Oggi siamo andati in trattativa per la regolarizzazione dello stabile occupato di via Irnerio 13, in presenza dell'amministrazione comunale e dell'azienda Sant'Orsola, proprietaria dello stabile.
La proprietà ha aperto la possibilità di regolarizzare, chiedendo però come condizione dell'apertura della trattativa il risarcimento dei costi vivi relativi al periodo di occupazione, nella cifra di 41.000 € approssimativamente, da versare in tempi brevi.
Naturalmente, una tale cifra è onerosa per chi subisce una situazione di precarietà e difficoltà economica tale da scegliere di occupare un palazzo per non ritrovarsi letteralmente per la strada, ma sarebbe una briciola rispetto al bilancio economico di un Comune tutt'altro che povero come Bologna.
Anzi, sarebbe un reale investimento: spendere tale cifra per dare stabilità alla situazione abitativa di 17 nuclei è nulla in confronto a quanto invece il Comune spende per le soluzioni emergenziali di cui si fa uso massiccio come dormitori, strutture o ostelli, che non garantiscono né stabilità né dignità alla vita di chi ci “abita” ma costano caro in termini di fondi pubblici (ovvero soldi versati dalla popolazione).
Il Comune ha chiuso le porte a tale ipotesi, affermando di poter intervenire “in aiuto delle famiglie” solo dopo un'eventuale regolarizzazione, e rimanendo in qualche modo vago su cosa si intenda per tale intervento.
Tuttavia il pagamento rimane una condizione necessaria perché la proprietà apra alla regolarizzazione, dunque abbiamo constatato un vero e proprio circolo vizioso.
Alle nostre pressioni incalzanti è stato risposto dall'assessore alle politiche sociali che è vero, il Comune spende moltissimo per le strutture d'emergenza, e in caso di sgombero di via Irnerio i fondi pubblici da utilizzare per alloggiare anche pochi mesi le famiglie sgomberate sarebbero molti di più.
Ci siamo chiesti, allora: perché tanto spreco quando con molto meno si potrebbe garantire il diritto all'abitare stabile per 50 persone?
Anche su questo, le risposte dell'amministrazione sono state molto chiare: da parte della giunta non c'è la volontà politica di riconoscere questo diritto a chi lo rivendica con una lotta coraggiosa. Piuttosto che riconoscere nell'occupazione un messaggio, un grido d'allarme di parte della popolazione da ascoltare attentamente, si preferisce continuare a investire per tamponare l'emergenza anziché risolverla investendo molto meno.
Già, perché per ripristinare e utilizzare lo sfitto come case vere e proprie, in cui le famiglie possano pagare un affitto giusto rispetto al proprio reddito, servirebbero in sostanza molti meno fondi pubblici e sarebbero molto più redditizi. Continuando a riempire dormitori e strutture simili si affrontano spese continue nel tempo, pressochè infinite, mentre assegnando case a canone popolare, equiparato all'Edilizia Residenziale Pubblica, si ha un investimento iniziale e poi gli inquilini potrebbero ripristinare la propria vita con condizioni stabili e dignitose.
Non ci stiamo, questa logica non ci appartiene e non ci apparterrà, è l'amministrazione pubblica che deve garantire ai cittadini e alla popolazione i diritti fondamentali, e non solo a chi occupa, ma a chiunque ne sia privato, da chi subisce lo sfratto a chi aspetta anni in graduatoria per la casa popolare!
Dunque la nostra lotta continua: così come è successo di recente a Napoli, il Comune deve farsi carico dei costi, minimi, per la regolarizzazione, e non per beneficenza ma perché la casa è un diritto, e le istituzioni pubbliche devono garantirlo invece che sprecare soldi per soluzioni-tampone!
Per esprimere tutto questo pubblicamente, convochiamo domani, martedì 1 marzo alle 15.30, una conferenza stampa in via Irnerio 13/15: la città deve sapere come vengono utilizzati e sprecati i fondi pubblici da parte dell'Amministrazione!