo, che – pur a fronte di dolorosi sacrifici – per i nostrani riformisti ha l’indiscutibile pregio del rilancio dell’azienda e dell’occupazione, non obbliga la Fiat ad alcun investimento e prevede invece l’apertura dei licenziamenti collettivi.
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Ed allora la risposta va trovato non nel nuovo ma nel vecchio, che nulla cioè ha a che vedere con il Marchionne canadese ma con quello abruzzese e con la cultura Fiat che parla nell’accordo assai più che non la cultura Chrysler. Ed infatti da sempre la Fiat, per affrontare le sue ristrutturazioni, è partita da una posizione che si potrebbe definire di “odio di classe” e cioè dal presupposto che la ristrutturazione non potesse che passare dalla sconfitta del sapere operaio e delle sue capacità di organizzazione. ……
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…..Ed allora ricapitoliamo:
il vecchio dell’accordo è la mediocre battaglia di potere sui corpi dei subordinati (destinata naturalmente a soccombere e a riproporsi come tutte le precedenti),
il nuovo è la misura del tutto esplicita di questo attacco che passa attraverso la cancellazione della democrazia e della libera comunicazione e informazione con il fattivo e mai così esplicito contributo di soggetti che cercano la valorizzazione del proprio agire nella fuga dalla competizione installandosi abusivamente nei monopoli naturali o artificiali.
Vi ricorda qualcosa? Benvenuti nella “Fabbrica Italia”, ed è veramente un’ingiustizia che il referendum sia limitato solo ai dipendenti Fiat, dato che è di tutti noi che la “favola narra“.
Roma, 7 gennaio2 011 USB-PI Università Tor Vergata