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Chi soccorre i Vigili del fuoco? Precari in rivolta, sedi da rifare, e automezzi vecchi di 40 anni: 34mila pompieri in servizio permanente ai quali vanno aggiunti i 20mila precari (chiamati discontinui), sulle cui spalle si regge gran parte del funzionamento dell'intera struttura, chiedono aiuto. E pochi giorni fa l'hanno fatto formalmente davanti al presidente della Repubblica. Proprio mentre l'ex-ministro Bobo Maroni proponeva la medaglia d'oro al valor civile per gli interventi durante le ultime alluvioni. Paradossale che i 72 anni dalla fondazione del Corpo si celebrino affrontando l'emergenza con la classica tecnica della "transumanza", di cui si fece largo uso nel ventennio: spostare i mezzi da una provincia all'altra e scongiurando che il maltempo arrivi un po' per volta. Come denuncia il sindacato Usb (Unione sindacale di base), l'attuale Capo del Corpo ha decimato la flotta aerea dei Vigili del fuoco e, qualche giorno fa, su 12 nuclei elicotteri presenti sul territorio italiano (Catania Bari Salerno Pescara Ciampino Arezzo Venezia Bologna Varese Genova Torino e Alghero), solo 6 nuclei erano dotati di una macchina adatta per fare soccorso, l'AB412, e solo 5 nuclei erano operativi. Qualche tempo prima in tutta Italia vi erano solo 2 AB412 operativi. Mancanza di soldi per le riparazioni, manutenzione, personale, molteplici le cause ma tutte si sono accentuate sotto la guida dell'attuale Capo del Corpo.
Le autopompe serbatoio sono oltre 1.500, in media due per ogni sede, il 20 per cento ha più di 40 anni. Un altro 20 per cento sono oggi fuori servizio per mancanza di fondi necessari per farle riparare. Le autobotti pompa (i mezzi per il rifornimento dell'acqua alle autopompe impiegate negli incendi) sono 600 di cui oltre il 30 per cento con più di 40 anni. Il 15 per cento sono fuori servizio per mancanza di fondi necessari per farle riparare. Le autoscale sono 300 di cui il 40 per cento con più di 40 anni. Il 25 per cento sono fuori servizio per mancanza di fondi per farle riparare. Gli anfibi sono 50 di cui la metà con più di 30 anni e l'altra metà con più di 40 anni. Oltre il 35 per cento sono fuori servizio per mancanza di fondi manutenzione.
Per ritornare alla gestione dell'emergenza Liguria-Toscana e poi solo a quella della Liguria: l'allerta mal tempo vedeva puntare il dito su Piemonte e Lombardia e allora il Dipartimento ha celermente predisposto la transumanza di un elicottero AB412 da Roma a Torino, per fronteggiare eventuali criticità. In contro tendenza le colonne mobili del Piemonte bloccate sul confine Ligure-Toscano e non autorizzate al rientro per fronteggiare l'emergenza mal tempo che da lì a breve avrebbe colpito il Piemonte; Mussolini viene in aiuto (sic!), si spostano le truppe cammellate, si inviano al nord pompieri del Lazio, natanti anfibi e soccorritori acquatici da Roma. Tempi! Costi! Parole solo parole sconosciute ai vertici del Dipartimento impegnati in parate, sfilate e cerimonie e soprattutto a far carriera: sia mai che a margine di questa riforma della 217/05 del rapporto di lavoro di tipo pubblicistico un domani non si veda premiare il Capo del Corpo con la promozione a prefetto?
Troppi dirigenti del Corpo sono impegnati nelle loro mire di carriera e di posizioni per dedicarsi seriamente alla gestione del soccorso (una domanda ce la dobbiamo fare: «Ma sono in grado di gestire il soccorso?»).
Il malessere che serpeggia tra le divise verdi del 115 - alla loro pianta organica mancano all'appello 3mila addetti - ha più di una causa. La prima è certamente l'anomalia della loro collocazione istituzionale: fanno parte del ministero dell'Interno, sono "parenti poveri" delle forze dell'ordine, e dipendono da una struttura dipartimentale in mano ad una quarantina di prefetti - che c'entrano, si chiedono in molti, con i Vigili del fuoco? - che gravano sul bilancio già in rosso dei pompieri per ulteriori 4 milioni di euro. Il vertice, dunque, è bicefalo: da una parte c'è il Dipartimento che fa capo al prefetto Francesco Paolo Tronca, dall'altro il Corpo retto dall'ingegnere Alfio Pini.
I tagli lineari imposti dal governo: 330 milioni di euro, 30 dei quali sono andati a colpire il bilancio del Corpo (2 miliardi, 1.700 milioni per le spese del personale, 300 milioni per la gestione). Va detto che il Corpo ha su di sé il peso di 30 milioni di euro di debiti pregressi che ne inficiano il funzionamento. Mancano 3mila addetti e i tagli lineari del 10 per cento rischiano di determinare difficoltà operative al sistema di soccorso.
I Comandi provinciali sono da tempo in rosso col rischio del pignoramento da parte dei creditori delle sedi e il blocco dei mezzi necessari al soccorso. Impossibile procrastinare le istanze di decreti ingiuntivi e le morosità per le spese della manutezione mezzi, pulizie caserme, utenze Enel, bollette telefoniche, tasse rifiuti urbani, riscaldamenti, acqua, affitti caserme, distribuzione buoni pasto e rifornimento carburante. I comandanti per poter garantire le missioni istituzionali sono costretti a acquistare carburante senza avere soldi, senza pagarlo, solo per evitare il blocco delle attività di soccorso.
Liberazione 17 novembre, inserto "Lotte"