Icona Facebook Icona Twitter Icona Instagram Icona Telegram Icona Youtube Icona Rss

Pubblico Impiego

INPS: INTERVENTO ALLA CONFERENZA DI PRODUZIONE REGIONALE DI DAMIANO MAIOLINO

Genova,

Mi presento, sono Damiano Maiolino un dipendente Inps della sede

provinciale di Imperia, agenzia di Sanremo, rappresentante della sigla

sindacale USB. Il mio intervento è svolto in rappresentanza dell’ O.S.

USB Inps e P.I. della Regione Liguria.

Innanzitutto vorrei ringraziare Il Direttore centrale dott. Uselli, il Direttore

Regionale dott. Ottavi, e i vari Direttori Provinciali, oltre al Presidente del

Comitato Regionale, che con questa Conferenza ci consentono

un’importante finestra di dialogo con le organizzazioni rappresentative

delle associazioni di categoria, dei consulenti del lavoro e dei

commercialisti, degli enti di patronato, che salutiamo tutti e ringraziamo

per la presenza.

Riprendo per un momento il filo del discorso dell’intervento che ho fatto

qualche settimana fa ad Imperia nella Conferenza di produzione

provinciale a cui presenziava il Direttore centrale Golino.

Avevo parlato di momento storico particolarmente difficile e delicato per il

Paese, un periodo di crisi nazionale ed internazionale che ha colpito a tutti

i livelli la produzione ed il consumo, il lavoro pubblico ed il lavoro

privato.

Avevo parlato di come l’Inps lo stia affrontando con la riorganizzazione, e

con la telematizzazione. Ho parlato del fallimento delle politiche liberiste

estreme e della necessità di tornare ad investire nel Settore pubblico.

Faccio solo un minuto un excursus riprendendo il discorso della

telematizzazione per fare una bella sottolineatura rossa, per un

comportamento errato e pericoloso che ho notato troppo frequentemente

nei giorni scorsi quando mi capita allo Sportello di interagire soprattutto

con utenti, ma anche patronati e commercialisti.

Mi riferisco sempre nell’ambito della telematizzazione - che ribadisco

essere un passaggio non solo condivisibile ma addirittura indispensabile in

un mondo quale quello contemporaneo sempre più digitalizzato e

globalizzato – mi riferisco al rischio di uso distorto che si può fare del

codice PIN, soprattutto quello al cittadino. Mi è capitato di notare persone

con in mano il codice di altri, magari parenti anziani; altri che vengono a

richiedere il codice per conto terzi o addirittura che lo utilizzano. Signori, è

una cosa sbagliata. Il codice PIN cittadino che fornisce l’INPS per

accedere ai propri servizi telematici è assolutamente personale e non

delegabile. Vorrei che fosse chiara la differenza concettuale tra una

semplice operazione definita e circoscritta (come la consegna di una

domanda, la richiesta di un’informazione, il rilascio di una

dichiarazione…) che è sempre stata delegabile e lo è tuttora, ed invece il

possesso e l’uso del codice PIN che apre le porte ad un ampio numero di

operazioni, destinate tra l’altro ad essere incrementate, operazioni che

possono incidere sul patrimonio di una persona, in un tempo indefinito.

E questo è assolutamente in delegabile.

Dev’essere chiaro che cedere il proprio codice pin è come cedere il

bancomat, le chiavi di casa… Chi utilizza il codice pin altrui è un tutore

illegittimo di quella persona. La tutela, lo ricordiamo, si esplica in

un'attività di rappresentanza e d'amministrazione generale del patrimonio

di un’incapace ed è autorizzata soltanto dall’autorità giudiziaria.

Già immagino fra qualche anno fioccare cause civili e penali, magari tra

un figlio in discordia con un fratello che ha spostato la pensione della

madre su un altro conto corrente, magari in una situazione di malattia

terminale del genitore.

Insomma le situazioni patologiche che possono capitare con il passare del

tempo sono potenzialmente numerose e di genere imprevedibile.

Tutti noi operatori, dipendenti, patronati, commercialisti e consulenti ci

dobbiamo adoperare affinché un siffatto uso distorto sia il più possibile

arginato, informando bene e responsabilizzando l’utente, e segnalando

eventuali comportamenti non consoni alle normative.

Non dimentichiamo che le persone che non sono in grado di utilizzare il

canale telematico hanno a disposizione altri canali, quale il nostro

Sportello, il numero verde, i Patronati.

La gatta frettolosa fece i gattini ciechi. L’obiettivo della telematizzazione

che ha lodevolmente intrapreso l’INPS prima di altre amministrazioni è

importante, ma portarla a termine nei modi e nei tempi giusti è

fondamentale; tenendo ben presente il divario che esiste tuttora tra chi ha

accesso effettivo alle tecnologie informatiche e chi per diversi motivi ne è

escluso.

Cambio bruscamente argomento e vi rubo ancora due minuti dicendovi

due parole d’attualità sulla manovra economica che in questi giorni è al

vaglio del Parlamento. Immagino che molti di voi ne conoscano già i

dettagli:

Parliamo di una manovra di circa 65 miliardi di euro, miliardo più,

miliardo meno, che si inserisce in un quadro economico già disastroso,

volutamente celato dal governo, e anziché migliorarlo lo aggrava

ulteriormente. Un’inflazione che viaggia ormai a circa il 2,6 %( 2,8 % per

giugno), un tasso di disoccupazione intorno al 8,3 che tra i giovani (15-24

anni) va oltre il 28%; i consumi fermi ormai da troppi anni, la crescita solo

annunciata non sembra profilarsi all’orizzonte e il declino economico e

politico del nostro paese, sia in rapporto all’Unione Europea che alle

politiche interne, continua inesorabilmente.

E’ una Manovra ( Decreto Legge n. 98 del 6.7.2011) che si basa solo sui

tagli di spesa e non prevede un euro per lo sviluppo sociale del Paese.

Sviluppo che si riduce all’intervento per decreto (Decreto Sviluppo) con

una serie di liberatorie per le imprese, sino ad arrivare alla punibilità per

quei dipendenti pubblici (ispettori, accertatori ecc.), che hanno il compito

istituzionale di verificare la “correttezza” delle stesse imprese in merito a

sicurezza, contribuzione previdenziale per i lavoratori, corretta posizione

fiscale, ecc…

Una manovra quella del 6 luglio 2011, che prevede un innalzamento della

tassazione sui titoli (imposta di bollo sui conti titoli), ma non esclude da

questo i titoli di Stato, incentivando così da un lato altri tipi di investimenti

privati “pericolosi” e penalizzando dall’altro il piccolo risparmio e

lasciando che la “speculazione finanziaria” continui impunemente. Nel

frattempo la borsa crolla per l’incertezza di un quadro politico corrotto e

corruttore che ricava rendite lucrose a carico della collettività pesando per

oltre 70 miliardi sul PIL nazionale. Questa scelta accelera il processo di

avvicinamento del nostro paese alle “condizioni critiche” di altri stati

membri dell’Unione Europea (Grecia, Portogallo, ecc.).

Il Decreto per la stabilizzazione finanziaria taglia ulteriormente gli

stanziamenti agli enti locali mettendo sempre più in discussione la

possibilità di mantenimento dei servizi minimi essenziali, da quelli

dedicati all’ambiente sino alla cura per le persone in condizioni disagiate.

La continua riduzione di risorse per le Regioni, le Province e i Comuni, ha

di fatto già fortemente smantellato i servizi al cittadino, risolvendo con la

privatizzazione degli stessi, che sono diventati un costo aggiuntivo per le

retribuzioni e non garantiscono la universalità del servizio, rendendolo

esclusivo, per chi può pagarselo.

Come può parlare di sviluppo un Decreto, che di fronte al blocco dei

consumi, alla crescita del dato inflattivo, e della disoccupazione, propone

il blocco delle retribuzioni e la drastica riduzione dei servizi pubblici? Una

manovra che incarna esattamente in modo antitetico tutto quello che si

dovrebbe fare per stimolare una ripresa.

La manovra finanziaria dello scorso anno aveva imposto il blocco delle

retribuzioni individuali fino a tutto il 2013. Il decreto di quest’anno allunga

il blocco di un altro anno, fino a tutto il 2014. Nel frattempo, per il triennio

2015-2017 viene stanziata la sola indennità di vacanza contrattuale e

questo significa che dal 2015 si attendono per i pubblici dipendenti

aumenti netti di 50 euro annui, il tutto dopo cinque anni di blocco delle

retribuzioni. Mentre l’inflazione continua a galoppare e il potere

d’acquisto delle retribuzioni cala in modo drastico e socialmente

drammatico.

La manovra 2011 prevede inoltre il blocco delle assunzioni per un altro

anno (erano già bloccati sino al 2013), pregiudicando quel ricambio da

turn-over che appare sempre più necessario, alla luce della costante

riduzione di personale e del conseguente aumento dei carichi di lavoro.

Il blocco assunzioni porta con sé l’impossibilità di procedere alle

progressioni verticali, in barba a quei lavoratori che svolgono da anni

mansioni superiori e che ancora oggi attendono il rispetto di un principio

costituzionale di uguaglianza, tra parità di mansioni e parità di

inquadramento giuridico.

Ma quel che più preme è il controllo fiscale del dipendente ammalato da

mandare nel primo giorno di malattia, come se questo fosse il modo per

risolvere le problematiche del pubblico impiego.

Ormai tutto il mondo sa che in Italia abbiamo dei Ministri ridicoli agli

occhi di altri Ministri ma che continuano tranquillamente a rimanere al

loro posto.

Occorrerebbe invece tagliare i costi della politica e investire sul lavoro.

Perché l’economia si rilancia con i lavoratori che hanno il potere

economico di acquistare i prodotti e servizi delle imprese, e non viceversa

incentivando una produzione che nessuno può acquistare.

La manovra di questi giorni suggerisce proprio l’idea di provare a salvare

poltrone politiche, tagliuzzando a destra e a manca per far tornare giusti

giusti i conti, senza alcun intervento strutturale che possa far invertire la

rotta al Paese; senza alcuna previsione che possa creare un sistema

sostenibile per le nuove generazioni.

Un atteggiamento stillicida di continue piccole erosioni che non può

portare ad altro che ad acuire le tensioni sociali.

Un atteggiamento figlio di una partitocrazia gerontocratica che non vuole

alzarsi dal banchetto, finchè sulla tovaglia c’è ancora una briciola di pane.

Contro tutto questo abbiamo il dovere morale di provare a resistere.

L’Unione Sindacale di Base ha dichiarato lo sciopero generale delle ultime

due ore di ogni turno nella giornata di venerdì 15 luglio, al termine

dell’assemblea sindacale nazionale.

Grazie.