Sei giorni fa giustizia era stata fatta, quando la Corte d’Assise di Catanzaro aveva condannato a 22 anni di carcere Antonio Pontoriero per aver assassinato a fucilate Soumaila Sacko, il 2 giugno 2018.
Oggi il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha deciso invece che Pontoriero può uscire di galera e tornarsene a casa a San Calogero, con l’applicazione del braccialetto elettronico. E così è stato: il killer di Soumaila è agli arresti domiciliari a casa sua, tranquillo e beato.
Superato lo sgomento iniziale, viene da chiedersi se il Palazzo di Giustizia di Catanzaro sia dotato di uffici comunicanti.
Perché se la richiesta di arresti domiciliari è stata presentata dai difensori di Pontoriero alcuni mesi prima della sentenza, come si fa a deliberare nel merito sei giorni dopo una condanna a 22 anni di galera?
I giudici del Riesame di Catanzaro vivono forse in un mondo separato e non hanno saputo che il processo per un omicidio barbaro è arrivato a sentenza?
Sembrerebbe di no, perché nelle motivazioni del Riesame si legge di un “avanzato stato dell’istruttoria processuale davanti alla Corte d’Assise” (sic) e che i domiciliari con il braccialetto elettronico rappresentano misura idonea “a scongiurare prossime occasioni di ricaduta nel delitto, espletando al tempo stesso un effetto deterrente sulla reiterazione di condotte analoghe”.
Quante volte ancora vogliamo far morire Soumaila Sacko?
Unione Sindacale di Base
17-11-2020