Ancora più esplicito è risultato oggi, al terzo tavolo tecnico convocato presso il Ministero del Lavoro, il no dei sindacati confederali, dell'UGL e degli autonomi CISAL e Confsal all'aumento dei minimi salariali a 9 euro orari che deriverebbe dall'approvazione del disegno di legge presentato in Parlamento dalla senatrice Catalfo.
Gli argomenti usati in precedenza e cioè, in particolare, che non fosse chiaro se la proposta si riferisse alla retribuzione complessiva o ai soli minimi orari, sono venuti meno. Il testo 658 parla chiaro, nella sua nuova versione diffusa da diverse settimane, e si riferisce ai minimi tabellari. Come è evidente, una larga fetta dei CCNL firmati da Cgil, Cisl e Uil in questi anni si colloca al di sotto dei minimi proposti, cioè della soglia di 9 euro l'ora.
La proposta, quindi, mira ad un rialzo dei salari per milioni di lavoratori, con un effetto a catena inevitabile anche su tutti i livelli salariali, non solo su chi sta al minimo.
Il re ora è nudo. Sindacati, quelli del patto sociale, e Confindustria, come titolava giustamente qualche quotidiano di ieri, sono d'accordo per contrastare il rialzo dei salari. Sono contrari sia i sindacati "maggiormente rappresentativi" che quelli che firmano i contratti pirata. L'importante per loro è che i salari restino bassi. E gli argomenti risuonati al tavolo rimandano a questa rinnovata unità di intenti: le imprese non possono sostenere questi rialzi.
E i lavoratori, invece? Possono continuare a vivere con questa miseria?
Per USB si apre ora una stagione di denuncia pubblica di massa di quali sono i responsabili delle condizioni salariali che subiamo: sindacati, Confindustria, centrosinistra e Lega, tutti uniti contro i lavoratori. Una battaglia difficile ma indispensabile, a fronte di una crescita clamorosa del lavoro povero e di una condizione generale di impoverimento che riguarda ormai una fetta larghissima di popolazione.
Confederazione Unione Sindacale di Base