"Occorre aumentare la disponibilità di case popolari: l'Italia ha una media del 20% in meno di case popolari rispetto agli altri paesi europei. Ma non occorre costruire ancora: le case già ci sono, bisogna solo acquistarle". Le parole che Giuseppe Marotta, autore di "Sfrattati", non ha potuto dire a Ballarò...
*di Giuseppe Marotta
Le dieci cose che avrei detto a Ballarò, sull’emergenza casa e sugli sfratti, se avessi avuto più tempo.
Il 17 marzo sono stato ospite di Ballarò: dovevo parlare di sfratti e di emergenza casa, ma l’ennesimo scandalo tangenti, quello di Firenze questa volta, e la passerella dei politici prossimi alle elezioni regionali hanno sottratto buona parte del tempo riservato al mio intervento.
Così, quasi a fine puntata, mi sono stati concessi non più di cinque minuti per parlare di un dramma sociale che coinvolge 150 mila famiglie in Italia. E cinque minuti sono davvero pochi per descrivere cosa accade in una famiglia quando arriva lo sfratto e per suggerire qualche proposta sensata per affrontare il problema.
Ecco quindi le dieci cose che avrei voluto dire a Ballarò, quella sera, se avessi avuto più tempo:
1) Avrei spiegato con forza che la casa è uno degli elementi che più incide sulla qualità della vita: una persona che non ha una casa è un fantasma, pieno di rancore verso il mondo, che vaga nelle strade delle nostre città. Immaginatevi senza una casa adesso, in questo istante, senza più le vostre stanze accoglienti, il frigorifero bello pieno, il letto con le lenzuola profumate: fresche d’estate e calde d’inverno, la poltrona nella sala per guardare la tv, il vostro bagno in cui vi raccogliete beati e fate la doccia; immaginate che tutto ciò vi venga sottratto, vi venga negato, e che l’unica vostra colpa sia quella di aver perduto il posto di lavoro, che vi consentiva di pagare l’affitto, perché la fabbrica è fallita; immaginate di recarvi dagli assistenti sociali e di non ricevere l’aiuto che vi aspettate perché il Comune è vincolato dal patto di stabilità e non ha fondi, né case di emergenza in cui farvi alloggiare;
2) Dopodiché avrei detto che appare contraddittorio che in Italia vi siano 540.000 appartamenti, di cui 150.000 nuovi alloggi invenduti perché la gente non ha soldi per comprare una casa e le banche non concedono mutui a chi non può garantire il rimborso delle rate e che parallelamente dieci imprese edili falliscono ogni giorno e io, in qualità di ufficiale giudiziario ne saprei qualcosa visto che, almeno due volte a settimana, faccio visita a imprenditori edili per notificare loro richieste di fallimento o per pignorare i beni delle società che si sono indebitate a causa della crisi immobiliare e hanno licenziato quasi tutti gli operai: e così sottraggo loro betoniere, gru e altri ferri di lavoro che saranno poi venduti all’asta;
3) Detto ciò, avrei chiesto a chi sedeva nello studio di Ballarò con l’ambizione di far politica: come mai il Governo non acquistava a prezzo calmierato una parte di quegli alloggi invenduti realizzando in questo modo il duplice obiettivo di avere più case pubbliche per gli sfrattati e dare un po’ di ossigeno agli imprenditori edili sull’orlo del fallimento?
4) A questo punto il politico interpellato avrebbe sostenuto che il Governo ha stanziato più di duecento milioni di euro per il Piano casa, e io pronto avrei ribattuto che quel provvedimento non risolve il problema, al massimo può rinviarlo di qualche mese. È un palliativo che attenua gli effetti, ma lascia intatte le cause: la legge 142, quella sulla “morosità incolpevole” a cui si fa tanto riferimento, stabilisce che si possono concedere contributi agli inquilini morosi fino a 8000 euro, ma noi ufficiali giudiziari eseguiamo sfratti in cui la morosità è ben oltre quella cifra. In media, in uno sfratto la morosità non è mai inferiore a 15 mila euro. Distribuire quindi piccoli contributi a chi non ha un lavoro, e non potrà pertanto garantire il pagamento dei canoni di locazione futuri, è solo uno spreco di risorse: gli assistenti sociali mi riferiscono che spesso quei contributi concessi per pagare i canoni arretrati vengono spesi da chi li riceve, giustamente, per esigenze più pressanti, come pagare la mensa scolastica ai propri figli o comprare loro del cibo. Chi subisce uno sfratto e non ha un lavoro ha bisogno di una casa, non di pochi spiccioli che sanno di elemosina umiliante;
5) Avrei quindi ribadito che occorre aumentare la disponibilità di case popolari: l’Italia ha una media del 20% in meno di case popolari rispetto agli altri paesi europei. Ma non occorre costruire ancora: le case già ci sono, bisogna solo acquistarle;
6) E a chi avrebbe riso sarcastico sostenendo che acquistare gli alloggi invenduti per gli sfrattati è una spesa insostenibile, avrei risposto che in Italia si bruciano miliardi di euro per grandi opere inutili, per la maggior parte mai concluse. Opere che hanno generato ricchezze per i soliti costruttori e laute tangenti per i soliti politici, e avrei citato ad esempio il Mose, che non salverà mai Venezia dall’acqua alta, o l’Expo di Milano, che non sconfiggerà certo la fame nel mondo. Cosicché avrei chiesto, a chi obiettava nello studio televisivo, di indicarmi il costo di questi due progetti sciagurati, e se non avesse saputo darmi una risposta gli avrei spiegato che sono costati 13 miliardi di euro;
7) Di conseguenza avrei calcolato quanti appartamenti, a un costo medio di 100 mila euro ciascuno, si sarebbero potuti comprare con 13 miliardi di euro e il conto sarebbe stato facile: si sarebbero potuti comprare 130 mila appartamenti da assegnare a coloro che sono in difficoltà e non possono pagare un canone di locazione;
8) A questo punto qualcuno avrebbe urlato che ci sono troppi furbi che non pagano l’affitto delle case popolari, e allora avrei risposto che l’Agenzia dell’Entrate ha il potere e gli strumenti adatti per scandagliare per bene i redditi di ognuno e scoprire se potrà o meno pagare l’affitto, e quanto sarebbe giusto che pagasse;
9) Per concludere avrei chiesto quindi di avviare l’unica grande opera utile in questo periodo di crisi: garantire una casa a chi non ha i mezzi per acquistarne una o per pagare un affitto. Dovrebbe essere questo l’obiettivo primario del Governo.
Perché garantire una casa a tutti contribuisce ad attenuare il conflitto sociale che ha un costo considerevole: quanti poliziotti vengono utilizzati per assistere gli ufficiali giudiziari e per contrastare l’azione dei comitati per la casa che cercano di bloccare sempre più spesso i 150 sfratti che si eseguono ogni giorno? Garantire una casa a tutti contribuisce inoltre a ridurre le numerose cause di sfratto che ingolfano le aule di giustizia: ogni anno si tengono in media 500 mila udienze da cui scaturiscono circa 80 mila sentenze di sfratto, un numero e uno spreco di denaro pubblico notevole.
10) Infine, se avessi avuto il tempo necessario, avrei richiamato alla memoria di tutti i parlamentari in ascolto le parole di Papa Francesco al quale, la maggior parte di loro, è corsa a stringer la mano in questi due anni di pontificato, perché si sa che richiamarsi ai sani principi cattolici è una delle leggi fondamentali del marketing politico nel nostro Paese. Per un parlamentare dire “io c’ero e gli ho stretto la mano” può valere la riconferma del seggio alle prossime elezioni: molti di loro smaniano per scattare un selfie con Francesco.
E così avrei concluso il mio intervento ricordando loro il monito del Papa Pop, come l’ha definito Ilvo Diamanti, nella copertina di Ballarò di quella sera: “Questa economia uccide: ricordatevi che la radice di tutti i mali di una società è l’iniquità. La politica deve perseguire due obiettivi: difendere la dignità umana e conseguire il bene comune. Siate coraggiosi.”