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Tematica

Popolo Kurdo - il PKK annuncia il ritiro dei guerriglieri l'8 maggio

Cagliari,

Commento Usb e articolo pubblicato dalla redazione di NEAR EAST NEWS AGENCY Agenzia Stampa Vicino Oriente

 

 

E’ difficile comprendere la “questione kurda” se non si ha la percezione del contesto geopolitico in cui questo popolo vive. Il Kurdistan è un terreno (una Patria?) incuneato fra quattro stati: la Turchia, la Siria, l’Iran e l’Iraq. 

 

Nelle carceri turche sono ristretti attualmente più di diecimila prigionieri kurdi. Essi sono accusati di terrorismo, in realtà, vista la labilità del codice di procedura penale turco (una emanazione del nostro Zanardelli-Rocco) l’accusa e la condanna si applicano indifferentemente per il semplice fatto di aver distribuito un volantino o di aver partecipato alla lotta armata. Molti di loro sono ristretti da 10 e più anni.  

 

4-5000 sono i combattenti sulle montagne in territorio turco, ma che molte volte sconfinano oltre i confini della Turchia.

 

Lo Stato turco in previsione di un attacco alla Siria e per meglio qualificarsi come garante della NATO nel Medio Oriente necessita di non avere “nemici” al suo interno.

 

Dall’altro lato è cosciente che una situazione di instabilità interna alla Turchia non dispiacerebbe a Teheran.

 

Per raggiungere questo scopo ha, quindi, bisogno di un capo carismatico kurdo. Un leader che sia in grado di farsi ascoltare da TUTTO il popolo kurdo (e che sia in grado di turarsi le orecchie di fronte ai richiami iraniani).

 

Se questi sono gli scenari che potrebbero preludere ad un reale processo di pace con relative concessioni da parte del governo turco alle concessioni minime che provengono da Ocalan ci sono alcuni fattori che potrebbero impedire questo processo e sono: la refrattarietà dell’esercito turco e dei partiti ipernazionalisti turchi ad accettare le condizioni poste dalla resistenza kurda: un’amnistia generalizzata per tutti i prigionieri politici ed in primo luogo per Ocalan. Il riconoscimento dell’autonomia e della specificità della lingua e cultura kurda. 

 

Dall’altro lato non bisogna nascondere il rischio che qualora si addivenisse a questo compromesso per alcuni kurdi potrebbe essere considerato un compromesso al ribasso e perfino un tradimento della causa kurda stessa. C’è da chiedersi: fino a quando la figura di Ocalan sarà in grado di fungere da collante fra le diverse anime della resistenza kurda? E potrebbe mai la Turchia raggiungere una qualche forma di pace in quella zona senza un interlocutore che sia considerato veramente leader e portavoce di tutto, o della stragrande maggioranza del popolo?

 

dalla redazione di  NEAR EAST NEWS AGENCY Agenzia Stampa Vicino Oriente
PKK: Il ritiro dei guerriglieri l'8 maggio

 

Avanti con la road map proposta da Ocalan alla Turchia. PKK: "Ora Ankara modifichi la Costituzione e abolisca le strutture belliche create contro i ribelli"

 

 


Prosegue il lento e accidentato processo di pace tra il Kurdistan e la Turchia: ieri i ribelli curdi hanno annunciato che l'8 maggio potrebbe essere il giorno del ritiro dei guerriglieri dal territorio turco, verso il Nord dell'Iraq. A promuovere la road map era stato il leader del PKK, il Partito Curdo dei Lavoratori, Abdullah Ocalan.

"Come parte del processo, il ritiro inizierà l'8 maggio - ha detto uno dei leader del PKK, Murat Karayilan - Il ritiro è stati pianificato in più fasi e sarà finalizzato il prima possibile. L'esercito turco dovrà agire con la stessa sensibilità e serietà. Le nostre forze useranno il diritto di difendersi nel caso di attacco, operazioni o bombardamenti contro i guerriglieri che si stanno ritirando e in questo caso il ritiro sarà subito fermato".

La prima fase della road map, il ritiro, sarà seguita da altri due fasi, nel quali "il governo turco è chiamato a fare la sua parte", ha aggiunto Karalyan: la democratizzazione del Paese e l'abolizione delle strutture belliche create per combattere i ribelli curdi (ovvero una riforma della Costituzione che risolva la questione della comunità curda, il 20% della popolazione) e la "normalizzazione", una pace permanente basata su libertà e uguaglianza.

A preoccupare il PKK è l'eventuale reazione delle forze militari turche. Una delle precondizioni poste per il ritiro, e quindi la fine di un conflitto lungo decenni, è la protezione legale garantita dal parlamento di Ankara. All'inizio di aprile, il premier Erdogan aveva frenato la difficile riconciliazione ponendo altre condizioni all'implementazione del cessate il fuoco proposto dal PKK. Il primo ministro turco non aveva voluto assicurare ai guerriglieri che non ci sarebbero state aggressioni perché una simile richiesta avrebbe violato la legge interna. Per questo aveva rigirato l'offerta: i guerriglieri curdi si disarmino subito, così da evitare a monte eventuali scontri armati.
Il piano di pace era stato proposto dal leader Ocalan, in prigione dal 1999, il 28 febbraio scorso e prevede la tregua, il ritiro dei 4mila guerriglieri curdi in territorio curdo, il riconoscimento dell'identità curda nella Costituzione di Ankara e la creazione di una speciale commissione parlamentare che si segua la questione curda. La road map disegnata da Ocalan era stata il frutto di uno scambio di missive tra il comando del PKK e il leader, oltre che a serrati negoziati con i servizi segreti turchi.
La ribellione armata curda cominciò nel 1984 con l'obiettivo di ottenere l'indipendenza dalla Turchia. In trent'anni di conflitto hanno perso la vita 45mila persone, per lo più guerriglieri curdi. Migliaia gli sfollati e i rifugiati.

Nena News