La “sindrome del padrone delle ferriere” è un male strisciante che sta dilagando nelle Commissioni Tributarie. Colpisce, improvvisamente e senza un motivo apparente, non tutti coloro che vengono chiamati a dirigere gli uffici in questione ma soltanto i soggetti naturalmente predisposti.
Il sintomo più evidente dell’insorgere del contagio è la metamorfosi da funzionario o dirigente della pubblica amministrazione a “padrone delle ferriere”, detentore assoluto del destino del proprio (nel senso letterale del termine) personale che perde, di conseguenza, le tutele e i diritti del pubblico dipendente.
L’effetto collaterale più comune è la deriva autoritaria nella gestione del proprio (sempre nel senso letterale del termine) ufficio, dettata dall’errata convinzione che l’autoritarismo coincida con l’autorevolezza.
Eppure, i lavoratori delle Commissioni Tributarie già pagano sulla propria pelle la cronica carenza di dotazione organica effettiva e la conseguente ricaduta sui carichi di lavoro, il moltiplicarsi di lavorazioni ed incombenze, la totale assenza di formazione specifica, un sempre più precario equilibrio tra potere amministrativo e potere giurisdizionale.
Ma come se tutto questo non bastasse, assistiamo ormai quotidianamente al proliferare di una dilagante gestione unilaterale dei modelli organizzativi, dei processi produttivi e degli istituti contrattuali che va ben oltre i peggiori propositi delle “norme brunetta” che comunque, è sempre bene ricordarlo, dispongono ma non impongono tassativamente l’esclusione delle parti sociali dalla materia dell’organizzazione del lavoro riconducendo tale decisione, quindi, ad un’autonoma valutazione del datore di lavoro che può decidere o meno di avocare a sé il c.d. “potere di organizzazione” e le conseguenti responsabilità ad esso riconducibili.
Non possono quindi essere diversamente valutati, se non all’insegna dell’ “incultura” del lavoro:
- i più disparati provvedimenti unilaterali di riorganizzazione degli uffici che non solo si rivelano del tutto inefficaci ed inefficienti ma nascondono puntualmente intenti punitivi, per non dire vere e proprie rappresaglie, a danno di determinate categorie di lavoratori;
- la gestione dell’orario di lavoro come strumento di repressione e non come elemento fondamentale nella costruzione del benessere organizzativo (mancata attivazione della banca delle ore, utilizzo improprio di turni non retribuibili, violazioni contrattuali in materia di orario personalizzato per le categorie protette, variazioni di profilo orario “congelate” in considerazione di fantasiose esigenze di servizio, imposizione della programmazione mensile per la fruizione dei permessi di cui alla L. 104/92, istituti contrattuali quali la flessibilità in entrata considerati un benefit da utilizzare saltuariamente o da comunicare in via preventiva, disposizioni “fantasiose” in materia di programmazione delle ferie, istituti contrattuali quali la dovuta informativa successiva in materia di utilizzo dello straordinario considerati come elementi di pura cortesia);
- la sconfortante gestione della sicurezza sul posto di lavoro, fondamentale per i lavoratori ma troppo spesso considerata un “lusso” fastidioso o materia eludibile dai datori di lavoro.
La USB MEF è impegnata da tempo a contrastare la strage di diritti che quotidianamente si consuma nelle Commissioni Tributarie, costruendo conflitto nei posti di lavoro per dare voce ai bisogni dei lavoratori.
È necessario che i lavoratori delle Commissioni Tributarie continuino a sostenere la nostra Organizzazione Sindacale per provare a ricostruire un movimento dei lavoratori che abbia la forza di riprendersi quello che gli è stato tolto.
Possiamo riuscirci solo se saremo in tanti, solo se lo faremo insieme.
Perché insieme siamo imbattibili.