Il 16 ottobre è passato, e dall’Europa e dal Consiglio Ambiente arrivano solo flebili rassicurazioni legate al monitoraggio degli effetti della direttiva ETS. Anche il 17 ottobre è passato, con la tanto attesa manifestazione per scongiurare la chiusura del Porto di Gioia Tauro. E adesso? Cosa dobbiamo aspettarci?
L’imminenza del fatidico 01 gennaio 2024 ci pone di fronte a una serie di ritardi e questioni irrisolte che richiedono una seria riflessione.
La Direttiva (UE) 2023/959, emanata il 10 maggio 2023, non è stata un fulmine a ciel sereno: già nel lontano 2013 la Commissione europea aveva adottato una strategia per integrare progressivamente le emissioni del trasporto marittimo nella politica dell'Unione, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas climalteranti. La domanda chiave è: cosa è stato fatto in questi ultimi dieci anni per attuare questa strategia?
Mentre l'Europa si muove verso obiettivi ambiziosi di neutralità climatica in tutti i settori entro il 2050 e una riduzione interna delle emissioni nette di gas a effetto serra del 55% entro il 2030, sorgono legittime preoccupazioni sulla mancanza di progressi effettivi, con gravi ritardi da parte delle stesse istituzioni e degli stessi privati che oggi si scagliano contro quelle politiche che provano a mettere un freno alla deriva ambientale ed ecologica.
È importante però che, mentre si perseguono queste politiche, venga garantito un regime di leale concorrenza tra tutti i porti, indipendentemente dalla loro posizione geografica, senza ignorare le differenze sostanziali che esistono tra un porto europeo come Gioia Tauro e quelli di paesi extraeuropei. Queste disparità devono essere affrontate in modo equo e ragionevole.
Il dato che però sembra sfuggire nelle varie analisi di questi giorni è che l’ETS produrrà nocumento in tutta la portualità italiana, ma solo Gioia Tauro è a rischio di chiusura . Questo è certamente dovuto al fatto di aver privilegiato l’attività di transhipment, l’unica sostanzialmente svolta nel porto gioiese. Un’attività che per sua natura ha favorito la mancata integrazione del Porto con l’area circostante.
Attivare il retroporto, chiudere dannosi contenziosi tra enti pubblici che producono solo immobilismo, spingere per sviluppare altre attività come la logistica: questi per noi sono alcuni degli impegni che la politica, calabrese e italiana, avrebbe dovuto assumere con tempestività, senza giocare a far passare politiche che puntano alla salvaguardia ambientale come nemiche del popolo.
Noi condividiamo pienamente il tema della salvaguardia dell’ambiente e della riduzione della produzione di gas climalteranti, sapendo bene che questo necessiterà di un monitoraggio puntuale delle inevitabili distorsioni speculative del mercato, soprattutto riguardo ai porti di transhipment, per intervenire tempestivamente contro comportamenti sleali ed elusivi.
Ma soprattutto occorreranno in tempi brevi adeguamenti strutturali delle navi e soluzioni alternative, quali motori ad alta efficienza energetica e bassi consumi e in un futuro prossimo l’utilizzo di combustibili a basse emissioni di carbonio.
Or.S.A. Mari e Porti
USB Lavoro Privato Calabria