Il prolungamento dell’obbligo vaccinale per il solo personale sanitario a fine 2022 non ha alcuna giustificazione logica né, tantomeno, scientifica ed epidemiologica, ma è un vero e proprio accanimento su una categoria di lavoratrici e lavoratori che, già all’alba dell’introduzione dell’obbligo per legge, ad aprile 2021, aveva spontaneamente aderito alla campagna vaccinale con percentuali che superavano il 90%.
È privo di logica, sia alla luce della completa dismissione di ogni misura cautelare nei confronti del virus, decretata ieri dal governo, sia perché è destinata a non produrre alcun effetto nell’indurre alla vaccinazione chi, ad oggi, ha scelto di non vaccinarsi incorrendo nella sospensione dal lavoro senza stipendio.
Ma, soprattutto, non ha ragioni scientifiche e basi epidemiologiche su cui poggiare. Il personale sanitario non è solo vaccinato in misura percentualmente maggiore al resto della popolazione, ma è quello più contagiato in assoluto (basti vedere il numero di infortuni per Covid!), spesso con reinfezioni a distanza di pochi mesi nonostante il completamento del ciclo vaccinale. Una categoria super immunizzata, per quanto possibile. D’altra parte sappiamo ormai tutti che il vaccino non ferma i contagi ma previene solo la forma grave di malattia e ciò significa che da solo non basta, e che è contemporaneamente necessaria l’applicazionedi rigide norme di sicurezza individuali e ambientali per impedire che il personale sanitario non diventi veicolo di contagio per i pazienti e, soprattutto, viceversa.
Abbiamo sempre sostenuto l’importanza del vaccino nella lotta contro la pandemia pur contrastando con fermezza tutte le misure coercitive di natura non sanitaria messe in atto da questo governo, come il Green Pass, che hanno ampiamente dimostrato di non aver avuto nessuna influenza nel blocco della catena di trasmissione del virus, ma di aver invece unicamente pesato oltre modo sulle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici. Siamo perciò indignati che oggi il vaccino venga utilizzato nella stessa scriteriata modalità. Questo atteggiamento persecutorio non alzerà la percentuale di vaccinati del settore ma finirà per aumentare l’avversione al vaccino stesso, anche in coloro i quali non era presente, con ricadute future in termini di efficacia delle campagne di prevenzione e difesa della salute pubblica.
Il problema del contrasto alle infezioni ospedaliere, nel quale rientrano anche le vaccinazioni del personale, è un tema serissimo e di enorme attualità che né il Ministero della Salute né i governi hanno mai preso in considerazione e di cui si pagano annualmente pesantissime conseguenze sanitarie ed economiche, ma le cui cause vanno principalmente ricercate nella politica degli appalti ed esternalizzazioni dei servizi e non nella mancata vaccinazione del personale sanitario che rimane un semplice anello della catena.
L’Istituto Superiore di Sanità stima che nel 2050 saranno 10 milioni l’anno i morti in Europa da infezioni ospedaliere in assenza di interventi efficaci; 16 milioni di giornate annue di degenza aggiuntive per un costo approssimativo di 7 miliardi di euro. Eppure, nonostante le numerose denunce, nessun ripensamento è intervenuto - anzi gli appalti vengono fatti sempre più al ribasso - e, anche durante le punte più alte dell’emergenza, la sanificazione e la disinfezione degli ambienti (responsabili di circa il 20% delle infezioni intra ospedaliere) è rimasta affidata a ditte esterne senza alcun principio da seguire se non quello del profitto e senza alcun controllo sull’efficacia degli interventi. Senza contare la scarsità di DPI adeguati, l’enorme carenza di personale, l’assenza di formazione e, su tutti, l’assenza di un piano pandemico e la risposta in ordine sparso delle Regioni.
La risposta ad una pandemia necessita di una strategia complessiva, se di questa non c'è mai stata traccia, se si rimuovono per decreto tutte le tutele in nome della “ripresa economica” e rimane solo l’obbligo vaccinale per un’unica categoria di lavoratori e lavoratrici non siamo più nel campo della tutela della salute pubblica, ma in quello delle scelte politiche da contrastare.
L’unica nota positiva del decreto, ancorché nella sola ottica della riduzione del danno, è rappresentata dal rientro temporaneo in servizio di medici e infermieri non vaccinati ma guariti, su istanza degli interessati all’Ordine di appartenenza, fino alla scadenza del termine in cui la vaccinazione è differita; mentre per gli altri Operatori sanitari, che non rientrano negli Ordini professionali, era già possibile. Una misura che abbiamo, nel recente passato, più volte sollecitato al Ministro della Salute e che, seppur dovuta, appare del tutto insufficiente per contrastare gli effetti dei lunghi mesi di sospensione senza stipendio.
USB Sanità