Mi presento, sono Damiano Maiolino un dipendente Inps della sede
provinciale di Imperia, agenzia di Sanremo, rappresentante della sigla
sindacale USB. Il mio intervento è svolto in rappresentanza dell’ O.S.
USB Inps e P.I. della Regione Liguria.
Innanzitutto vorrei ringraziare Il Direttore centrale dott. Uselli, il Direttore
Regionale dott. Ottavi, e i vari Direttori Provinciali, oltre al Presidente del
Comitato Regionale, che con questa Conferenza ci consentono
un’importante finestra di dialogo con le organizzazioni rappresentative
delle associazioni di categoria, dei consulenti del lavoro e dei
commercialisti, degli enti di patronato, che salutiamo tutti e ringraziamo
per la presenza.
Riprendo per un momento il filo del discorso dell’intervento che ho fatto
qualche settimana fa ad Imperia nella Conferenza di produzione
provinciale a cui presenziava il Direttore centrale Golino.
Avevo parlato di momento storico particolarmente difficile e delicato per il
Paese, un periodo di crisi nazionale ed internazionale che ha colpito a tutti
i livelli la produzione ed il consumo, il lavoro pubblico ed il lavoro
privato.
Avevo parlato di come l’Inps lo stia affrontando con la riorganizzazione, e
con la telematizzazione. Ho parlato del fallimento delle politiche liberiste
estreme e della necessità di tornare ad investire nel Settore pubblico.
Faccio solo un minuto un excursus riprendendo il discorso della
telematizzazione per fare una bella sottolineatura rossa, per un
comportamento errato e pericoloso che ho notato troppo frequentemente
nei giorni scorsi quando mi capita allo Sportello di interagire soprattutto
con utenti, ma anche patronati e commercialisti.
Mi riferisco sempre nell’ambito della telematizzazione - che ribadisco
essere un passaggio non solo condivisibile ma addirittura indispensabile in
un mondo quale quello contemporaneo sempre più digitalizzato e
globalizzato – mi riferisco al rischio di uso distorto che si può fare del
codice PIN, soprattutto quello al cittadino. Mi è capitato di notare persone
con in mano il codice di altri, magari parenti anziani; altri che vengono a
richiedere il codice per conto terzi o addirittura che lo utilizzano. Signori, è
una cosa sbagliata. Il codice PIN cittadino che fornisce l’INPS per
accedere ai propri servizi telematici è assolutamente personale e non
delegabile. Vorrei che fosse chiara la differenza concettuale tra una
semplice operazione definita e circoscritta (come la consegna di una
domanda, la richiesta di un’informazione, il rilascio di una
dichiarazione…) che è sempre stata delegabile e lo è tuttora, ed invece il
possesso e l’uso del codice PIN che apre le porte ad un ampio numero di
operazioni, destinate tra l’altro ad essere incrementate, operazioni che
possono incidere sul patrimonio di una persona, in un tempo indefinito.
E questo è assolutamente in delegabile.
Dev’essere chiaro che cedere il proprio codice pin è come cedere il
bancomat, le chiavi di casa… Chi utilizza il codice pin altrui è un tutore
illegittimo di quella persona. La tutela, lo ricordiamo, si esplica in
un'attività di rappresentanza e d'amministrazione generale del patrimonio
di un’incapace ed è autorizzata soltanto dall’autorità giudiziaria.
Già immagino fra qualche anno fioccare cause civili e penali, magari tra
un figlio in discordia con un fratello che ha spostato la pensione della
madre su un altro conto corrente, magari in una situazione di malattia
terminale del genitore.
Insomma le situazioni patologiche che possono capitare con il passare del
tempo sono potenzialmente numerose e di genere imprevedibile.
Tutti noi operatori, dipendenti, patronati, commercialisti e consulenti ci
dobbiamo adoperare affinché un siffatto uso distorto sia il più possibile
arginato, informando bene e responsabilizzando l’utente, e segnalando
eventuali comportamenti non consoni alle normative.
Non dimentichiamo che le persone che non sono in grado di utilizzare il
canale telematico hanno a disposizione altri canali, quale il nostro
Sportello, il numero verde, i Patronati.
La gatta frettolosa fece i gattini ciechi. L’obiettivo della telematizzazione
che ha lodevolmente intrapreso l’INPS prima di altre amministrazioni è
importante, ma portarla a termine nei modi e nei tempi giusti è
fondamentale; tenendo ben presente il divario che esiste tuttora tra chi ha
accesso effettivo alle tecnologie informatiche e chi per diversi motivi ne è
escluso.
Cambio bruscamente argomento e vi rubo ancora due minuti dicendovi
due parole d’attualità sulla manovra economica che in questi giorni è al
vaglio del Parlamento. Immagino che molti di voi ne conoscano già i
dettagli:
Parliamo di una manovra di circa 65 miliardi di euro, miliardo più,
miliardo meno, che si inserisce in un quadro economico già disastroso,
volutamente celato dal governo, e anziché migliorarlo lo aggrava
ulteriormente. Un’inflazione che viaggia ormai a circa il 2,6 %( 2,8 % per
giugno), un tasso di disoccupazione intorno al 8,3 che tra i giovani (15-24
anni) va oltre il 28%; i consumi fermi ormai da troppi anni, la crescita solo
annunciata non sembra profilarsi all’orizzonte e il declino economico e
politico del nostro paese, sia in rapporto all’Unione Europea che alle
politiche interne, continua inesorabilmente.
E’ una Manovra ( Decreto Legge n. 98 del 6.7.2011) che si basa solo sui
tagli di spesa e non prevede un euro per lo sviluppo sociale del Paese.
Sviluppo che si riduce all’intervento per decreto (Decreto Sviluppo) con
una serie di liberatorie per le imprese, sino ad arrivare alla punibilità per
quei dipendenti pubblici (ispettori, accertatori ecc.), che hanno il compito
istituzionale di verificare la “correttezza” delle stesse imprese in merito a
sicurezza, contribuzione previdenziale per i lavoratori, corretta posizione
fiscale, ecc…
Una manovra quella del 6 luglio 2011, che prevede un innalzamento della
tassazione sui titoli (imposta di bollo sui conti titoli), ma non esclude da
questo i titoli di Stato, incentivando così da un lato altri tipi di investimenti
privati “pericolosi” e penalizzando dall’altro il piccolo risparmio e
lasciando che la “speculazione finanziaria” continui impunemente. Nel
frattempo la borsa crolla per l’incertezza di un quadro politico corrotto e
corruttore che ricava rendite lucrose a carico della collettività pesando per
oltre 70 miliardi sul PIL nazionale. Questa scelta accelera il processo di
avvicinamento del nostro paese alle “condizioni critiche” di altri stati
membri dell’Unione Europea (Grecia, Portogallo, ecc.).
Il Decreto per la stabilizzazione finanziaria taglia ulteriormente gli
stanziamenti agli enti locali mettendo sempre più in discussione la
possibilità di mantenimento dei servizi minimi essenziali, da quelli
dedicati all’ambiente sino alla cura per le persone in condizioni disagiate.
La continua riduzione di risorse per le Regioni, le Province e i Comuni, ha
di fatto già fortemente smantellato i servizi al cittadino, risolvendo con la
privatizzazione degli stessi, che sono diventati un costo aggiuntivo per le
retribuzioni e non garantiscono la universalità del servizio, rendendolo
esclusivo, per chi può pagarselo.
Come può parlare di sviluppo un Decreto, che di fronte al blocco dei
consumi, alla crescita del dato inflattivo, e della disoccupazione, propone
il blocco delle retribuzioni e la drastica riduzione dei servizi pubblici? Una
manovra che incarna esattamente in modo antitetico tutto quello che si
dovrebbe fare per stimolare una ripresa.
La manovra finanziaria dello scorso anno aveva imposto il blocco delle
retribuzioni individuali fino a tutto il 2013. Il decreto di quest’anno allunga
il blocco di un altro anno, fino a tutto il 2014. Nel frattempo, per il triennio
2015-2017 viene stanziata la sola indennità di vacanza contrattuale e
questo significa che dal 2015 si attendono per i pubblici dipendenti
aumenti netti di 50 euro annui, il tutto dopo cinque anni di blocco delle
retribuzioni. Mentre l’inflazione continua a galoppare e il potere
d’acquisto delle retribuzioni cala in modo drastico e socialmente
drammatico.
La manovra 2011 prevede inoltre il blocco delle assunzioni per un altro
anno (erano già bloccati sino al 2013), pregiudicando quel ricambio da
turn-over che appare sempre più necessario, alla luce della costante
riduzione di personale e del conseguente aumento dei carichi di lavoro.
Il blocco assunzioni porta con sé l’impossibilità di procedere alle
progressioni verticali, in barba a quei lavoratori che svolgono da anni
mansioni superiori e che ancora oggi attendono il rispetto di un principio
costituzionale di uguaglianza, tra parità di mansioni e parità di
inquadramento giuridico.
Ma quel che più preme è il controllo fiscale del dipendente ammalato da
mandare nel primo giorno di malattia, come se questo fosse il modo per
risolvere le problematiche del pubblico impiego.
Ormai tutto il mondo sa che in Italia abbiamo dei Ministri ridicoli agli
occhi di altri Ministri ma che continuano tranquillamente a rimanere al
loro posto.
Occorrerebbe invece tagliare i costi della politica e investire sul lavoro.
Perché l’economia si rilancia con i lavoratori che hanno il potere
economico di acquistare i prodotti e servizi delle imprese, e non viceversa
incentivando una produzione che nessuno può acquistare.
La manovra di questi giorni suggerisce proprio l’idea di provare a salvare
poltrone politiche, tagliuzzando a destra e a manca per far tornare giusti
giusti i conti, senza alcun intervento strutturale che possa far invertire la
rotta al Paese; senza alcuna previsione che possa creare un sistema
sostenibile per le nuove generazioni.
Un atteggiamento stillicida di continue piccole erosioni che non può
portare ad altro che ad acuire le tensioni sociali.
Un atteggiamento figlio di una partitocrazia gerontocratica che non vuole
alzarsi dal banchetto, finchè sulla tovaglia c’è ancora una briciola di pane.
Contro tutto questo abbiamo il dovere morale di provare a resistere.
L’Unione Sindacale di Base ha dichiarato lo sciopero generale delle ultime
due ore di ogni turno nella giornata di venerdì 15 luglio, al termine
dell’assemblea sindacale nazionale.
Grazie.