Domani inizia, sotto la direzione di Tito Boeri, il Festival dell’Economia (undicesima edizione) con il titolo “I luoghi della crescita”.
Anche quest’anno sarà una passerella di economisti, politici, ben 5 ministri e qualche artista per raccontarci, in forma più o meno spettacolare (festival è sinonimo di spettacolo), che la nave va, la crisi è superata, l’occupazione cresce, le riforme della Costituzione è alle porte e quindi la politica dell’austerità imposta dalla lettera Draghi-Trichet del lontano 2011 ha dato i suoi effetti.
Poche sono le voci che tenteranno di smascherare il vero volto delle scelte di questo governo, (privatizzazioni, taglio dei diritti, Jobs Act, Buona Scuola, ecc.) e delle politiche di austerità imposte dall’Europa che, per salvare finanza e banche, sta strangolando l’economia dell’intero continente mettendo sul lastrico milioni di famiglie e distruggendo ogni forma di stato sociale, o di tutela del lavoro, e delle classi deboli.
Non parliamo solo della Grecia, ma anche della Francia che in questi giorni è scesa in piazza contro il Loi Travail che, come il Jobs act di Renzi, liberalizza i licenziamenti economici, o delle norme sottoscritte da Cgil, Cisl e Uil sul lavoro gratuito all’Expo di Milano, ma delle politiche di austerità imposte dalla Troika a tutti i governi europei a prescindere dal loro colore politico.
Parliamo del fatto che questa Europa è sempre più espressione della finanza che impone nuova austerità, modifiche delle Costituzioni antifasciste e di ogni forma di intervento pubblico in economia in nome di un liberismo senza regole, o meglio con la sola regola del libero mercato, chiamato anche globalizzazione, che tanti disastri ha provocato e continua a provocare sull’intero pianeta.
Non scordiamoci che le grandi emigrazioni di massa a cui stiamo assistendo sono frutto del liberismo, della globalizzazione finanziaria, oltre che delle guerre economiche che si stanno combattendo, sotto la bandiera di una finta democrazia, ma che nei fatti riguarda l’approvvigionamento delle fonti energetiche e idriche.
Ma all’interno del festival c’è un grande assente che Boeri e Rossi fanno finta di non vedere: Un grande assente che si chiama TTIP. Quel trattato transazionale fra Europa e USA che sostanzialmente cancella ogni vincolo al profitto e che regala una sorta di extraterritorialità alle multinazionali le quali potranno chiedere la cancellazione di misure atte a tutelare salute e sicurezza dei cittadini se in contrasto con la loro sete di profitto.
Un silenzio non casuale, ma una scelta politica ben precisa.
Infatti un dato certo è che questi trattati sono discussi in gran segreto e quindi non vorrai mica che un Festival dell’Economia ne parli, specialmente nei giorni in cui i negoziati entrano in una fase decisiva?!
Infatti il Festival si guarda bene dal discutere di un accordo transnazionale che tocca da vicino la quotidianità di tutti: l’alimentazione e la sicurezza alimentare, le prospettive di sviluppo economico e occupazionale (soprattutto delle piccole e medie imprese), il lavoro e i suoi diritti, la salute e i beni comuni, i servizi pubblici, i diritti fondamentali, l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge e alla democrazia.
Poco importa a Boeri & C. se il TTIP minaccia i diritti dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e la sicurezza alimentare, mette sul mercato sanità, istruzione e servizi pubblici, pone a rischio la qualità del cibo e dell’agricoltura e l’attività di gran parte delle piccole e medie imprese.
A loro importa costruire con i soldi pubblici una passerella dove i loro padrini politici possano raccontare le favole sui miracoli del Jobs Act, della riforma della “Buona Scuola” delle privatizzazioni, mentre milioni di italiani sono ancora sotto la soglia di povertà, i lavoratori sono sempre più soggetti al ricatto occupazionale ed i giovani non trovano un lavoro dignitoso mentre imperversano scandali, corruzione malaffare.
Altro che gioiello dell’autonomia come dice Rossi, il Festival dell’Economia si dimostra ancora una volta una palestra di quel neoliberismo che è stato la causa principale di questa crisi.
Per fermare il TTIP, per tutelare i diritti e i beni comuni, per costruire un altro modello sociale ed economico e per difendere la democrazia, USB sarà domenica in piazza.
Andiamo in piazza anche per dire al ministro Poletti, ed al ministro Padoan, che la nostra dignità non è in vendita e la Costituzione non si tocca!
Ezio Casagranda
USB Trentino
Aderente
alla FSM