A tre anni di distanza dall'ultimo confronto con il Sindacato sul tema degli Arsenali Militari, il nuovo Capo di Stato Maggiore Marina, amm. Giuseppe De Giorgi, ha illustrato principalmente i proponimenti per il rilancio delle attività di queste strutture, nel processo di riordino della Forza Armata, indirizzato verso le manutenzioni delle unità navali.
Tra gli altri argomenti trattati, sono stati evidenziati:
la necessità di internalizzare le lavorazioni;
un maggiore utilizzo delle “permute”;
la continua perdità di professionalità (causa l'invecchiamento e la mancanza di un ricambio del personale come limite strutturale per la ripresa delle lavorazioni);
la necessità di disporre di un numero maggiore di personale civile imbarcato.
USB Difesa, nell'esprimere apprezzamento per il ritorno alla "normalità" delle relazioni con il sindacato dopo anni di assenza, ha espresso piena soddisfazione principalmente per la decisione di reinternalizzare quelle lavorazioni con l’affido al personale interno delle attività date all’esterno che, a 15 anni dal "progetto di ristrutturazione" firmato dall'ex Ministro della Difesa Andreatta e condiviso da tutte le OO.SS. ad esclusione di USB, non hanno prodotto alcun incremento di efficienza e, in ragione del rapporto costo/qualità, alcun risparmio ma, anzi, un aggravio di spesa.
Una scelta che USB Difesa chiedeva dal lontano 1997 per per tutte le lavorazioni in ambito Difesa poichè ritenevamo una trasformazione ispirata ad una filosofia tesa alla concorrenzialità e alla competitività che si sarebbe concretizzata nei fatti solo sui risparmi ottenuti tagliando gli organici.
Avevamo ragione e i danni causati sono sotto gli occhi di tutti.
Appaltando sempre più servizi, lavorazioni e manutenzioni, delegando completamente all'industria privata la ricerca, la sperimentazione e la produzione di sistemi d'arma, apparati e tecnologie avanzate, si è determinato la crescita esorbitante dei costi per le attività esternalizzate e per i contratti stipulati con l'industria privata a prezzi spesso superiori a quelli di mercato, in controtendenza rispetto alla necessità di realizzare economie di gestione attraverso i processi di riorganizzazione.
Di conseguenza, si sono determinate le "dolorose ricadute" per il personale civile che queste operazioni determinano, con la progressiva emarginazione ed esclusione dai processi produttivi e lavorativi.
Emarginazione ed esclusione costruite anche ad arte negli anni, attraverso un costante processo di impoverimento professionale, negando ogni possibilità di aggiornamento e formazione in quei settori dove si andavano acquisendo nuove tecnologie e apparati, per poi motivare con la scarsa preparazione dei lavoratori il ricorso all’appalto.
Non ci dilunghiamo oltre ma è necessario tenere a mente quello accaduto in passato poichè, nel contesto disegnato dalla Legge 244/2013 "revisione dello strumento militare" di prossima applicazione e nelle dichiarazioni d’intenti, tornano i temi cari alle alte gerarchie militari e si rispolverano soluzioni e benefici legati alla soluzione di problematiche del personale (formazione, professionalità, economie ecc.) a cui non seguono impegni concreti volti ad operare per il bene dei lavoratori a causa della nascita di nuovi, imprevisti ed insormontabili problemi.
Questo ci induce a pensare che il cambiamento, l’innovazione e le esigenze di modernizzazione sono spesso parole d’ordine profuse ovunque ma che sempre lasciano sul campo le vittime designate al sacrificio: i lavoratori.