Lo scorso 12 febbraio il Governo ha dato il via libera alla seconda direttiva del Comitato di Settore facendo in tal modo entrare nel vivo la fase contrattuale anche per il comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali.
La seconda direttiva (la prima era stata eccepita da parte del Ministero dell’Economia) ricalca sostanzialmente la precedente e, anche se alcune indicazioni sono state riformulate in forma più soft, lo stesso Ministero dell’Economia ha nuovamente rilevato ed eccepito rispetto ad alcuni possibili sforamenti economici in conseguenza del passaggio delle posizioni organizzative a carico del bilancio degli enti (anziché a carico del fondo per il salario accessorio), o per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (il cosiddetto esodo incentivato), o, ancora, per il finanziamento del fondo in attesa del DPCM che dovrebbe ridefinire i tetti di spesa del personale per gli enti locali.
Ciò nonostante, con l’assenso del Governo, entra nel vivo la fase negoziale vera e propria.
Su questa decisione hanno giocato molti fattori: da un lato le intemperanze degli amministratori locali che, nei giorni scorsi, sono giunti a minacciare la rottura delle relazioni istituzionali con il Governo, dall’altro i proclami di Brunetta che non si riescono ad onorare (aveva sostenuto che gli aumenti contrattuali potevano essere corrisposti anche senza attendere il contratto nazionale), e, più di tutto, la crisi economica che comincia a incidere sensibilmente sulle retribuzioni – specie tra le più basse, come quelle degli enti locali – prossime ormai alla “soglia di povertà.”
Già dal contenuto della direttiva si percepisce il senso del progressivo svuotamento del valore del Contratto Nazionale, che risulta ulteriormente penalizzato dall’intervento del Governo:
- progressioni orizzontali bloccate (se va bene, una progressione ogni 6 anni);
- aumenti economici irrisori e comunque al di sotto dell’aumento del costo della vita;
- incentivazione all’esodo in base a criteri indefiniti e soggetti alla sola concertazione per attuare il definitivo smantellamento anche di questo pezzo di Pubblica Amministrazione - saranno quindi differenziati da ente ad ente - anziché esplicitati all’interno del Contratto (questo lascerà spazio di manovra sia agli amministratori, sia ai sindacati concertativi per cogestire in maniera clientelare anche questo istituto normativo).
La direttiva si è invece premurata di confermare – nonostante i rilievi del Ministero dell’Economia – il passaggio delle risorse economiche destinate alle posizioni organizzative, dal fondo per il salario accessorio al bilancio dell’ente, giovando così alla pianificazione dell’ennesima strategia clientelare e preludio alla definitiva costituzione dell’area della vicedirigenza (prevista anche all’interno delle nuove norme sul lavoro pubblico e sulla riforma della Pubblica Amministrazione).
RdB ritiene che ormai i giochi siano ormai finiti!
I Lavoratori possono e debbono scegliere da che parte stare, se con i sindacati “complici” per continuare nell’indecente balletto di poltrone ed il massacro della pubblica amministrazione o con il sindacalismo di base per riportare al centro dell’agenda politica gli interessi primari del mondo del lavoro a partire dal recupero del potere d’acquisto dei salari - decimati dalla crisi economica permanente e dall’ingresso nell’Europa dei banchieri - e per la difesa dei servizi pubblici e la dignità dei lavoratori della pubblica amministrazione.
PER UN CONTRATTO VERO
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