Si trattava solo di anticipazioni che andavano comunque soppesate e verificate in seguito, è vero. Le proposte per la definizione dei nuovi organigrammi infatti vanno formulate dai direttori entro il prossimo 8 febbraio, è vero anche questo. Perché vengano varate (cosa che aspettiamo con ansia e non sapremmo come vivere senza), le due nuove riorganizzazioni teorizzate dal direttore regionale e da quello metropolitano avranno comunque bisogno di ricevere l’autorizzazione dalla direzione centrale ed è vero che bisognerà aspettare perciò il 28 febbraio.
Data già fissata senza por tempo in mezzo per dare il via all’ennesimo sprint di una riorganizzazione partita dieci anni or sono.
Ma non è possibile che in sole 48 ore dall’incontro regionale del 25 gennaio alla emanazione delle circolari n. 14 e 15 del successivo 27 gennaio ci sia stata una tale inversione ad U da ridurre prima le Filiali romane a 4 per poi riportarle a 6.
E non ci sorprenderemmo a questo punto se, magari durante l’estate, si ritornasse all’improvviso ad un accorpamento sulla falsariga di quanto disposto nella gestione pubblica.
Ma la vera chicca è rappresentata, al momento, dalle modalità dell’interpello di cui al messaggio n. 457 del 30 gennaio, riguardante gli incarichi dirigenziali, un autentico capolavoro di mancata trasparenza, che bypassa le regole prefissate. Una tale quantità di norme, dettati e disposizioni scavalcate in un colpo solo da fare veramente impressione.
Non male questa ouverture da parte della “libera, indipendente ed autonoma” direttrice generale che detto per inciso ci ha tenuto subito a comunicare che la qualità dei servizi da fare viene prima delle persone.
Mentre, a nostro avviso, è esattamente il contrario, perché senza personale gli adempimenti chi li svolge?
Per i posti funzione centrali e territoriali assisteremo con ogni probabilità ad un febbraio da lunghi coltelli, una lotta intestina alla quale ci siamo ormai abituati.
Quello che proprio non riusciamo invece a sopportare è la generale disinvoltura con cui vengono affrontati e restano perciò irrisolti i reali problemi dei colleghi.
Se i vertici dell’amministrazione sono per primi a conoscenza del fatto che circa 150 dipendenti dell’Istituto andranno in pensione ogni mese a partire dal 2017, com’è possibile che non insistano (con ogni mezzo e ciascuno per la sua parte) affinché vengano indetti nuovi concorsi? Ma che cosa si sta ancora aspettando?
Entro i prossimi tre anni andranno via con certezza almeno 6.000 unità e senza che nessuno li sostituisca, purtroppo su questo non c’è un solo spiraglio di luce (comandati a parte), né sembra che qualcuno voglia seriamente occuparsene…
Gli stessi direttori non sanno più a che santo votarsi, di fatto tirano a campare in una situazione che si perpetua nella quale il carattere provvisorio è divenuto quotidiano, con richieste estemporanee che però lasciano il tempo che trovano, come chiedere volontari per gli sportelli a rischio facendo leva sulla solidarietà.
Per non parlare della formazione improvvisata sempre più spesso al front office con colleghi ultrasessantenni, che naturalmente fanno quel che riescono a fare.
Ed allora ti viene da pensare che tralasciare i problemi reali non è poi così casuale.