25 ottobre 2010 - Corriere Mercantile
PROTESTA. Saranno probabilmente due le giornate di mobilitazione chieste dai pompieri genovesi per le prossime settimane. All'aeroporto rischia di fermarsi il 50% dei voli
«Sciopero per la sicurezza non per i soldi»
di Diego Curcio
Genova - Due giorni di sciopero. Con manifestazioni e «qualche sorpresa». I vigili del fuoco genovesi sono in agitazione. I sindacati (Cgil e Rdb, che raccolgono l'80 per cento dei pompieri della provincia) tenteranno un'ultima mediazione con i vertici provinciali e regionali questa settimana. Ma tutto fa pensare a un semplice passaggio istituzionale di routine, che difficilmente convincerà i lavoratori a fare marcia indietro. «Non scioperiamo per i soldi, ma per la sicurezza» ci tengono a precisare i pompieri. Perché se la situazione economica della categoria è sempre fonte di grandi malumori, questa volta è successo qualcosa che va ben oltre il magro stipendio da 1300 euro al mese. «Ormai l'emergenza è diventata la quotidianità -spiega Stefano Giordano, Rdb - E non riusciamo, per carenze di uomini, a garantire uno standard minimo di intementi alla città». Uno dei bersagli principali dei sindacati è il comandate provinciale dei vigili del fuoco Giovanni Nanni, arrivato a Genova poco meno di un anno fa e accusato, da Cgil e RdB, di essere poco presente sul territorio e di comportarsi «da burocrate». «Le cose da quando c'è lui non funzionano - rincara la dose Luca Infantino, della Camera del Lavoro - Si è rotto il rapporto fra il vertice e i lavoratori. E quello che è accaduto nel corso dell'alluvione di Sestri ne è un esempio, visto che alcuni colleghi hanno lavorato anche 40 ore consecutive. Abbiamo bisogno di un comandate, non di un amministratore». E se le date e le modalità della mobilitazione dei vigili del fuoco genovesi sono ancora allo studio, c'è da dire che la prima conseguenza di uno sciopero della categoria (che per legge deve comunque garantire il soccorso) sarà la cancellazione del 50 per cento dei voli all'aeroporto Cristoforo Colombo. Alla accuse dei pompieri genovesi, però, il comandate provinciale Giovanni Nanni, nei giorni scorsi ha replicato duramente, contestando punto su punto quanto gli viene imputato dai sindacati. Prima di tutto l'organico. «Quello genovese è perfettamente nella media rispetto agli altri comandi provinciali» ha detto Nanni. Mentre le carenze organizzative che ci sarebbero state in occasione dell'alluvione di Sestri Ponente sarebbero tutte fandonie. «Se avessimo seguito le richieste dei lavoratori - sottolinea - avrebbero lavorato 50 ore consecutive, non 40». Insomma tutte «frasi offensive e tendenziose» che il comandante contesta duramente. «Non è vero che non sono mai a Genova - conclude Nanni - durante l'emergenza di Sestri, tanto per fare un esempio, ho passato 96 ore in servizio».
Vigili del Fuoco. Viaggio nella vita e nelle difficoltà di chi ha scelto
una professione affascinante ma sempre più difficile
Contro le fiamme per 1400 euro
"Stipendi bassi, promozioni bloccate, carenza d'organico: sulle autobotti metteremo sagome di cartone"
di DIEGO CURCIO
Genova - Come mai ho scelto di fare il vigile del fuoco? Perché era il mio sogno fin da bambino. Avevo due zii che facevano i pompieri e quando ero piccolo non vedevo l'ora che arrivasse il sabato sera per andare a dormire in caserma da loro. Per me era come un'avventura. Sai, un tempo non c'erano tutti questi divieti. Si facevano feste con le famiglie dei colleghi, la mensa era gestita da noi: insomma un altro modo di vivere questo mestiere». Per Luca Infantino, vigile del fuoco della Centrale operativa di San Benigno e sindacalista della Cgil la divisa non è solo una seconda pelle, ma anche un 'affare' di famiglia. Una passione, oltreché un lavoro, che va oltre le difficoltà che questa professione comporta. Certo, il trattamento economico è assolutamente inadeguato, come ripetono da tempo i vigili del fuoco. Ma oggi i rischi, connaturati in questo mestiere - dicono i pompieri - sono ancora più alti, per la carenza organico e per i turni massacranti, ma anche per la cattiva organizzazione del lavoro. «Ho 41 anni, metà dei quali passati in quest'ambiente -prosegue Infantino - Ho iniziato come discontinuo nell'89-'90. Poi sono passato effettivo nel 1997. Ho fatto cinque anni e mezzo in giro, fra Milano, Pavia e Savona. E adesso sono aIla Centrale da un po'. Avrei l'età giusta per diventare caposquadra, come tanti miei colIeghi, ma a causa della legge di riforma del corpo nazionale, adesso i passaggi di qualifica sono diventati più complessi. E si è venuta a creare una situazione completamente assurda». Il passaggio da vigile a caposquadra coincide con lo scatto di stipendio maggiore per un pompiere. 'ben' sessanta euro netti in più al mese. Mentre fra un caposquadra e un capo reparto la variazione è di poco più di due euro. Cifre ridicole, con tutto il rispetto. Che non tengono conto delle difficoltà e dei rischi, che queste persone devono affrontare ogni giorno. «Il mio stipendio, dopo tredici anni di servizio - racconta Stefano Giordano, 42 anni, sindacalista Rdb anche lui entrato con il concorso pubblico nel '97 - è di 1400 euro al mese, compresi gli assegni famigliari. Tredici mensilità. sia chiaro, mica abbiamo la quattordicesima. E con una famiglia non è facile tirare avanti. Forse, dopo tre anni. stiamo riuscendo a ottenere il rinnovo del contratto nazionale scaduto 34 mesi fa». Carenza di mezzi, soldi e sicurezza, dicevamo. Ma anche una frattura piuttosto netta fra la parte sindacale, che nei pompieri è ancora molto forte, e il comandante provinciale Giovanni Nanni. Tanto che nelle prossime settimane i vigili del fuoco scenderanno in piazza per protestare contro questa situazione. «Finirà che sui camion e sulle autobotti saremo costretti a sistemare delle sagome di cartone - sorride Infantino- La carenza di personale è diventata insopportabile. Vent'anni fa a San Benigno c'erano cinque squadre, adesso ce ne sonodue. L'altra sera quando è scoppiato l'incendio su un traghetto al Terminal c'era il cambio turno. E per spegnerlo la Centrale è rimasta sguarnita. Non si può continuare così». Anche perché ormai «questo mestiere - interviene Gioradano - si fonda sempre di più sulla buona volontà e sulla passione della gente. Ma non è giusto che sia così. E' arrivato il momento che fare il vigile del fuoco venga considerato un lavoro, non una missione - spiega - Operare in certe condizioni sta diventando pericoloso. E lo dimostra l'età media del Comando: quarant'anni». Come a dire: l'esperienza ha il suo peso, ma per certi interventi conta soprattutto la forma fisica. Insomma: difficoltà e problemi a non finire, che però, a dispetto di tutto, cementano un affiatamento che va ben oltre la seniplice collaborazione. «Fare il vigile del fuoco -conclude Infantino - mi ha consentito di crescere come uomo e di fare un percorso di vita davvero unico. Fra di noi c'è una condivisione totale. Siamo amici, oltreché colleghi».