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Liguria

Il Crollo del Ponte Morandi peggiora i servizi pubblici a Genova

Genova,

Il Crollo del Ponte Morandi peggiora i servizi pubblici a Genova


Il Decreto Genova non è la soluzione


Del cosiddetto Decreto Genova (DECRETO-LEGGE 28 settembre 2018, n. 109) , nella realtà solo i primi 16 articoli riguardano la vicenda del crollo del Ponte Morandi.


Dalle premesse è già evidente la finalità del decreto, il cui scopo dovrebbe essere “la necessita' di garantire misure urgenti a sostegno della popolazione colpita dall'evento del crollo di un tratto del viadotto Polcevera dell'autostrada A10, nel Comune di Genova, noto come ponte Morandi, avvenuto nella mattinata del 14 agosto 2018, nonché per le attività di demolizione del viadotto e di realizzazione di infrastrutture necessarie ad assicurare la viabilità nel Comune di Genova e nelle relative aree portuali (...)”


L’art .1 tratta della nomina di un Commissario Straordinario per la ricostruzione, la cui retribuzione può arrivare a 200.000 € annui. Il Commissario può nominare due subcommissari, che possono percepire fino a 100.000 € annui. Il Commissario può dotarsi di uno staff di 20 persone da reperire tra i dipendenti dello Stato e degli Enti Locali. Uno di queste sarà un dirigente. Questi lavoratori saranno chiamati ad operare in “comando” o istituti simili e percepiranno il trattamento economico accessorio del comparto della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il dirigente percepisce uno stipendio parametrato sempre sui valori della retribuzione di posizione e di risultato del personale dirigente del comparto della Presidenza del consiglio dei Ministri. Si tratta quindi di una struttura costosa con stipendi anche altissimi. La spesa per la costruzione di questa struttura è a carico dello Stato il quale, tramite il decreto, stanzia complessivi 3.500.000 € nei tre anni 18-19-20. Ne deriva che hanno valutato che occorrono almeno 3 anni per ricostruire.


Inoltre, per le attività urgenti di progettazione degli interventi, per le procedure di affidamento dei lavori, per le attività di direzione dei lavori e di collaudo, nonché per ogni altra attività di carattere tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all'affidamento e all'esecuzione di lavori, servizi e forniture, il Commissario straordinario può avvalersi, anche in qualità di soggetti attuatori, previa intesa con gli enti territoriali interessati, delle strutture e degli uffici della Regione Liguria, degli uffici tecnici e amministrativi del Comune di Genova, dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, di ANAS s.p.a., delle Autorità di distretto, nonché, mediante convenzione, dei concessionari di servizi pubblici e delle società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico. Per tutta una serie di attività, la struttura commissariale si baserà quindi moltissimo sul pubblico impiego.


È stato nominato Commissario Straordinario il Sindaco della Città di Genova Marco Bucci, il quale ricopre anche la carica di Sindaco della Città Metropolitana di Genova. Su una sola persona convergono quindi tre incarichi delicatissimi.


I Commissari operano in deroga a qualunque norma extrapenale, fatti salvi i vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza alla UE. Quali sono i vincoli inderogabili e quelli derogabili? La nostra stessa Costituzione, come oggi modificata, impone l’obbligo di rispettare i trattati internazionali, quindi anche il fiscal compact, come riportato nell’art. 97 Cost., che dovrebbe assicurare appunto la “la sostenibilità del debito pubblico”. Ne deriva che la ricostruzione del Ponte Morandi sottostà al principio “non spendiamo i soldi che servono, spendiamo solo quello che la UE ci consente di spendere”. Quanto la sicurezza sul lavoro e la salvaguardia ambientale sono anch’essi considerati “vincoli inderogabili”?


Autostrade è ritenuta responsabile dell’evento e viene tenuta fuori dalla ricostruzione. Dovrebbe però versare i soldi necessari a fra fronte alla ricostruzione dell’infrastruttura entro trenta giorni dalla richiesta del Commissario. E se non lo fa? Non è prevista alcuna sanzione per Autostrade se non versa le “somme necessarie”, le quali non sono neanche quantificate.

Se Autostrade non versa la somma stabilita, il Commissario Straordinario può individuare un soggetto pubblico o privato che anticipa le somme necessarie alla integrale realizzazione delle opere. E’ stabilito il tasso di interesse. Se anche questo soggetto non versa, è autorizzata una spesa di 30 milioni di euro annui dal 2018 al 2029.


Non c’è gara per l’affidamento dei lavori. Non è regolamentato il modo con il quale il commissario identifica il concessionario. Una vaghezza pericolosamente a rischio di infiltrazioni malavitose.

L’unica indicazione sta nel fatto che il ripristino del sistema viario non deve essere affidato a società concessionarie di strade a pedaggio, al fine di evitare un “indebito vantaggio competitivo”.


L’art. 2 (Disposizioni concernenti il personale degli enti territoriali), sancisce che, per far fronte alle necessità, gli enti territoriali (Regione Liguria, Città Metropolitana di Genova, e comune di Genova) sono autorizzati ad assumere fino a 250 unità, in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale, ma solo per gli anni 2018 e 2019 e solo a tempo determinato. Questo personale svolgerà funzioni di protezione civile, polizia locale e di supporto all'emergenza. Il periodo per il quale è assunto è inferiore alla durata prevista di costruzione del nuovo ponte.

Gli Enti possono provvedere alle assunzioni anche con risorse proprie (non è chiaro dove possano averle, dati i tagli che hanno subito le casse di tali Enti). Altrimenti il Commissario stanzia 3,5 milioni di euro nel 2018 e 10 milioni nel 2019, che saranno divisi tra gli Enti dal Commissario. Si può attingere alle graduatorie esistenti e le eventuali selezioni ad hoc possono avvenire con procedura semplificata. Si tratta quindi di assunzione di precari (lavoreranno per massimo 2 anni).


Tutto il predente impianto limita strettamente le risorse al periodo di emergenza, ma in nessun’altra parte del decreto si individuano risorse stabili, che consentano agli Enti pubblici di operare per la prevenzione ed il monitoraggio delle infrastrutture in modo strutturale, continuo e certo.

Non si parla né di assunzioni nelle partecipate né nel trasporto pubblico e tanto meno di VVFF.

Ne deriva che, per il suo carattere emergenziale, nel decreto non si considera minimamente il fatto che il crollo del Ponte sia la conseguenza di una mancata prevenzione, monitoraggio e manutenzione ordinaria e straordinaria costante su tutte le infrastrutture.


All’art. 12 (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali), è prevista l’istituzione dell’Agenzia Nazionale (ANFISA) con centinaia di assunzioni, un direttore nominato dal governo, un direttivo di quattro persone e il collegio dei revisori. Per tale agenzia sono stanziati in due anni 50 mln di euro., ma è una struttura ampiamente inadeguata.

l’Agenzia infatti rappresenta il modello ormai palesemente fallimentare (vedi gestione dell’acqua e delle risorse in rete) secondo il quale si affida ad un soggetto privato che gestisce, mentre un soggetto pubblico (l’agenzia, appunto) controlla l’operato del gestore.

In realtà le competenze dell’Agenzia, anzi, più precisamente la sorveglianza e la manutenzione delle infrastrutture potrebbero benissimo essere parte integrante e sostanziale del Ministero e degli Enti Locali, rafforzandoli e dotandoli in modo permanente e strutturale del personale necessario (assunzioni a tempo indeterminato). L’ Agenzia è un soggetto costoso ed inutile che vanifica la funzione e la prerogativa dell’Ente Locale, cioè il suo stretto e diretto legame con il territorio.


Per concludere il quadro, all’art. 13 è prevista l’istituzione dell’archivio informatico nazionale delle opere pubbliche – AINOP. Sono stanziati 1.500.000 euro, senza dare alle Amministrazioni Locali gli strumenti necessari ed il personale necessario.



Anche il “Sistema di monitoraggio dinamico per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali in condizioni di criticità e piano straordinario di monitoraggio dei beni culturali immobili” previsto dall’art. 14, prevede lo stanziamento di 20 milioni di euro stanziati per un sistema appunto “di monitoraggio dinamico”, che non vuole dire nulla salvo che chiuderanno ponti e strade in tutto il Paese. Perché non è previsto nemmeno un euro per interventi strutturali sulle infrastrutture stradali.


Infine, gli effetti sulle lavoratrici e sui lavoratori di tutto il pubblico impiego, oltre che del privato, potrebbero essere, anche in prospettiva, molto negativi.


Infatti, alle difficoltà di spostamento che interessa migliaia di lavoratori e lavoratrici del pubblico impiego conseguenti al crollo di Ponte Morandi, al fine apparente di introdurre forme di “lavoro flessibile che permette di conciliare meglio i tempi di vita e di lavoro”, apprendiamo che il Comune di Genova, la Regione Liguria, la Città Metropolitana di Genova, altri enti pubblici e alcune aziende private stanno partecipando ad un progetto sperimentale per lo sviluppo del “lavoro agile” (o smart working). Tale forma di lavoro viene spacciata come una forma di conciliazione dei tempi vita – lavoro a favore dei propri dipendenti e una modalità di sviluppo del welfare cittadino.


A differenza del telelavoro e dell’introduzione ampie fasce di orario flessibile in entrate e uscita, il lavoro agile si presenta, in sostanza, come una nuova forma di cottimo, dato che una parte del salario viene erogata in base a risultati misurabili. Si basa su accordi tra il singolo dipendente e il datore di lavoro. Tale rapporto è evidentemente asimmetrico a favore di quest’ultimo poiché il potere contrattuale del datore di lavoro non è comparabile a quello del singolo lavoratore, per cui spesso le condizioni concordate rispondono soprattutto alle esigenze datoriali, e non a quelle del lavoratore. Non c’è limite della giornata lavorativa (sono tempi di lavoro anche il sabato, la domenica e la notte). Il/la lavoratore/lavoratrice si fa carico di tutti i tempi di preparazione, dei tempi morti dovuti a eventuali lentezze degli strumenti, alla ricerca di informazioni necessarie, ai contatti con i referenti, in sostanza di tutto quel tempo che non è immediatamente produttivo, ma serve alla produzione. La cancellazione della giornata lavorativa come misura e limite nella prestazione, può portare facilmente ad una dilatazione del tempo di lavoro, a spese del tempo da dedicare alla vita privata. L’applicazione nella Pubblica Amministrazione dello smart working deriva da un combinato disposto del jobs act e della riforma Madia, con l’obiettivo messo nero su bianco “di aumentare la produttività e risparmiare”.

Mentre telelavoro e orario di entrata flessibile è auspicabile, sia in questa fase che in altre emergenze (es. allerta meteo), il lavoro agile/flessibile è la foglia di fico per coprire una profonda e pericolosa trasformazione dei rapporti di lavoro, e come tale va combattuto.


In tutto il decreto non c’è un riferimento al disagio sociale che la città subisce. Niente su orari prolungati delle scuole per permettere ai genitori di portare a scuola i figli e a andarli a riprendere. Nemmeno una parola su quanti saranno costretti a licenziarsi a causa della non compatibilità dei tempi di vita ed i tempi di lavoro, nulla sul diritto ad abitare, nulla su incentivazioni all’uso del mezzo pubblico.


Il decreto non affronta nemmeno le tematiche relative alle politiche Attive del Lavoro. Per i cittadini/utenti del Ponente e della Valpolcevera raggiungere i Centri per l’Impiego e rispettare gli appuntamenti con gli operatori diventa un’impresa ardua e mette a rischio addirittura la loro permanenza nel sistema. Infatti il Jobs Act stabilisce sanzioni per chi si presenta in ritardo o non si presenta ai colloqui. Le politiche che con la Legge Delrio e le varie spending review hanno tagliato fondi importanti alla Città Metropolitana e bloccato per tre anni ogni possibilità di sviluppo dei CPI, hanno ridotto il personale a Cornigliano e a Rivarolo con le conseguenze del caso aggravate dal crollo del ponte Morandi.


Dal punto di vista della copertura sanitaria, il crollo del ponte ha accentuato in maniera drammatica la già esistente differenza tra la Valpolcevera e il restanti ospedali e punti di pronto soccorso presenti sul resto del territorio di Genova. Il potenziamento dei Pronto Soccorso di Sestri Ponente e PonteX non assicura accesso in tempi brevi ai pazienti affetti da patologie critiche (inferti, ictus, emorragie digestive, incidenti, …). In questi casi i pazienti vengono centralizzati a Villa Scassi, del tutto inadeguata a far fronte a quel bacino di utenza.


Come conseguenza del crollo del ponte, è molto probabile una pesantissima ricaduta sulle donne, che solitamente portano e riprendono i bambini da scuola e si occupano degli anziani, di fare la spesa, ecc... Sulle donne ricadono in particolare tutti i problemi di incompatibilità tra lavoro e famiglia (o famiglie). C’è quindi da prevedere un altro tasso di licenziamento e part-time forzato tra le donne, con conseguente aumento del gap gender.


Alessandra Perrotta, Attilio Ratto (USB P.I Funzioni locali Liguria)