A prima vista il titolo potrebbe sembrare irriverente e fuori luogo, ma leggendo
attentamente l’ultima Relazione sulla gestione finanziaria dell’Associazione Croce Rossa Italiana per l’esercizio 2011 (ma anche quella per gli esercizi dal 2005 al 2010), il contenuto appare quantomeno discutibile.
La relazione, copiosa e articolata, presenta alcuni aspetti pochi chiari laddove l’azione del relatore si concentra sulla questione delle convenzioni (in particolar modo quelle definite “in perdita”) stipulate dalla C.R.I. con altri soggetti pubblici.
Si sostiene che la causa principale della “diseconomicità” di tali convenzioni è da
imputare “all’alto costo del personale rispetto a quello delle strutture privatistiche”.
Quanto riportato è alquanto inquietante, ma andiamo per gradi; al punto 2.1 della
relazione 2012 (dove si parla del personale civile Dipendente), si riporta puntualmente a quale disciplina, legislativa e contrattuale, sono legati i Lavoratori della C.R.I. e cioè il Decreto Legislativo 165/2001 e il C.C.N.L. del comparto Enti Pubblici non Economici.
Tale innegabile realtà, da valore (o dovrebbe darne) e riconoscimento a due Leggi
dello Stato a cui tutti (compresa la stessa Corte) sono tenuti al rispetto e osservanza. Come mai allora si protende per i contratti delle strutture privatistiche rispetto a quelli pubblici?
Non è la sola domanda che ci siamo posti; nel fare una affermazione così perentoria, ci saremmo aspettati maggiori dettagli a supporto di questa fantasiosa teoria: quali sono le strutture privatistiche che hanno costi del personale più bassi rispetto alla C.R.I.? Quale disciplina legislativa e contrattuale applicano queste fantomatiche “strutture privatistiche”? Quali sono i parametri che si sono usati per affermare (con granitica convinzione) che il privato è meglio del pubblico?
Non vorremmo che tale convinzione nascesse dal fatto che molte “strutture
privatistiche” fanno uso indiscriminato del lavoro nero (come è ampiamente documentato), in spregio ai contratti e alle Leggi dello Stato; non solo.
Non di rado i lavoratori impiegati in queste “strutture privatistiche”, sono sottopagati, soggetti a orari di lavoro massacranti e senza nessun controllo in ossequio al T.U. sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/08).
Se è questo il termine di paragone a cui si fa riferimento, avremmo volentieri fatto a
meno delle Relazioni, risparmiando (questa volta sì), denaro pubblico.
Ma la cosa che più ci preoccupa è che valutazioni di questo tenore, vengano fatte da uomini dello Stato che lavorano per un Organo Costituzionale (che di certo non è una struttura privatistica), che dovrebbero curare (e controllare) gli interessi della cosa pubblica e non quelli di astratte entità privatistiche e che, quantomeno, dovrebbero limitarsi a esporre in maniera asettica quanto a loro richiesto senza offrire soluzioni di parte, soluzioni cui il solo Governo è deputato a trovare.
Per paradosso ci verrebbe da affermare, che meglio sarebbe affidare la contabilità
dello Stato ad un gruppo di ragionieri di una ditta privata, in quanto i Magistrati della Corte dei Conti costano un occhio della testa! Chissà cosa ne penserebbero i Magistrati contabili di questa opzione…
Tanto per farsi un’idea di quanto guadagna un Magistrato contabile, riportiamo un
articolo del 2007 del quotidiano online “l’Occidentale -
www.loccidentale.it/autore/dimitri+buffa/privilegi+e+segreti+dei+magistrati.005827
” (non è facile reperire notizie e conoscere con certezza gli stipendi dei dipendenti della Corte dei Conti): «…La Corte dei Conti ha a ruolo quasi 550 consiglieri. L'ultimo della scala gerarchica guadagna seimila euro lordi al mese, il primo quasi 20. Poi ci sono le indennità e i fringe benefits (benefici accessori). Spesa globale, dipendenti inclusi, almeno 130 miliardi di rimpiante lire ogni anno».Ma torniamo alla C.R.I.; al punto 3.1 della Relazione 2012 si afferma che «…anche
nel 2011 è proseguita la nuova politica di gestione delle convenzioni trasporto 118 ed il trasporto infermi, mirante a diminuire il numero di convenzioni in perdita ed a stipulare atti convenzionali in equilibrio economico o con saldo attivo». Stravagante analisi, in quanto sono proprio le convenzioni per il trasporto 118 (vedere ad esempio quella del Lazio tra C.R.I. e A.R.E.S.) che, sempre secondo quanto riportato dalla Relazione, hanno causato il più alto disequilibrio economico tale da compromettere seriamente la parità di bilancio di tutta la C.R.I.! E poi come si può affermare che la stipula di una convenzione tra due entità (in questo caso due entità pubbliche) porti ad un “saldo attivo” quando si offrono servizi sanitari essenziali come il Pronto Soccorso? Ma la parità di Bilancio non vale per la C.R.I. o fa comodo solo quando si deve licenziare il proprio personale?
Poi però al punto 6, lettera C, si ha come un sussulto di pudore e coscienza
affermando che: «…Viene peraltro osservato che la stipula di convenzioni non economiche (leggasi in perdita) può essere determinata dalla esigenza di soddisfare bisogni di collettività o di persone in stato di vulnerabilità in linea con i principi dell’Associazione e i compiti espressamente previsti dallo Statuto dell’Ente (errato dell’Associazione!)».
A quanto pare si hanno poche idee, ma ben confuse…. Ci dovrebbero spiegare qual è il limite tra l’esigenza di soddisfare i bisogni della collettività (e quindi soprassedere alle passività di Bilancio) e quando i bisogni dei cittadini-utenti possono essere calpestati in favore di freddi calcoli finanziari e di tornaconti economici.
Questo non ce lo spiegano (o non vogliono spiegarcelo); ma quando si vuole, si sa
essere chiari, sintetici e incisivi.
Ad esempio, prendiamo il punto 4 della Relazione 2012 dove si parla della riforma;
riportiamo fedelmente; «…Il relativo Decreto legislativo di riordino dell’Associazione italiana (e dell’Ente Pubblico aggiungiamo noi) della Croce rossa è stato finalmente adottato il 19 ottobre 2012 con il n. 178».
Cosa si intende affermare con finalmente? Finalmente per chi o per che cosa?
(certamente non per i lavoratori della C.R.I.). Perché ci si è spinti a fornire un giudizio così di parte, quando ci si poteva limitare ad una presa d’atto e scrivere che il Decreto è stato semplicemente adottato il 19 ottobre 2012?
Quando si formulano giudizi così importanti (come per i giudizi di cause civili e/o
penali), le parole pesano sulle valutazioni finali e non vengono mai messe lì per caso…. La Relazione 2011 ha influito non poco sul percorso e sull’approvazione del Decreto di “riordino” della C.R.I.; basti leggere le innumerevoli sedute delle varie Commissione di Camera e Senato per rendersene agevolmente conto.
La spinta propulsiva data dalla Relazione 2011 in direzione della privatizzazione della C.R.I., non può essere smentita da nessuno; le valutazioni di ordine politico (in sede di Commissioni) hanno ritenuto dirimenti le osservazioni della Corte dei Conti e anche quelle del Commissario Straordinario che, inspiegabilmente, coincidono.
A titolo di esempio basta dare attenta lettura alla pag. 52 della Relazione 2011 (ma
anche a pag. 24 di quella del 2012) e al Rendiconto Consolidato del 2007 (pag. 6) a firmadel Commissario Rocca (dove si parla della situazione economica negativa del RegionaleC.R.I. Lazio), per rendersi conto che le parole utilizzate sono assolutamente identiche!
Ma siamo sicuri che siano state lette con la dovuta perizia e attenzione? Osservatori più attenti, alcuni Senatori della 12ª Commissione permanente (Igiene e Sanità), hanno anche loro evidenziato quanto da noi rinvenuto affermando che «il referto della Corte dei conti (depositato il 28/11/2011) riproduce in larga parte le considerazioni di cui alla nota presentata in sede d’audizione del Commissario Rocca (...)».
Questa importante osservazione è inserita nell’intervento del Senatore Cosentino (PD) che (nel resoconto stenografico n. 16 - 301ª seduta del 18/01/2012) tende a “censurare” quanto descritto dai suoi colleghi tanto da dichiarare che…. «Già questo passaggio e` un po’ improprio. Vorrei ricordare, infatti, che la Corte dei conti e` un organo giurisdizionale e non e` un apparato dipendente dal Governo. Occorrerebbe quindi avere un certo rispetto istituzionale. Noi possiamo anche non essere d’accordo con quanto rileva la Corte dei conti ma non siamo giudici di Cassazione delle decisioni di quell’organismo. Sarei quindi più cauto nell’affermare se il referto della Corte riproduce o meno le considerazioni del commissario Rocca o se – come si dichiara in seguito – «si prende atto in modo abbastanza asettico ed avalutativo dei risultati gestionali». Mentre, cioè, riferiamo correttamente della relazione Corte dei conti, sarebbe opportuno non intervenire con un nostro giudizio di merito sulla giustezza o completezza della stessa. Inoltre, nella parte finale delle
considerazioni si dichiara: «La mancanza di una motivazione sul punto rende comunque arduo attribuire alla Corte un giudizio che per essere veramente tale avrebbe richiesto un adeguato supporto motivazionale». La mia proposta, in sintesi, e` di eliminare la parte delle considerazioni».
Cosa pensare? Che qualcosa di anomalo c’è stato, ma meglio non dirlo? Rimaniamo
certamente perplessi.
Come rimaniamo perplessi quando nelle Relazioni, non si tiene conto (o non ce se ne avvede) di quanto riportato in alcuni Rendiconti Generali Consolidati della C.R.I. (non ultimo il tanto sbandierato 2011).
A pagina 2 della nota integrativa del Rendiconto 2011 viene riportato quanto segue: «Inoltre, in ottemperanza alla delibera n. 231 del 10.07.2007 del Consiglio Direttivo Nazionale, le Unità territoriali hanno avuto disposizione, con circolare n. 62723 del 16/09/2010 a firma del Direttore Generale, di iscrivere tra le poste delle uscite rimborsi per il Comitato Centrale riferiti alle spese di personale civile a tempo indeterminato utilizzato in convenzione, per €. 14.467.255,55, del personale militare per €. 9.530.111,49 e rimborsi per le spese relative alle polizze assicurative dei mezzi in dotazione, per € 7.571.900,00».
Ci siamo chiesti: come mai non si è pensato di verificare da dove arrivassero i
proventi delle Unità territoriali da destinare al rimborso per il Comitato Centrale per
l’utilizzo di personale civile a tempo indeterminato nelle convenzioni?
Come mai non si è chiesto (come facciamo noi da anni), come fosse possibile che alle Unità territoriali corresse l’obbligo di rimborsare il personale civile a tempo indeterminato quando questi è già retribuito dal Comitato Centrale attraverso il finanziamento che riceve dello Stato?
Come mai non si è verificato in quale capitolo di bilancio sono confluiti tali rimborsi e
per quale finalità sono state utilizzate queste “ nuove entrate”?
Noi siamo più che convinti che le Unità territoriali per far fronte a questo “balzello”,
sono state “costrette” a caricare i costi del personale civile di ruolo sulle Convenzioni facendo, naturalmente, lievitare gli accordi economici tra i due contraenti.
Questo artificio contabile (che abbiamo sempre contestato e bollato come illegittimo), ha causato, da un lato, la perdita di innumerevoli convenzioni con conseguente perdita di posti di lavoro (esclusivamente personale precario) mentre, dall’altro, ha permesso, a più soggetti, di affermare la diseconomicità delle stesse convenzioni per l’alto costo del personale utilizzato, arrivando a perorare la causa per la privatizzazione della C.R.I. (convergente con il “vero” mandato governativo fissato per il Commissario Rocca).
Coincidenze? Fatalità? O progetto preordinato e pianificato nei minimi particolari?
Le ultime vicende legate all’elezione a Presidente C.R.I. dell’ex Commissario Rocca,
farebbero protendere per quest’ultima ipotesi.
Siamo portati a pensare che questo progetto preordinato non possa non essere stato attuato senza l’avallo (più o meno palese) delle più alte cariche dello Stato, di alcuni Organi Istituzionali, Ministri, Deputati, Senatori. giornalisti (l’artico del “Il Sole 24ORE” del 5 febbraio scorso ne è la prova) e eminenze grigie che avevano il solo scopo di creare un cuneo nel mondo del Pubblico Impiego, disfarsi di quasi 4000 lavoratori e “appropriarsi” dell’ingente patrimonio immobiliare della C.R.I.
Ne è stata riprova, l’ultimo atto del precedente Governo Berlusconi che, mentre si
apprestava a salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni e decretare la fine del proprio Esecutivo, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, On. Gianni Letta (fratello di uno dei due nuovi Vice Presidenti C.R.I.), si apprestava a presiedere e approvare la prima bozza di Decreto (poi in seguito bocciato), in un Consiglio dei Ministri praticamente deserto.
Questo è stato, forse, il più eclatante degli episodi (ma altri ne sono seguiti) che
hanno costellato il percorso del Decreto di privatizzazione e che ci hanno convinti a
considerare la possibilità di un vera e propria “congiura” nei confronti della C.R.I. e,
soprattutto, nei confronti dei suoi lavoratori.
Come abbiamo già evidenziato (e per tornare al tema principale), le due Relazioni
hanno avuto un duplice scopo; il primo, con la prima Relazione, è stato quello di far leva sulle Commissioni, sulla Conferenza Stato-Regioni e sul Governo affinché ci si convincesse della bontà del progetto di privatizzazione della C.R.I. Il secondo (con la seconda Relazione per buona parte speculare alla prima), è stato quello di esaltare l’operato di questa gestione Commissariale che prontamente è stato utilizzato a fini propagandistici ed elettorali interni alla C.R.I.
Siamo sicuri che saremo tacciati come “cultori del sospetto” o “dietrologi”; ma, senza entrare a fondo nelle Relazioni della Corte dei Conti, abbiamo cercato di offrire una lettura differente e circostanziata che permettesse di comprendere le dinamiche che hanno portato all’approvazione del Decreto di privatizzazione della C.R.I.
Molto altro ci sarebbe da dire e da osservare: per esempio quali siano stati i criteri di scelta per l’individuazione, per la C.R.I., di alcuni contabili invece che di altri; oppure analizzare le discrasie tra quello che prevede il D.lgs. 66/2010 e il Decreto legislativo n. 178 del 28 settembre 2012, in merito alle problematiche degli appartenenti al Corpo Militare C.R.I.; la scarsa attenzione riservata alla parte che riguarda il patrimonio immobiliare della C.R.I.; o ancora, l’inesistente accenno allo scandaloso periodo di Commissariamento (quasi 5 anni), che inizialmente doveva occuparsi, prevalentemente, delle questioni di Bilancio (da risolversi in un anno ma poi sappiamo tutti come è andata a finire), aumentando esponenzialmente il compenso (denaro pubblico) per il CommissarioGovernativo.
Insomma, ci sembra evidente che il taglio dato alle Relazioni sia improntato, in
massima parte, ad evidenziare la necessità di una “ristrutturazione” della C.R.I. che passasse necessariamente attraverso l’abbandono dello status giuridico pubblico in favore di uno privatistico, senza preoccuparsi minimamente (se non in qualche enunciazione di principio peraltro già prevista dallo stesso Decreto), dei risvolti occupazionali che, a breve, avranno conseguenze drammatiche.
Invitiamo i lavoratori a riflettere su quanto abbiamo riportato e a fare delle
valutazioni apportando, laddove possibile, altre utili osservazioni a questa vicenda dai contorni pochi chiari.
Invitiamo, altresì, i lavoratori a tornare ad essere parte attiva di un percorso di lotta che possa cambiare il corso di questo Decreto, senza abbandonarsi a facili scoraggiamenti.
Con la determinazione si può salvaguardare il futuro del nostro lavoro….. dobbiamo solo continuare a crederci.