Con una sentenza emessa lo scorso 18 luglio, la Corte Costituzionale si è espressa in merito ai congedi retribuiti di cui possono godere i lavoratori che assistano un familiare con grave disabilità.
La Corte ha allargato gli aventi diritto al congedo straordinario, dichiarando illegittima la norma che non contemplava tra i beneficiari, anche i parenti entro il terzo grado conviventi con la persona gravemente disabile (ad esempio gli zii).
Fino ad ora, potevano godere del permesso retribuito per assistere un familiare gravemente disabile solo il coniuge, i figli, i genitori e i fratelli conviventi.
Gli altri gradi di parentela erano esclusi, anche in caso di convivenza (la questione sulla legittimità della norma dal TAR di Reggio Calabria che aveva raccolto il caso di un nipote convivente con una persona con disabilità, unico in grado di prestare assistenza al congiunto).
La Corte Costituzionale, con la sentenza 203/2013, ha dunque dichiarato illegittimo l'art. 42, comma 5 del decreto legislativo 151/2001 su riposi e permessi per i figli con handicap grave, che escludeva dagli aventi diritto a riposi e permessi i parenti di terzo grado o affini conviventi.
L'art. 42, c. 5, D.Lgs. n. 151/2001 rubricato "Riposi e permessi per i figli con handicap grave" stabilisce, nella sua formulazione attualmente in vigore, che: "Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'art. 4, c. 1, legge 5.2.1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'art. 4, legge 8.3.2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi".
Stiamo parlando del periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, concesso ai lavoratori dipendenti per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali anche le patologie specifiche previste.
Si evince, quindi, dal tenore letterale della disposizione, che la fruizione del congedo spetta, a condizioni diverse di priorità nell'accesso, al coniuge convivente con la persona gravemente disabile, al padre o alla madre anche adottivi (anche se non conviventi con il figlio), ai figli e ai fratelli o alle sorelle conviventi, ma non agli altri parenti e affini, come, nel caso di specie, agli zii.
Si legge in un passaggio della sentenza: "al fine di adeguare le misure di assistenza alle emergenti situazioni di bisogno e alla crescente richiesta di cura che origina, tra l'altro, dai cambiamenti demografici in atto, questa Corte ha ritenuto che il legislatore avesse illegittimamente trascurato quelle situazioni di disabilità che si possono verificare in dipendenza di eventi successivi alla nascita o in esito a malattie di natura progressiva o, ancora, a causa del naturale decorso del tempo.
Anche per tali situazioni, come nel caso di figli portatori di handicap, vale il principio che la cura della persona disabile in ambito familiare è in ogni caso preferibile e, ciò che più rileva, più rispondente ai principi costituzionali, indipendentemente dall'età e dalla condizione di figlio dell'assistito (sentenza n. 158 del 2007)."
Con questa motivazione la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 nella parte in cui si escludono i parenti di terzo grado o affini conviventi, stabilendo come anche questi possano invece goderne, a determinate condizioni.
Stabilisce quindi la sentenza che anche i parenti e affini entro il terzo grado conviventi di persone con grave disabilità possono godere di un congedo straordinario, "in caso di mancanza, decesso, o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati" dalla legge.
Che cosa significa questo? Significa che, qualora mancassero (o fossero deceduti, o affetto da patologie invalidanti) tutti gli altri soggetti prioritariamente destinatari dei permessi, potranno goderne i parenti o affini di terzo grado conviventi, come gli zii.
Evidenzia, inoltre, la Consulta, onde avvalorare la conclusione della dichiarazione dell'illegittimità, come il legislatore ha già riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado proprio nell'assistenza ai disabili in condizioni di gravità, attribuendo loro il diritto a tre giorni di permessi retribuiti su base mensile ex 'art. 33, c. 3, legge n. 104/1992.
in allegato la sentenza della Corte Costituzionale 203 del 2013