L'attacco portato in questi ultimi anni al lavoro, all'occupazione, allo stato sociale, al diritto e alla democrazia non ha eguali in questo paese e nell'intero continente europeo.
Tutto è prima teorizzato, poi presentato e infine realizzato come se non esistessero alternative.
Sembra sia ineluttabile che giorno dopo giorno si perdano quote di lavoro ed aumentino disoccupazione e precarietà, che milioni di persone vivano lo spettro della povertà, che altrettanti non riescano più a curarsi o ad affrontare una minima spesa imprevista senza indebitarsi, che perda casa chi è in affitto come chi sta pagando un mutuo perché perde il lavoro, che migliaia di migranti muoiano nei nostri mari.
E intanto le borse aumentano i loro guadagni e la forbice tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri si allarga in modo abnorme e i problemi sociali si affrontano in termini di ordine pubblico. Se muoiono migliaia di migranti sulle nostre belle coste si mandano le cannoniere. Se in mezzo mondo scoppiano contraddizioni sociali, culturali e religiose, tutte figlie però dell'eterno squilibrio economico tra i paesi ricchi e quelli poveri, allora si ricorre alla retorica e alla guerra.
“Tutto inevitabile! Tutto naturale! Tutto ascrivibile al mercato che si autoregola e che prima o poi troverà un suo equilibrio”: questa la sintesi di chi detiene il potere economico e politico.
E invece non è così! Ci sarebbe bisogno di un forte scossone culturale, sociale e politico per ribaltare proprio queste “certezze” che certezze non sono.
Si dovrebbe “rovesciare il tavolo” anche in questo paese dove sembra che il berlusconismo non si sia fermato a Berlusconi, ma si sia trasformato nel renzismo. La stessa politica spettacolo con forme meno eccessive ma che porta avanti contenuti ancor più devastanti dal punto di vista sociale.
Ma è possibile mai che sia scomparsa la politica, quella che serve la gente e non quella che serve a se stessa ed ai poteri economici e finanziari?
Ma è possibile mai che l'unica opposizione credibile a questo stato di cose sia ormai quella di USB e di poco altro sindacalismo, di qualche piccola e spezzettata formazione politica che non riesce a coagulare consenso anche perché in larga misura vede ancora possibile alleanze con chi ha fortemente contribuito a determinare l'attuale situazione, di un arcipelago di piccoli movimenti che hanno in se potenziali significativi ma che spesso vivono nella retorica del conflitto ma non si pongono il problema dell'alternativa?
Eppure esistono le motivazioni ma anche le condizioni per costruire quella forte alternativa sociale che sola può determinare una radicale inversione di tendenza.
Un'alternativa che però deve essere reale e non fondata sulla retorica, che deve vivere ed agire il conflitto sociale, che deve essere plurale ed aperta ma non un insieme indistinto di posizioni ideologiche unite soltanto dall'essere contro qualche cosa: si deve costruire l'alternativa per cambiare sistema e non contro il Berlusconi o il Renzi di turno!
E noi di USB questo stiamo facendo e ci accorgiamo giorno dopo giorno che è possibile praticare questo obiettivo sul piano sindacale e sociale. La crescita del nostro sindacato, l'importante affermazione nelle elezioni delle RSU del pubblico impiego, le lotte di tutti i giorni a fianco dei lavoratori, dei senza casa, dei migranti e dei disoccupati, dimostrano che non è più tempo di enunciare il conflitto e l'alternativa: ora è tempo di praticarli con determinazione e caparbietà.
Per questo riteniamo che lo sviluppo e la crescita di USB non siano finalizzati soltanto alla sacrosanta difesa dell'esistente, del posto di lavoro, del salario e delle pensioni, ma sono condizioni indispensabili per cominciare a costruire concretamente una opzione sociale diversa.
Dare forza, partecipare, iscriversi e lavorare con USB: questo è quello che chiediamo oggi a chi ancora ci guarda con interesse ma non fa il passo conseguente.
Il 20, 21 e 22 marzo saremo impegnati nella nostra Conferenza di Organizzazione: un momento importante di riflessione e di analisi sulle forme organizzative necessarie per migliorare il nostro intervento sindacale ma anche di concreta individuazione degli strumenti politici, sindacali e culturali indispensabili alla costruzione dell'alternativa sociale in questo paese.