da Il Resto del Carlino
Gli inquilini della ‘casbah’ di via Stalingrado non sono disposti a lasciare senza colpo ferire gli appartamenti che occupano attualmente. Da quando è stato firmato l’ultimatum del Comune a 22 famiglie, affinché liberino le abitazioni entro 90 giorni, sono comparsi alle finestre striscioni e bandiere del sindacato di base Rdb, che ha preso la testa degli ex assegnatari, le cui concessioni sono scadute nel 2007.
«Avremo un incontro con il Comune il prossimo 9 maggio — spiega Lidia Triossi, rappresentante di Asia-Rdb — e in quella data verificheremo la possibilità di una soluzione condivisa da inquilini e Comune. Il nostro obiettivo è che ognuno degli attuali abitanti della struttura di via Stalingrado trovi un’abitazione compatibile col proprio reddito e la propria situazione familiare, mentre finora il Comune ha lasciato intendere che queste persone debbano rivolgersi al mercato privato».
Alla ‘casbah’, storica struttura per l’accoglienza degli stranieri, «ci sono 26 famiglie e 19 singoli», ricorda Lidia Triossi. Non tutti però sono stati destinatari delle diffide, spedite in due riprese da Palazzo d’Accursio: «Sono state firmate prima del 21 aprile perché, entro tale data, ci sarebbe stata per le famiglie la possibilità di avere 14 punti nella graduatoria Erp. La graduatoria definitiva non è stata ancora ufficializzata ma secondo le nostre valutazioni sei nuclei dovrebbero ottenere l’assegnazione di un appartamento Acer; ne restano ancora fuori una ventina e per loro è partita la scadenza dei 90 giorni senza alcuna garanzia. Dopo di che, l’amministrazione potrebbe procedere coattivamente».
Per RdB, nel corso della trattativa «deve essere bloccata qualunque iniziativa di sgombero: la volontà di trovare una soluzione esiste da tutte le parti, ma il problema è quale». E se, trascorsi i tre mesi, non si arrivasse a un accordo e partisse l’esecuzione coatta dei provvedimenti? «Speriamo di non trovarci in questa situazione — conclude Lidia Triossi — ma di certo non faciliteremo un’azione che fa finire delle famiglie in mezzo a una strada».(e.b.)