La goccia che fa traboccare il vaso. E’ questo ciò che probabilmente hanno pensato molti lavoratori elettrici alla notizia dell’ultima intesa Enel-OOSS, volta a scippare ai dipendenti Enel le storiche agevolazioni tariffarie per l’energia elettrica. L’accordo “siglato” prevede infatti di monetizzare lo sconto per gli attuali percettori, riconoscendo loro fino alla pensione importi proporzionali all’età anagrafica da girare automaticamente al Fopen o, su esplicita richiesta, da ricevere in busta paga.
Il moto di indignazione che si è levato contro questo ennesimo inciucio è più che giustificato.
Nel merito, perché non solo il controvalore economico è al netto delle tasse largamente insufficiente ma anche perché tutto l’accordo è chiaramente finalizzato ad ingrassare le casse del Fopen. Altro che “difficoltà organizzative nella gestione” dello sconto – come provano a raccontare filtcem, flaei, uilcem - qui il problema è principalmente quello di arraffare un bel tesoretto, denaro fresco da gettare nel fosso della previdenza complementare gestita a quattro mani con Enel. Ma che bravi, due piccioni con una fava! Anziché caricare l’onere di una maggiore contribuzione sulle spalle dell’azienda, che pure si svena da anni per invogliare i più anziani a lasciare il lavoro (a beneficio dei propri conti e a danno di quelli previdenziali), i tre compari hanno pensato bene di incrementare il Fopen con i soldi degli stessi dipendenti. Enel se la ride: solo per gli assunti dopo il ‘96 - già ultra penalizzati – ha dovuto scucire qualche soldo, alla faccia però di tutti gli altri che in gran parte matureranno pensioni più basse delle attuali (lavorando più a lungo) e probabilmente riceveranno anche un incentivo all’esodo via via minore, o ancora peggio non lo avranno affatto.
Nel metodo, perché tutto è stato fatto in gran segreto, contando su sindacati complici che se ne infischiano dell’opinione dei lavoratori. Salvo promettere assemblee dopo la valanga di proteste che li ha sommersi. Ma non cambierà nulla, lo scopo deve essere raggiunto. Per questo hanno pensato alla penosa furbata del silenzio-assenso: perché i loro interessi valgono ben più dei diritti altrui.
USB si impegnerà al fine di salvaguardare il diritto acquisito dello sconto energia, innanzitutto preparando un atto di diffida che chiunque potrà inoltrare ad Enel per mantenere le condizioni attuali. D’altra parte, deve essere chiaro che anche chi rimarrà impigliato nella rete del silenzio-assenso potrà comunque opporsi per via legale, specie se non iscritto ai sindacati firmatari.
Ma il vero problema è quello di cambiare registro, di liquidare una casta di sindacalisti gradita ai signori dell’energia per aver spianato la strada alla privatizzazione che oggi può perpetuarsi solo continuando a fare concessioni. Si provi a fare un bilancio dell’ultimo decennio: crollo dell’occupazione, terziarizzazione spinta, depauperamento professionale, salari in discesa, peggioramento normativo, tutta roba di cui si sono avvantaggiate le imprese che certe della sudditanza sindacale – è una vita che non c’è uno sciopero nazionale - si spingono ogni giorno più in là incassando utili da record (Enel: 1,2 miliardi nella trimestrale, + 14%).
Non basta l’indignazione: è necessario reagire, costruire una alternativa. Partendo dal ritirare la delega ai sindacati firmatari dell’accordo del 17 maggio: non perché questa vicenda sia peggio di altre, ma proprio perché essa appare emblematica di un modo di agire e di una protervia ormai inaccettabili. Serve un sindacato non compromesso, pienamente democratico e orientato al conflitto. Ne vale del nostro futuro.