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Patto di Base

Rappresentanza e democrazia del lavoro. Le nostre posizioni e la proposta di legge Fiom

Nazionale,

In allegato il documento

L’assenza di una vera democrazia sindacale e del lavoro, nelle fabbriche, scuole, uffici e a livello generale, e la mancanza di trasparenti, eque e democratiche regole per verificare la rappresentanza e la rappresentatività dei diversi sindacati, sono stati in questi anni i principali ostacoli alla piena estensione del sindacalismo alternativo e conflittuale e hanno regalato a Cgil, Cisl e Uil il monopolio oligarchico dei diritti sindacali. Sia i governi di centrodestra sia quelli di centrosinistra hanno protetto e garantito tale monopolio: ma i principali soggetti si questa espropriazione dei diritti sono stati i sindacati concertativi che, a partire dalla legge 146 antisciopero in poi, sono sempre intervenuti direttamente e in prima persona, attraverso accordi legislativi, contrattuali o pattizi, per impedire il dispiegamento di una vera democrazia del lavoro e di una rappresentanza sindacale su basi giuste e democratiche.


In questi giorni una componente Cgil, che, dall’interno dei sindacati concertativi, si è sempre vantata di essere all’avanguardia nelle richieste di democrazia sindacale nei posti di lavoro e a livello generale, ha presentato una proposta di legge in materia che noi, come Cobas, RdB e SdL, riteniamo inaccettabile, in quanto fondamentalmente basata sulla difesa delle proprie posizioni nel conflitto apertosi nella Cgil e con Cisl e Uil, e non rispettosa di una vera democrazia sindacale per tutti, nei posti di lavoro e fuori, che preveda norme, garanzie e meccanismi democratici che prescindano da “rendite di posizione” e da valutazioni “pro domo sua”.


Non ci pare che l’unico punto davvero positivo della proposta, e cioè l’eliminazione della clausola del 33% (sempre che la formula “elezione libera e con metodo proporzionale” art.1 comma 1 della proposta FIOM intenda effettivamente cancellare il 33% riservato alle organizzazioni sindacali firmatarie), che certo allargherebbe gli spazi a livello aziendale, cambi però la situazione a livello nazionale e di settore, visto che, a tali livelli, la “maggiore rappresentatività” resterebbe comunque, per “diritto divino”, a Cgil, Cisl, Uil e Ugl.


Infatti, il modello proposto è lo stesso della Bassanini, così come è stata applicata finora nel PI (art.2 comma 1) e cioè elezioni RSU nei singoli luoghi di lavoro e media tra il dato elettorale e quello associativo. Non è prevista alcuna “seconda scheda” per verificare la rappresentatività nazionale e settoriale.
Ad aggravare questo elemento, che per noi resta cruciale, ci sono i seguenti temi:


1) “il diritto di presentare le liste per le elezioni compete a tutti i sindacati rappresentativi e a forme associative di lavoratori cui aderisca mediante firme in calce alla lista non meno del 5% dei lavoratori elettori” (art.1 comma 3). Per quanto riguarda il Pubblico Impiego qui si fa un balzo indietro anche rispetto alla Bassanini: non c'è solo il fatto che a chi non è Cgil, Cisl, Uil e Ugl non gli si dà neanche la dignità di “altri sindacati” (indicati come generica “forma associativa”) ma questi dovrebbero anche raccogliere le firme in percentuale superiore a quello indicato nella legge PI, fissato al 2%.


2) laddove si parla del “diritto di tenere l’assemblea retribuita in orario di lavoro” (art.1 comma 6) viene saltato a piè pari l’aspetto fondamentale: chi ne ha il diritto? Tutte le organizzazioni sindacali e le “forme associative” o, come il testo sembra dare per scontato, solo i sindacati “rappresentativi”?;


3) non garantisce la partecipazione di tutte le liste la modalità di controllo elettorale proposta nell’art.1 comma 9: gli unici abilitati al controllo e alla raccolta dei risultati elettorali sono i “Comitati paritetici, costituiti dai rappresentanti dei sindacati rappresentativi e dai Direttori delle direzioni provinciali del lavoro”;


4) con il comma 11 dello stesso articolo (qui purtroppo in analogia con il Pubblico Impiego) si ripropone che il diritto alla contrattazione aziendale spetti “alle rappresentanze sindacali unitarie ... con l’assistenza delle Associazioni sindacali rappresentative”; un meccanismo perverso che annulla ogni autonomia alle RSU che vengono “circondate” dagli esponenti dei “sindacati rappresentativi” che di fatto espropriano le RSU dei propri poteri.


5) C’è poi quell’art.3 sulle modalità referendarie. Non entriamo qui nel merito delle varie cifre necessarie per indicare, considerare valido e approvare o respingere una proposta referendaria, perché ci preme sottolineare come il “referendum”, in assenza di qualsiasi vera democrazia a monte, non rappresenta per se stesso una garanzia di democraticità. Respingere un accordo resta ben poco influente se poi a trattare tornano i fautori dell’accordo stesso e non la rappresentanza diretta di chi l’ha contestato e bocciato.


Ma qui, oltre ad una valutazione delle proposte Fiom, ci preme soprattutto ribadire quelli che sono i principi fondamentali delle nostre proposte:


- Qualsiasi legge in materia deve riguardare indistintamente tutti i lavoratori/trici ed i posti di lavoro, pubblici e privati, con le stesse modalità di fruizione dei diritti e gli stessi meccanismi elettorali.


- Le elezioni sui posti di lavoro si devono svolgere con voto segreto e con meccanismo proporzionale puro senza alcuna riserva legata ai firmatari di contratto (33%).


- Le “RSU - rappresentanze sindacali unitarie” vanno trasformate non solo nominalmente in “RSE - rappresentanze sindacali elettive”, in quanto la RSU come struttura “unica”, non corrisponde alla realtà, visto che prevede elezioni di liste contrapposte e con piattaforme diverse; in realtà l’imposizione dell’”unicità” della RSU si risolve esclusivamente nell'impedimento all'azione del singolo RSU (come ad esempio nella convocazione di Assemblea).


- Contestualmente alle elezioni per definire le rappresentanze sui posti di lavoro si devono effettuare anche le elezioni per definire la rappresentanza a livello di settore/categoria/comparto, su scala nazionale, attraverso una doppia scheda, una per l’elezione nel posto di lavoro, una per la rappresentanza nazionale;


- Se si intende confermare che la rappresentatività ai vari livelli viene misurata attraverso la media tra percentuale del numero di iscritti certificati rispetto ai lavoratori sindacalizzati e la percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni rispetto ai votanti, allora la certificazione degli iscritti deve comportare automaticamente che la trattenuta della quota sindacale sia obbligatoria per qualsiasi ente e posto di lavoro, a prescindere dal livello di rappresentanza del sindacato. La certificazione della rappresentanza deve essere effettuata da un soggetto pubblico (INPS).


- La libertà di parola, propaganda e assemblea in orario di lavoro (con un tetto di ore annue a dipendente, da portare a 20 ore che si possano usare con chi si crede) è prerogativa di ogni sindacato, che abbia o non abbia la rappresentanza.


- I Contratti e gli accordi aventi valenza contrattuale, dopo la sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, devono essere sottoposti a Referendum tra tutti i lavoratori. Il Referendum deve avere caratteristiche di trasparenza stabilite con specifico regolamento nazionale, che ha validità per tutti i posti di lavoro. Nelle Commissioni elettorali devono essere presenti rappresentanti di tutte le liste.

Roma, 21 dicembre 2009

 

COBAS -  RdB  - SDL intercategoriale