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SCUOLA Emilia Romagna

IL COMUNE DI BOLOGNA E LE CONSEGUENZE DELLA DISTRUZIONE DEL WELFARE: ADESSO SPEDISCONO I BAMBINI DIRETTAMENTE IN PARROCCHIA

Bologna,


 

A Bologna oggi mancano le aule per le scuole dell’infanzia, al punto che Palazzo d’Accursio prende in considerazione l’idea di chiedere alla Curia e alle parrocchie i locali per 125 posti in via Saffi. Ecco gli esiti della scellerata politica di disinvestimento del pubblico e della sempre più forte spinta alla privatizzazione: incertezze ai cittadini in cambio di tasse che si disperdono in contributi alle scuole paritarie e assenza totale di investimenti per garantire l’erogazione del servizio.

 

Nel 2013, quando prevalsero le ragioni referendarie contro il finanziamento pubblico alle scuole dell’infanzia private, i cittadini avevano compreso molto bene che le conseguenze delle scelte dissennate dell’amministrazione Merola alla lunga avrebbero prodotto una riduzione di diritti. All’epoca PD e PDL – al cui fianco c’erano anche l’Udc, il CNA, Unindustria, la Curia, la Cisl, il mondo economico delle cooperative – ignorarono l’esito referendario con grande arroganza e oggi i cittadini di Bologna fanno i conti con le conseguenze di quella decisione.

 

Poco importa la ricerca emergenziale di un locale in affitto, anche l’anno scorso sono rimasti esclusi dalla materna comunale 91 bambini del quartiere Savena. Oggi tocca al quartiere Porto-Saragozza. L’anno scorso  sono stati spesi 150mila euro in più oltre ai fondi della convenzione, che si aggirano intorno al milione di euro annualmente versati dal Comune di Bologna a integrazione delle rette presso le scuole paritarie private (e si va oltre i due milioni di euro se si tiene conto dei finanziamenti nazionali e regionali che si aggiungono a quelli comunali). E oggi quanto costerà in più all’erario l’affitto dei locali della Curia?

 

Da un lato un servizio che costa alla comunità molto di più, sempre di più, dall’altro una gestione che si rivela una “opportunità”, come scriveva nel 2017 il Comune, ma a noi sembra una opportunità solo per far fare cassa ai privati. Il tutto avviene in spregio del principio costituzionale dell’articolo 33 “senza oneri per lo Stato” e del principio della laicità della scuola pubblica svenduta per imperizia e mancanza di pianificazione da parte di una amministrazione che anche quest’anno dimostra di non saper neppure programmare attraverso delle banali proiezioni demografiche. E la tanto millantata libertà di scelta delle famiglie dove va a finire se i posti letteralmente mancano, gli spazi si riducono e le convenzioni con i privati (la maggior parte enti cattolici) dettano la priorità delle scelte alla pubblica amministrazione? Una deriva che, con tutta evidenza, prima o poi ci condurrà alla totale dismissione del servizio pubblico.

 

Quest’anno per ben 2778 domande rimangono in lista d’attesa ben 214 bambini a fronte di 201 posti ancora disponibili, ma ovviamente non saranno posti disponibili nei quartieri indicati nelle domande dalle famiglie. Il Comune dichiara che a conti fatti la lista d’attesa è azzerata, fingendo di dimenticare che la prossima graduatoria a giugno potrebbe vedere altri bambini rimanere fuori graduatoria. Eventuali posti potrebbero liberarsi solo incentivando le famiglie a scegliere una scuola paritaria del proprio quartiere di residenza, liberando in questo modo qualche posto.

 

E se Palazzo d’Accursio prendesse quel milione di euro che ogni anno elargisce alle scuole paritarie e lo usasse per investire in scuole comunali? Ci sarebbe a disposizione della cittadinanza una maggiore disponibilità pari a circa 200 posti.

 

L’attuale politica scolastica del Comune di Bologna è davvero conveniente? In questo modo il Comune di Bologna risponde concretamente alle esigenze delle famiglie? Pensano i cittadini bolognesi che questo annuale sperpero di denaro pubblico possa essere investito più stabilmente nella creazione di strutture e spazi pubblici, laici, in cui possano magari lavorare dipendenti con retribuzioni dignitose? Sono queste le domande che crediamo debbano cominciare a porsi i cittadini prima di ritrovarsi, tra qualche anno, con posti sempre più risicati, spazi laici nulli, scuole private sempre più ingrassate da soldi pubblici grazie alla compiacenza di una amministrazione comunale che non sa o non vuole operare per una gestione dei beni pubblici nel rispetto della costituzione italiana.

 

Le scuole paritarie private sono imprese che stanno sul mercato solo grazie ai continui finanziamenti pubblici: nazionali, regionali, comunali, senza i quali probabilmente non sopravvivrebbero perché le famiglie, se fossero realmente libere di scegliere, continuerebbero a scegliere la scuola pubblica: lo dimostra il numero sempre crescente delle domande.

 

Prima essere privati di tutto, sarebbe meglio mettere in discussione la privazione del diritto a una scuola dell’infanzia per i nostri figli che sia pubblica, laica, plurale, gratuita, libera e di tutti.

 

USB BOLOGNA