Se Marcello, nell’Amleto di Shakespeare, pensa che ci sia del marcio in Danimarca è perché non ha mai visitato la direzione generale dell’INPS. Intrighi di palazzo, cortigiane e cortigiani, interessi e vendette: in via Ciro il Grande si ripropongono gli schemi di una decrepita corte reale.
Da tempo il maggiore Istituto previdenziale del Paese non ha guida politica, diventando così terreno di conquista per i governi di entrambi i poli, relegato ad una funzione progressivamente sempre più marginale.
La cosiddetta tecnostruttura o guida gestionale, invece, si è caratterizzata per la costante violazione delle norme contrattuali sulle relazioni sindacali, tanto da essere più volte condannata dal giudice del lavoro.
Piuttosto che garantire il rispetto delle regole, come sarebbe giusto, direttore generale e capo del personale si accaniscono con chi osa mettere in discussione l’operato di qualche dirigente ritenuto evidentemente intoccabile, come la responsabile della comunicazione esterna. Arrivano a rinnegare accordi sottoscritti e regole condivise, pur di coprire l’operato di qualche dirigente generale. E’ il caso della regione Lazio, dove non si è preso alcun provvedimento nei confronti del direttore regionale quando questi ha inviato in sede centrale i dati sulla ripartizione dei posti per le selezioni interne, senza aver raggiunto un accordo sindacale e riferendosi ad un verbale mai sottoposto alle organizzazioni sindacali. Il direttore generale ed il capo del personale hanno ignorato la richiesta delle cinque organizzazioni sindacali rappresentative di portare al tavolo nazionale la trattativa, come previsto dal contratto integrativo di Ente. Perché il responsabile delle relazioni sindacali non è intervenuto per garantire l’applicazione delle norme sottoscritte? Sarà forse perché il direttore regionale, il capo del personale ed il responsabile delle relazioni sindacali sono tutti della CISL ed il direttore generale, se è rimasto al suo posto con il precedente governo, lo deve in gran parte ai settori della CISL vicini alla Margherita?
Un direttore generale che non trova il tempo (o il coraggio?) di smentire le affermazioni del ministro Brunetta su un fantomatico affidamento ad un service esterno della liquidazione delle pensioni INPS, o quelle, sempre avventate e dovute probabilmente ad una scarsa conoscenza, dello stesso ministro che ha proposto di far versare i contributi e pagare le pensioni in tabaccheria, per aggirare l’inefficienza della pubblica amministrazione, quando è risaputo che gli uffici pagatori sono banche e poste.
L’Ente è costantemente attaccato per inefficienza e sprechi. I dipendenti sono buttati nel tritacarne dell’informazione e messi all’indice come fannulloni insieme al resto dei lavoratori pubblici. Sono pubblicati libri, come quello di Livadiotti, dove si afferma che all’INPS si spendono ogni anno € 175.000.000,00 di straordinario, di cui € 18.000.000,00 solo per la direzione generale, un dato assolutamente falso visto che il fondo nazionale per turni e straordinari è di € 27.000.000,00.
Eppure il “solerte” direttore generale (sul presidente glissiamo per carità di patria!!!) non rilascia alcuna smentita, probabilmente assorto da altri impegni, mentre trova il tempo per pubblicare un messaggio (il n. 14330 del 23 giugno) nel quale sottolinea che i dipendenti non autorizzati non debbono parlare con la stampa a nome dell’Istituto, lo possono tuttavia fare come liberi cittadini. Che significa? A quali episodi si riferisce? Perché non è intervenuto su eventuali singole questioni e lancia un monito pubblico che sa di regime? E’ un po’ come parlare a nuora perché suocera intenda.
In questa corte imperiale, com’è diventata la sede centrale, si guarda con fastidio ad ogni manifestazione di dissenso e ci si barrica dietro le ampie vetrate per non sentire le ragioni degli umili, di quanti hanno problemi reali come i lavoratori precari del conctat center INPS di Bari, che il direttore generale non ha ricevuto. Ma in fondo anche a noi, responsabili nazionali di un’organizzazione sindacale ampiamente rappresentativa all’INPS, è negato da tempo d’incontrare il direttore generale, dal quale stiamo ancora aspettando una risposta alla nostra lettera del 18 luglio 2007 sul concorso a 15 posti di dirigente, così come a tante altre lettere cadute nel vuoto. Manca chiarezza e trasparenza, per esempio sulle voci che riguardano una possibile determina del direttore generale che nominerebbe dirigente un funzionario dell’Istituto per l’alta professionalità individuale, mentre si parla di un elenco di possibili futuri dirigenti che il direttore generale starebbe per nominare, ovviamente senza concorso. Se ci fosse un normale confronto sindacale potremmo avere risposte su questa e su tante altre questioni.
Spicca nell’Ente un’assoluta mancanza d’informazione nella gestione degli appalti: i costi, il numero e l’identità delle ditte a cui sono affidate le attività, rimangono elementi sconosciuti. Il ministro Brunetta, che ha lanciato l’operazione trasparenza nella pubblica amministrazione, dovrebbe intimare all’INPS di pubblicare tutti i dati sugli appalti, sugli oneri economici e sui risultati ottenuti.
La dirigenza generale, interessata esclusivamente a salvaguardare le proprie posizioni di rendita, prende coraggio solo quando c’è da difendere un’appartenente alla categoria, ma tace di fronte ai numerosi problemi di gestione dell’Ente. Le carriere dirigenziali continuano ad essere regolate da criteri che nulla hanno a vedere con il merito professionale, mortificando quanti si impegnano con onestà e dedizione. I progetti non nascono per necessità organizzative, ma per soddisfare il dirigente di turno o come contropartita per la rimozione da qualche incarico precedente.
Ci si accanisce invece sulla massa di lavoratori, aumentando ogni anno i carichi di lavoro e riducendo il salario accessorio individuale. A questi è richiesta professionalità e sono imposte vere e proprie selezioni per il passaggio di qualifica, di fatto finanziato autonomamente con il Fondo di Ente, spesso per continuare a svolgere mansioni superiori al proprio livello stipendiale, assumendo decisioni e responsabilità non di competenza. Ma il capo del personale si scandalizza se gli si propone un progetto che nel tempo favorisca una crescita professionale generalizzata dei lavoratori delle aree, mentre trova del tutto naturale la continua alimentazione del sistema delle indennità, che anche questo pesca dal Fondo di Ente, per remunerare funzioni inventate come l’integratore di processo o per premiare piccoli gruppi di lavoratori, come nel caso degli analisti di amministrazione, non riconoscendo la medesima indennità a quanti svolgono lo stesso lavoro.
Se il dirigente in questione non fosse iscritto alla CISL e non rispondesse a determinati criteri di affidabilità sindacale, indipendentemente dalle sue qualità, sarebbe mai diventato capo del personale? Qui si apre una delle questioni fondamentali, rappresentata dalla lottizzazione sindacale e politica. C’è differenza tra la libera adesione sindacale, che deve essere garantita anche ai dirigenti, e manifestare apertamente un comportamento partigiano. E’ possibile che ci sia una delicata direzione centrale, come quella delle risorse umane, dove tutta la dirigenza sindacalizzata e gran parte dei funzionari sono iscritti ad un unico sindacato? Si può ingenuamente pensare ad una casualità, ma realisticamente si suppone che non si va a dirigere alcun ufficio di quella direzione se non si è iscritti alla CISL.
Il ministro Brunetta ha affermato che non vuole direttori generali e capi del personale scelti tra ex sindacalisti. Non è questo il punto, perché l’esperienza sindacale potrebbe accrescere le competenze professionali, anche se lasciano perplessi alcuni percorsi costruiti a tavolino, senza particolari criteri oggettivi. La questione riguarda piuttosto la capacità del dirigente di saper guardare con imparzialità a tutto il personale ed a tutte le organizzazioni sindacali che lo rappresentano. Per onestà dobbiamo dire che di questi dirigenti ne troviamo anche nella direzione centrale delle risorse umane.
Una buona amministrazione non si sarebbe lasciata sfuggire l’occasione, prevista dalle ultime due Finanziarie, di stabilizzare gli ultimi precari interni, dopo la trasformazione a tempo indeterminato dei CFL e degli EX LSU. Ci riferiamo ai semestrali della sede INPS di Bolzano, che per anni hanno sopperito alle gravose carenze d’organico di quella realtà e che, in base all’Art. 1, comma 519, della Legge 296/2006 ed all’Art. 3, comma 90, della Legge 244/2007, potrebbero essere trasformati a tempo indeterminato.
L’ostinata opposizione della CISL locale, evidentemente supportata dai responsabili nazionali e dall’amministrazione, ha posto numerosi ostacoli al percorso di stabilizzazione di questi lavoratori precari. Si è perso tempo prezioso a chiedere inutili pareri al Dipartimento della Funzione Pubblica e si è poi avviato tale percorso seguendo i canoni di un concorso pubblico, mentre la circolare applicativa della norma, la N. 7 del 30 aprile 2007 emanata dal Dipartimento, indicava esplicitamente che si trattava della sanatoria di un uso distorto che le amministrazioni pubbliche avevano fatto per anni dei contratti di lavoro a tempo determinato.
L’epilogo di ieri, almeno per il momento, è che 10 semestrali su 18 ammessi alle prove selettive per la stabilizzazione sono stati bocciati e saranno licenziati. Altri 7 aspettano l’esito finale della stabilizzazione, avendo superato in precedenza altre selezioni pubbliche ritenute valide. C’è il concreto rischio che questo percorso sia vanificato dall’inefficienza dimostrata dall’amministrazione, che non avrebbe ottemperato entro i termini previsti alle disposizioni normative.
La CISL territoriale di Bolzano ha sempre sostenuto che gli organici andassero implementati con gli idonei ai concorsi svolti presso altre amministrazioni pubbliche, piuttosto che cercare nuovo personale tra i semestrali, anche se questi hanno per anni svolto lavori disagiati e contribuito al buon andamento della sede. La stessa CISL ha fomentato ad arte una contrapposizione tra lavoratori a tempo indeterminato e precari, asserendo che i semestrali, una volta stabilizzati, avrebbero “rubato” i posti ai fissi nelle selezioni interne. Oggi, probabilmente, i responsabili della locale CISL di Bolzano staranno festeggiando per le bocciature dei precari. Sarà forse un caso che, a livello locale, il presidente del comitato provinciale INPS di Bolzano, il direttore della sede ed il direttore regionale del Trentino A.A. sono iscritti alla CISL, così come, a livello nazionale, il capo del personale ed il responsabile delle relazioni sindacali, tutti coinvolti nelle scelte legate alla stabilizzazione dei precari?
Sicuramente all’INPS c’è bisogno di un cambiamento profondo, che garantisca innanzitutto trasparenza e rispetto delle regole. Ma è un cambiamento che dobbiamo imporre noi lavoratori dal basso, determinando le condizioni favorevoli e non subendole, perché i progetti di Brunetta & Co. servono solo a mantenerci in una posizione subalterna, lasciando immutato, se non ampliato, il marcio a cui assistiamo ogni giorno.
Serve uno scatto d’orgoglio, serve unità tra i lavoratori e non tra le sigle sindacali, serve di smascherare quotidianamente chi abusa della propria posizione.
La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.