Impugnata una norma contrattuale antidemocratica, di evidente segno anticostituzionale, che sanziona il dissenso. È stato depositato ieri, 16 aprile, dalla USB Pubblico Impiego il ricorso ex art.702 bis c.p.c. per richiedere la nullità dell’art. 7, comma 3, del Contratto Collettivo Nazionale delle Funzioni Centrali laddove prevede che i soggetti titolari della contrattazione integrativa nazionale siano i soli rappresentanti delle OO.SS. di categoria firmatarie del CCNL, a prescindere dal possesso della rappresentatività riconosciuta sulla base di procedure previste dal D. Lgs. 165/2001.
Il ricorso è stato presentato nei confronti dell’Aran e di Cgil-Cisl Uil –Confsal Unsa e Confintesa, firmatarie del CCNL di comparto il 12.2.2018. La USB Pubblico Impiego ha ritenuto necessario impugnare questa norma contrattuale, non imposta da alcuna legge ma voluta da Aran e sindacati firmatari, perché di chiaro segno anticostituzionale.
La previsione antidemocratica di escludere dalla contrattazione integrativa le OO.SS. non firmatarie del contratto perché dissenzienti dai contenuti dell’accordo siglato il 12.2.2018, rappresenta una “forma impropria di sanzione del dissenso” che conduce ad “un illegittimo accordo ad excludendum” come cita la sentenza della Corte Costituzionale 231/2013. Sentenza che, sebbene emessa per regolare la democrazia sindacale nel settore privato, detta un principio cardine di tenuta costituzionale dell’intero sistema della rappresentanza sindacale, quindi vincolante per tutti a partire dalla stessa Aran, obbligando a trattare con i soggetti sindacali sulla base della loro rappresentatività e non sulla base della adesione o meno ai contenuti di un accordo.
Il ricorso della USB si oppone ad una norma contrattuale che viola palesemente tre principi cardine della democrazia sindacale: il divieto di discriminazione di sindacati adeguatamente rappresentativi, il divieto di selezione in base a criteri di consonanza con la controparte datoriale e il divieto di accordi ad excludendum.
USB annuncia una campagna nazionale sulla democrazia sindacale da far vivere dentro e fuori i posti di lavoro. Non solo un percorso giudiziario quindi, perché il sindacato come lo intende USB è innanzitutto mobilitazione collettiva, conflitto e coesione dei lavoratori. Va respinta l’arroganza di chi è convinto di detenere il monopolio della rappresentanza sindacale e di poter dettare regole capestro a chi vorrebbe esercitare pienamente il proprio mandato sindacale.
Le lavoratrici e i lavoratori il 17-18-19 aprile con il voto alle elezioni RSU possono dare forza ad un’istanza di cambiamento, rafforzando la democrazia dal basso, per rivendicare il diritto a firmare solo accordi condivisibili nei contenuti e sostenuti dai lavoratori.
Esecutivo Nazionale USB PI