Le forti carenze di organico in molti settori della pubblica amministrazione ed il progressivo taglio subito dai servizi pubblici in moltissime realtà locali hanno favorito sia un abbassamento della qualità dei servizi che un aumento della povertà e delle disuguaglianze sociali. E la prepotente entrata dei privati nella gestione dei beni comuni, dai trasporti all’igiene ambientale, dalla sanità all’assistenza e ai servizi di cura non ha fatto che aumentare tanto i disservizi quanto le disuguaglianze, con fortissimi effetti negativi anche sulla condizione dei lavoratori.
Il progressivo ritrarsi del pubblico dalla gestione dei servizi ha avuto un effetto molto pesante sulla riduzione dei diritti, al punto che il nostro sistema di welfare ha perso da tempo il carattere di sistema universalistico, per assumere invece una natura fortemente selettiva ed escludente.
La gestione del territorio e la tutela dell’ambiente, che restano funzioni propriamente pubbliche, risentono della crescente confusione creatasi attorno alle competenze delle Province e molte risorse naturali così come buona parte del patrimonio immobiliare pubblico si trovano in uno stato di abbandono.
Dentro la crisi economica scoppiata più di dieci anni fa questi processi hanno approfondito disuguaglianze sociali ed anche territoriali. Zone ed aree del paese maggiormente colpite dalla deindustrializzazione sono anche quelle che subiscono una più accentuata carenza di servizi e registrano livelli più alti di povertà. Lì dove la disoccupazione è più forte, ci sono meno servizi pubblici e gli enti locali lamentano condizioni di dissesto economico.
Di fronte a questa situazione occorre una visione di insieme del nostro sistema economico e sociale che prenda atto innanzitutto che l’Italia si ritrova con una dotazione di personale nella P.A. ridotta all’osso e con una età media molto alta. E’ urgente l’assunzione di centinaia di migliaia di lavoratori pubblici per coprire le voragini che si sono aperte in moltissimi servizi essenziali, a cominciare dalle aree più arretrate e dalle zone maggiormente in difficoltà.
E’ una battaglia, quella per l’occupazione nella P.A., nei servizi pubblici e nelle attività di tutela del territorio e dell’ambiente che l’USB vuole condurre in tutto il paese, con la consapevolezza che il punto di partenza sono le regioni meridionali, dove è più forte il ritardo nella dotazione di servizi e dove gli indici di povertà e di disoccupazione sono più alti.
Ma la battaglia per l’occupazione oggi ha un avversario pericoloso nei progetti di autonomia differenziata che vengono sponsorizzati dal partito del Nord, trasversale alle diverse forze politiche e deciso a spostare risorse significative verso le aree più ricche. Se questo progetto andasse in porto, come è scritto nel “contratto di governo”, le disuguaglianze sarebbero destinate ad aumentare e la gestione pubblica verrebbe ulteriormente ridimensionata in tutto il paese. Vincerebbe la logica della competizione tra aree, regioni, città, che ha sempre portato ad un aumento delle povertà e ad uno sfruttamento selvaggio dell’ambiente.
L’USB avanza una proposta a movimenti, associazioni, forze politiche e sociali per costruire una battaglia comune per il lavoro nelle attività di pubblica utilità, cioè in tutte quelle opere che devono rimanere fuori dalla gestione del mercato perché rispondono ad esigenze collettive e servono a salvaguardare i beni comuni. Una battaglia per il lavoro, i servizi e l’ambiente e contro le disuguaglianze sociali e territoriali.
Ne parliamo sabato 29 giugno a Napoli al convegno “Prima di tutto l’occupazione. Sviluppo dei servizi, tutela del territorio e rilancio della Pubblica Amministrazione di fronte al progetto dell’autonomia differenziata”, con inizio alle ore 10 nella Domus Ars Centro di Cultura, via Santa Chiara 10c.
Unione Sindacale di Base