Si è conclusa sabato scorso a Roma la prima laboriosa e certamente impegnativa fase di quel percorso congressuale intrapreso dalla USB, per la prima volta aperta anche ai non iscritti, che ci porterà a Tivoli il 9 – 10 – 11 giugno.
La partecipazione di lavoratori, precari, attivisti e simpatizzanti nella storica sede di Casal Bruciato è stata davvero massiccia e lascia ben sperare gli organizzatori.
Del resto, l’attacco sferrato ormai da tempo al mondo del lavoro ha raggiunto tali dimensioni da costringere anche i più reticenti ad aprire gli occhi, perché a essere messa in discussione è la dignità stessa dei lavoratori ridotti ad uno stato servile.
Sarà bene rammentare che a confinare in un angolo lo stato sociale, per poterlo poi spingere verso il baratro, non sono stati soltanto banchieri ed imprenditori, ma il silenzio complice di chi avrebbe dovuto sì fare qualcosa e se ne è ben guardato.
Di fatto, la stretta osservanza delle “compatibilità economiche” e la cogestione di fondo delle scelte sistematicamente adottate dalla controparte ad ogni livello non soltanto non hanno permesso ai lavoratori pubblici di fare alcun passo avanti (ed il CCNL bloccato dal lontano 2009 ne è la conferma), ma hanno anzi portato ad un vero e proprio imbarbarimento delle relazioni sindacali.
Il famigerato JOBS ACT imposto quasi senza colpo ferire dall’ex capo del governo (al quale pochi giorni prima del referendum CGIL – CISL – UIL hanno firmato una cambiale in bianco peraltro vuota di contenuti e rivelatasi soltanto una marchetta elettorale) è stato il grimaldello utilizzato ad arte per far saltare tutte le garanzie.
A fronte di questa situazione, il ruolo di antagonista assunto dalla USB è servito a focalizzare intrecci e contesti (ma forse sarebbe più giusto parlare di connivenze) da una parte e ad assurgere ad unico polo di riferimento per centinaia di migliaia di lavoratori pubblici dall’altra.
Su questo punto bisogna essere chiari, perché l’affermazione sempre più marcata della USB in larghi settori del pubblico impiego deriva anche dall’ignavia palese di un sindacato confederale complice e collaborazionista, che altro non riesce a fare.
Il risultato di questa davvero “ammirevole” opera di progressive omissioni è stato la disgregazione della coscienza collettiva dei lavoratori, al punto tale che i Diritti vengono sempre più spesso considerati inopinatamente dei privilegi. Aberrante!!!
Contro questo vergognoso stato di cose, ghettizzato in una condizione sociale che sta diventando sempre più precaria, il lavoro certosino svolto in maniera capillare da quel manipolo di Uomini e Donne che provano a difendere gli interessi di tutti, anziché occuparsi dei propri miseri e angusti interessi, sta ora dando i suoi frutti.
In fondo bastava guardare lontano, seminare sul buon terreno e saper aspettare. E la risposta, come Casal Bruciato insegna, non si è fatta attendere.
Senza dimenticare che, dopo anni di difficile sperimentazione, la cosiddetta “terza gamba” dell’organizzazione rappresenta, tra pubblico e privato, qualcosa di più di una felice intuizione, che viene infatti a concretizzarsi nella confederalità sociale.
In questa ottica, appare prioritario il consolidamento e l’estensione delle strutture per rafforzare ovunque la USB, in maniera tale da essere in grado di affrontare le nuove sfide, di carattere eminentemente politico, con dignità e trasparenza. Ed è proprio quello che, in questi mesi turbolenti, dentro e fuori il nostro Istituto sta accadendo.