Le Funzioni Locali che vogliamo!
Un CCNL che interrompa e si opponga alla ristrutturazione selvaggia delle Funzioni Locali
La stagione contrattuale 2022-2024 si apre in un contesto nazionale fortemente influenzato dalla crisi economica e sociale determinata dalla passata pandemia e dalle dinamiche scatenatesi dalla instabilità internazionale che si concretizzano con una guerra permanente “a pezzi” a partire dalla guerra in Ucraina, continuata con la guerra in medio oriente che può sfociare in un allargamento del conflitto, fino ad arrivare ad una guerra globale nucleare.
Quindi uno scenario di guerra permanente “esterna” e contestualmente una guerra “interna” contro le lavoratrici e i lavoratori che si concretizza in compressione salariale e tagli allo stato sociale.
Il ritorno alle logiche di contenimento del costo del lavoro insieme all'inflazione ha eroso anche il potere d'acquisto dei salari dei dipendenti pubblici.
Tutto il P.I., e le Funzioni Locali in primis, stanno subendo già da molti anni una drammatica ristrutturazione che ha portato al ridimensionamento dello stato sociale e alla riduzione dei servizi ai cittadini che nei prossimi mesi e anni, in assenza di adeguati finanziamenti, subirà un’accelerazione.
Meno servizi meno lavoratori proprio nel momento in cui la crisi economica e sociale spinge sempre più strati della popolazione a chiedere prestazioni sociali alle istituzioni territoriali.
Molti osservatori prevedono per prossimi cinque anni, per effetto dell'Intelligenza Artificiale, una drastica riduzione di personale nonché una vera e propria “smaterializzazione” dei servizi pubblici che costringerà i cittadini ad interloquire con insensibili piattaforme digitali e applicazioni varie.
Inoltre l’introduzione dell'Intelligenza Artificiale ridurrà ulteriormente il personale ed aumenterà i carichi di lavoro e le responsabilità per quelli che resteranno, oltre a “smaterializzare” gli uffici pubblici e costringere i cittadini ad interloquire con piattaforme ed applicazioni.
Nel complesso la perdita del potere d’acquisto salariale e la logica del contenimento del costo del lavoro ha portato l’Italia ad avere la forza lavoro pubblica meno pagata fra i paesi europei “economicamente avanzati”, e ciò è particolarmente vero nel comparto delle Funzioni Locali.
Inoltre, le disparità salariali/contrattuali tra lavoratori di enti diversi e anche all’interno della stessa amministrazione stanno crescendo sempre più. Ormai gran parte dei lavoratori delle Funzioni Locali sono “lavoratori sotto la soglia della povertà”. Innanzitutto, lo stipendio base dei lavoratori delle Funzioni Locali deve essere equiparato a quello delle Funzioni Centrali. Inoltre, deve essere colmato il divario salariale tra il settore funzioni locali e gli altri settori della pubblica amministrazione per quanto riguarda il salario accessorio. Si arriva, in moltissimi enti, al paradosso di aver implementato sistemi di valutazione elefantiaci per poter distribuire poche centinaia di euro all'anno di incentivi e con nessuna prospettiva concreta di sviluppo professionale ed economico, con l'unico risultato di esacerbare la divisione dei lavoratori e lavoratrici e mortificare le sacrosante aspettative dei dipendenti di avere un miglioramento salariale.
Ad aggravare un contesto che rende già di per sé complicata la contrattazione, è arrivata la cosiddetta “direttiva madre” del ministro Zangrillo, una delle forme più evidenti di ristrutturazione capitalistica nel pubblico impiego, con la chiara indicazione di aumentare il peso della meritocrazia come strumento di differenziazione salariale e di carriera, attraverso gli apparati del sistema di valutazione della performance, individuale e di ente.
È quindi inevitabile che nel contesto dato, la questione salariale rappresenti l’elemento centrale di questa tornata di rinnovo dei contratti dei lavoratori pubblici.
La direttiva madre si aggiunge inoltre ad altre misure (es. riforma Brunetta, riforma Madia) che avevano già introdotto una riduzione dei tempi dei procedimenti amministrativi (senza però i corrispondenti aumenti di personale), digitalizzazione, razionalizzazione, controlli interni e (falsa) trasparenza. Ciò in aggiunta all’inasprimento dei codici di comportamento per il personale.
Il nuovo CCNL deve affrontare queste tematiche e deve segnare un miglioramento delle condizioni economiche e normative, contribuendo a rompere le politiche di tagli, disinvestimenti e privatizzazioni.
USB ha contribuito in questi anni a rallentare/combattere questa deriva, ottenendo anche risultati importanti (ad esempio le assunzioni degli ex LSU).
In materia di nuove assunzioni, si segnala l'altissimo numero delle rinunce di coloro che, pur vincendo un concorso pubblico, dopo pochi mesi preferiscono lasciare la Pubblica Amministrazione per andare verso situazioni lavorative sicuramente più gratificanti sia dal punto di vista economico che professionale.
In funzione di ciò, il contratto nazionale diventa un elemento fondamentale sia per il rilancio del settore pubblico, sia per rendere attrattiva la PA per i giovani e più complessivamente per restituire dignità e diritti ai dipendenti pubblici.
Per USB, quindi, occorre non solo strappare le migliori condizioni contrattuali possibili, ma anche intervenire su quel quadro normativo (assunzioni, tassa sulla malattia, sottrazione alla contrattazione di materie quali organizzazione del lavoro, orario di lavoro, mobilità, formazione, individuazione dei profili professionali, pensioni, ticket) che ha progressivamente abbassato le tutele, condizionandole a scelte discrezionali della dirigenza.
Sarà nostro compito in questa fase costruire le condizioni necessarie a dare quelle risposte che i lavoratori e le lavoratrici attendono ormai da troppo tempo.