Eiad Sharif, 32 anni, siriano arriva il 27 febbraio con un volo da Dubai via Istambul a Orio al Serio e qui viene fermato, senza nessuna spiegazione, dalla polizia di frontiera. Ha un regolare passaporto siriano, a Dubai viveva con un permesso di soggiorno, l’ambasciata italiana di laggiù gli aveva rilasciato un regolare visto per l’Italia. Tutto regolare quindi, ma è lo stesso trattenuto in aeroporto. Non solo, diabetico, per la tensione ha la glicemia a mille, deve andare spesso in bagno dove viene controllato a vista e umiliato per il suo essere musulmano. L’intervento dei compagni dell’USB di Bergamo e degli avvocati, ma solo dopo parecchie ore e notevoli pressioni, porta al suo rilascio. Però gli ritirano il passaporto e, seppure non obbligato da nessuna legge, deve chiedere lo stato di rifugiato politico sebbene il suo obiettivo sia andarsene il più presto possibili e raggiungere i famigliari in Svezia. Andato dopo qualche giorno in questura per ritirare il passaporto, ha la sorpresa di essere stato privato del visto. Adesso è riuscito a raggiungere felicemente in Svezia. E’ una storia che si ripete spesso alle frontiere italiane: migranti con passaporti, permessi, visti regolari vengono illegalmente fermati e rilasciati solo dopo l’intervento di associazioni, sindacati, avvocati. Vengono da Paesi in guerra, hanno sopportato fatiche immani, visto i loro cari morire. Vogliono solo vivere. E noi spesso glielo neghiamo.
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