E' tempo di parole definitive e di assegnazione di precise responsabilità quello della svendita dei beni strategici e collettivi del nostro paese alle multinazionali straniere. Le vicende parallele della Telecom e dell'Alitalia, ma anche quella dell'Ilva o delle Acciaierie Terni, sono un atto di accusa chiaro e forte contro le privatizzazioni realizzate in Italia dal 1992 in poi. Questo piano di smantellamento dei servizi strategici e delle industrie in nome degli interessi privati si è confermato come un disastro economico e una vergogna politica.
La svendita di Telecom e Alitalia consegna alla condanna del tribunale della storia (e magari anche a quelli veri) sia i “prenditori” come Colaninno, Tronchetti Provera, Riva etc sia il ceto politico trasversale – dal Pd al PdL – che hanno consentito l'appropriazione privata di beni collettivi come sono le reti delle telecomunicazioni, dell'energia, dei trasporti o la produzione di materiali fondamentali per lo sviluppo e l'economia del paese.
La multinazionale spagnola Telefonica, con pochi centinaia di milioni di euro prende possesso di una società – la Telecom – che ha un valore di 7,7 miliardi di euro. La Air France-Klm con soli 150 milioni di euro prenderà possesso di una società – l'Alitalia – per la quale cinque anni fa aveva offerto 4 miliardi. Come è possibile non definirla una svendita?
E' vergognoso poi che il premier Letta dichiari il falso sul fatto che il governo nulla può fare sulla svendita della Telecom alla multinazionale spagnola Telefonica, perchè ormai sarebbe una azienda privata. Letta sa benissimo – o dovrebbe sapere – che nello statuto della Telecom è ancora prevista la golden share da parte dello Stato proprio perchè le telecomunicazioni sono un settore strategico e sensibile degli interessi nazionali di un paese.
Ma il Presidente del Consiglio Letta, tra le righe, ha detto anche un'altra cosa, vera ma grave. Non ci sarebbe infatti da preoccuparsi perchè la Telecom resterà comunque nelle mani di una azienda europea. Ed ha lasciato intendere che la medesima sorte nel caso Alitalia non deve destare preoccupazioni. Letta lo ha affermato nel contesto del suo viaggio negli Stati Uniti dove sta promuovendo proprio la svendita del patrimonio industriale, immobiliare, culturale dell'Italia agli investitori stranieri.
Nelle cose dette e non dette da Letta c'è la realtà con cui stiamo facendo i conti nell'Unione Europea dove è in corso un violentissimo processo di concentrazione di tutti i settori economici, finanziari e produttivi in pochi grandi gruppi capitalisti europei, siano esse multinazionali o banche. Ciò significa che molte delle aziende devono essere chiuse, assimilate, smembrate e rese funzionali alla gerarchia di azionisti “europei” che stanno dando vita a grandi monopoli dominanti.
E' facile e drammatico immaginare le ripercussioni di questo processo di concentrazione in poche mani di tutto il patrimonio industriale e dei beni collettivi del nostro paese. Già con le privatizzazioni degli anni '90 i posti di lavoro nei servizi strategici e nelle grandi industrie sono diventati la metà, in alcuni casi sono proprio scomparsi. Con il nuovo processo di smembramento e concentrazione è facile prevedere che nei paesi periferici dell'Unione Europea – I Pigs – le esigenze dei lavoratori saranno rese completamente subalterne alle priorità degli azionisti privati che si apprestano a fare man bassa a prezzi stracciati di tutto il patrimonio di ogni singolo paese.
E' un meccanismo che va spezzato proprio perchè ha dimostrato – anche con le vicende Telecom, Alitalia, Ilva – che è un meccanismo distruttivo e antisociale. Il 18 ottobre fermiamoci per fermarli.