La Lettera che sta circolando seppur positiva nei contenuti, getta una luce di estrema preoccupazione sul CNR se l’attuale dirigenza scientifica non viene sostituita (in parte) e se l’Ente non decide di dare un taglio netto con il suo modo di operare.
Andiamo ad analizzare la situazione.
Quando USB nel 2016 manifestava contro Renzi e la Giannini a Pisa, i lavoratori in piazza in rappresentanza del CNR erano pochissimi.
Eppure i temi che mettevamo in campo erano anche di natura economica, stessi temi che in maniera superficiale e tardiva sono emersi dalla scorsa riunione a Napoli. Di fatto, quella sorta di Babele che il CNR rappresenta oggi, con gestioni periferiche differenziate e parcellizzate, ha prodotto un dato patrimoniale preoccupante. Perché è bene dirlo con chiarezza: non sono le STABILIZZAZIONI a compromettere il bilancio, ma la gestione caotica e fallimentare di molti Istituti. Il buco lo hanno creato situazioni al di fuori di una gestione controllata e centralizzata, insieme ad una mal compresa libertà di utilizzo delle risorse economiche con differenziazioni gravi nell'accesso a fondi e finanziamenti.
Parte di coloro che oggi si affanna a reclamare fondi strutturali, solo due anni fa voleva convivere con quella gestione.
Vogliamo riflettere su quanti soldi e professionalità si sono perse negli spin off? Oppure nella mancanza di priorità 'politiche' nella ricerca? Potremmo elencare decine di argomenti che rendono palese che, a partire dal membro rappresentante del personale in cda, la dirigenza più alta ha preferito gestire fondi esterni invece di chiedere fondi generalizzati.
In questo scenario ci sono grandi responsabilità anche dei sindacati confederali che con la reiterazione del mantra sull'80% dei finanziamenti strutturali hanno fatto credere che il problema non sono i soldi. Ed invece di fare il loro lavoro hanno consapevolmente lasciato il personale CNR nelle peggiori condizioni possibili. Non è un caso se questi stessi sindacati stanno trattando all'Aran un aumento dei salari dei presidi totalmente spesato dal MIUR, mentre il CNR si deve pagare tutto. I sindacati della scuola, puntando a controllare la dirigenza, hanno dimenticato completamente i bisogni degli EPR.
Quindi oggi ci troviamo ad affrontare la montante e tardiva protesta affinché il FOE aumenti. Ora.
Ebbene bisogna essere chiari. Proprio perché USB anche sabato scorso era a chiedere la nazionalizzazione della ricerca, proprio nel senso economico del ri-finanziamento. Va chiarito che, eravamo da soli, addirittura contrastati anche da parte del personale precario, a ribadire che il bilancio cnr non si sana se non aumentando di altri 100 mln il FOE. Tuttavia è importante sottolineare che questo aumento deve essere anche l’inizio di un rilancio del settore.
Ma, per farlo davvero, vanno ridimensionati i poteri periferici sul reclutamento, impedendo la generazione di nuovo precariato e di spesa fuori controllo, va rilanciata la ricerca dalla base, cercando di eliminare il baronato e le caste sindacali e va cambiata nel profondo la dirigenza.
Per questo la tardiva recente protesta, tutta diretta alla protezione del proprio finanziamento, va ricondotta a modalità che impediscano il mal costume imperante. Quei fondi li deve gestire il personale (non il barone) di ricerca, ma non possono e non devono essere considerati “personali” e come tali usati.
Perché se ora, stranamente quando stiamo liberando l’ente da un precariato che alcuni hanno alimentato per controllare la forza lavoro, si sono accorti che la ricerca si deve basare su fondi derivati dalla fiscalità generale, allora sono chiamati a rinunciare al diritto di proprietà su qualcosa che essendo collettivo non può essere usato a cuor leggero. Altrimenti questa tardiva protesta sarà poco credibile come lo è un rappresentate del personale che si accorge del buco in bilancio solo ora, dimostrando la propria inutilità nella funzione di rappresentante del personale.
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