Votare No al referendum costituzionale per salvare gli EE.LL. e i servizi pubblici, contro le privatizzazioni e le dismissioni.
La Costituzione Italiana del 1946, nata dalla Resistenza al nazifascismo, poneva al centro la difesa dei diritti della persona, la democrazia e l’uguaglianza di tutti i cittadini. La giustizia sociale doveva essere un principio fondamentale dell’azione politica dello Stato (art. 3), fu scritta da una assemblea di 556 persone appositamente elette dal popolo sovrano. I membri della Costituente furono eletti col sistema proporzionale al fine di rappresentare tutte le idee e gli orientamenti presenti nel Paese. Essi rappresentavano la parte migliore della Politica e della Cultura italiana. I lavori durarono un anno e mezzo e si tennero 174 riunioni plenarie e 222 riunioni di Commissione e sottocommissione. Il tutto produsse una Costituzione di 139 articoli entrati in vigore il 1 Gennaio 1948. I primi 11 articoli sono detti:”Principi Fondamentali”.
L'art.5 chiarisce quale deve essere il ruolo dello Stato rispetto al decentramento amministrativo:
“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”
Nel corso degli anni la Costituzione viene modificata. Restano i primi 11 articoli ma vengono modificati quelli successivi, che spesso svuotano di ogni significato i “Diritti fondamentali”.
Nel 2001 la Costituzione viene cambiata seguendo le indicazione del “Piano di Rinascita Democratica” che la storia assegna a Licio Gelli e alla P2. Con il pretesto del “decentramento” viene, tra l'altro, stravolto il Titolo V e viene introdotto per la prima volta il principio di sussidiarietà, che apre la strada alle privatizzazioni dei servizi fondamentali per il cittadino.
Dopo altre numerose modifiche, nel 2012 viene inserito il pareggio di bilancio (art.81) su richiesta dell'Unione Europea. In sostanza si garantiscono i servizi finché ci sono i soldi e si sta dentro alcuni parametri. Niente soldi, niente servizi.
La Riforma Costituzionale che saremo chiamati a votare in autunno è stata dettata dalla J.P. Morgan (la più grossa banca d'affari degli Stati Uniti), che già nel 2013 chiedeva, ufficialmente, la modifica in quanto quella “nobile” l'hanno considerata “troppo socialista”.
Si passa dai padri costituenti che fondano la Costituzione del 1946 alle banche che fondano la nuova Costituzione del 2016.
La nuova Costituzione produce un monocameralismo di fatto. Il Senato, ormai declassato ad organo di secondo livello, non avrà infatti alcuna competenza esclusiva e alcuna potestà legislativa autonoma: quel poco che legifererà lo farà esclusivamente insieme alla Camera.
L' Italicum, cioè la nuova legge elettorale, definisce un sistema di assegnazione della maggioranze che potrebbe arrivare al paradosso di attribuire la maggioranza assoluta ad un partito che alle elezioni ha raggiunto basse percentuali (per esempio solo il 20-25%) al secondo turno.
Dalla combinazione delle modifiche costituzionali “di Renzi" con la legge elettorale "Italicum" si genera un assetto istituzionale molto pericoloso sul piano della salvaguardia della democrazia e inedito nel mondo.
In queste condizioni è inevitabile che si crei una "democratura" del partito principale (maggioranza parlamentare, ma non necessariamente popolare) sul Parlamento e una "dittatura" di chi, nel partito vincente, nomina e quindi condiziona e controlla i propri deputati.
Come nel 2001, viene modificata l'organizzazione dello Stato, ma in senso completamente opposto ed in netta contraddizione con l'art. 5. Si passa dal decentramento del 2001 alla centralizzazione del 2016.
La seconda parte della riforma riguarda la riduzione dell’autonomia degli enti locali a favore dello stato centrale. La controriforma prevede infatti la modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione, che contiene le norme fondamentali che regolano le autonomie locali.
Viene costituzionalizzata la soppressione delle Province come già previsto nelle legge 56/2014. Province che avevano, storicamente, il ruolo di enti intermedi tra Comuni e Regioni.
Viene rafforzato l'accorpamento delle Regioni e dei Comuni, con pesanti conseguenze per servizi e lavoratori.
Vengono ulteriormente suddivise le funzioni tra Stato e Regioni. Viene data la possibilità alle Regioni di richiedere al governo di gestire alcune funzioni, tramite specifici accordi, ferma restando la condizione di equilibrio tra entrate ed uscite.
Viene introdotta la “clausola di supremazia”: si passa da un modello solidale ad un modello competitivo.
Le politiche del lavoro (il concetto, non il servizio) tornano allo Stato, ma incredibilmente la gestione della formazione resta alle Regioni.
La Costituzione non fa chiarezza sull'ordinamento degli EELL. Anzi, alle Città Metropolitane, seppur indicate, non viene assegnata nel testo della controriforma costituzionale, nessuna funzione istituzionale già attribuitagli con la Lg 56/2014.
La nuova costituzione individua solo le Città Metropolitane tra gli enti di area vasta.Gli altri previsti dalle leggi ( ex Province) saranno solo materia di legislazione ordinaria, senza certezze sul futuro.
Viene ribadito il concetto che gli Enti Locali e le Regioni hanno autonomia finanziaria e tributaria, ma è lo Stato ad imporre i limiti di spesa (”decide lo stato le risorse necessarie”). Questo concetto viene rafforzato dalla riforma del 2012 che prevede l'obbligo al pareggio di Bilancio. Quindi un Ente ricco e/o “virtuoso” potrebbe vedersi bloccati progetti ed iniziative.
Viene allargato il concetto della sussidiarietà, cioè il concetto che il servizio pubblico viene svolto solo dove non arriva il “privato”. Questo implica uno spostamento di risorse tra il pubblico ed il privato ed è una delle motivazioni che ha indotto “Confindustria” ad appoggiare queste riforme. La sussidiarietà è la madre di tutte le privatizzazioni.
Viene confermata e rafforzata in capo allo “Stato” la previdenza complementare ed integrativa. Anche questo è uno dei motivi del SI di Confindustria della Cisl, nonché del silenzio imbarazzante degli altri sindacati collaborativi.
Il governo può sostituirsi agli organi delle Regioni, dei Comuni e delle C.M. in caso di grave dissesto finanziario. In questo caso i poteri sostitutivi devono essere esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione (privatizzazioni selvagge con la scusa di fare cassa).
I lavoratori degli enti locali sono chiamati a dare un contributo determinante nel bocciare la riforma della Costituzione, votando NO al referendum e aderendo allo sciopero generale previsto per l'autunno.
Mandiamo a casa Renzi e i ladri di democrazia.