Siamo compiaciuti dell’intervento di personalità politiche direttamente coinvolte nella discussione del processo di trasformazione della Pubblica Amministrazione che avanzano dubbi e interrogativi sul progetto di privatizzazione di funzioni e di attività essenziali delle Forze Armate.
Il riferimento è l’interrogazione a risposta immediata ai ministri della Difesa, dell'Economia e delle Finanze, i cui primi firmatari sono i parlamentari Giampiero Scanu e Antonio Rugghia, rispettivamente capogruppo in commissione Difesa del Senato e componente della commissione Difesa della Camera e della sopraggiunta Difesa Servizi Spa.
L’applicazione di criteri privatistici in un’amministrazione delicata come quella della Difesa è un’operazione che ci ha sempre lasciati perplessi perché, nei testi che tutti abbiamo avuto modo di leggere, si uniscono particolarità tipiche delle aree militari, in cui è conosciuta una sorta di extraterritorialità con possibilità commerciali, come quella della produzione di energia rinnovabile anche nucleare, che normalmente rispondono a criteri completamente diversi.
A noi importa il valore delle regole e se la democrazia si realizza in base alle regole e alle leggi, la norma approvata, che è legge dello Stato, ad esempio parla di “strutture di produzione energetica a fini strategici”, definizione con cui è identificata la realizzazione di centrali nucleari.
L’energia elettrica in questo senso potrebbe diventare un bene a controllo militare.
Questo è un esempio, ma riteniamo che non ci sia bisogno di una Spa privatizzata in una struttura militare, che mediamente è più efficiente nella media della P.A. italiana, per realizzare questi servizi.
Il fatto poi che questo avvenga con quattro norme inserite in Finanziaria, senza conoscerne i contenuti, senza discussione parlamentare e senza che queste precisino esattamente compiti e funzioni della Difesa Servizi, ci ha sempre posti in una condizione di netto contrasto.
La trasparenza e la comunicazione di quest’operazione sono state talmente insignificanti che il sorgere di dubbi e perplessità sul campo d’azione di Difesa Servizi Spa sono del tutto legittime perché non si comprende il limite d’intervento che questa società potrà avere in futuro.
Questo non solo nel campo della vendita delle servitù militari (un portfolio di circa 3700 unità) e delle aree militari ma, ad esempio, anche della promozione per la vendita di armamenti, attraverso FINMECCANICA, dove la nostra legislazione prevede che lo Stato controlli le aziende private che effettuano contratti in paesi che necessariamente devono sottostare a vincoli ben precisi e osservino elenchi con determinate caratteristiche.
E’ evidente che la perdita del controllo diretto con strutture anche più burocratiche, relativamente ad una condizione così delicata come quella della Difesa, è francamente molto preoccupante.
Per non parlare poi delle ricadute in termini d’occupazione sui lavoratori della Difesa.
Auspichiamo un fermo a questo progetto di privatizzazione da parte del Parlamento così come avvenuto per la Protezione Civile, poiché troppe sono le zone d’ombra, i dubbi e le ambiguità che giustificano il mantenimento del controllo pubblico.