Care compagne, cari compagni,
purtroppo non possiamo essere presenti a Città del Messico, ma teniamo molto a inviarvi questo breve saluto. Mentre voi discutete si stanno concludendo le operazioni di voto in Italia e siamo in attesa di conoscerne gli esiti.
Non è difficile tuttavia prevedere quali saranno le caratteristiche del prossimo Governo, in tutto simile a tanti governi europei, in Italia ed in altri paesi, fedeli esecutori delle direttive europee e strumenti della costruzione imperialistica che sta facendo del Vecchio Continente uno dei poli economici, politici e militari della competizione globale, in linea con la mai scomparsa vocazione coloniale e razzista che lo caratterizza da secoli.
Essere un sindacato generale, di classe e di massa, come USB cerca di essere, articolato in tutti i settori e tra questi la scuola, impone la consapevolezza di operare nel cuore della cittadella imperialistica. Questo implica a sua volta il riconoscimento di due cose:
1) che lo Stato oggi non svolge più alcuna funzione di mediatore del conflitto e diventa, nei paesi a capitalismo maturo, esso stesso soggetto di profitto (Profit State o Stato Spa, come lo abbiamo definito);
2) che questa centralizzazione economica e politica produce una trasformazione profonda dei sistemi formativi, che devono adeguarsi alla necessità del sistema produttivo di avere una forza lavoro flessibile ed ideologicamente pronta ad affrontare la precarietà strutturale, e tendono essi stessi a diventare luoghi di estrazione di plusvalore. In Italia questo passaggio è avvenuto con l'approvazione della Legge 107/2015, la cosiddetta "buona scuola", con l'obbligo per gli studenti del triennio delle scuole superiori di svolgere attività di alternanza scuola lavoro, con l'insistenza sulla didattica per competenze (a discapito delle conoscenze), mettendo al centro valutazione e meritocrazia, veri assi portanti delle politiche europee sull'istruzione. Contro questo sistema USB conduce la sua lotta, svolgendo una funzione di organizzazione, formazione ed orientamento politico-sindacale che nessun altro è oggi in grado o ha la volontà di svolgere in Italia.
Per questo, il nostro ragionamento non può limitarsi alla pur necessaria difesa dei lavoratori della scuola, ma deve porre la questione politica della funzione sociale che la scuola può e deve svolgere nell'ottica della trasformazione sociale. Ciò richiede di assumerci, come lavoratori, insegnanti, formatori la sfida di una battaglia per l'egemonia, una battaglia politico-culturale rivolta ai colleghi, agli studenti, alle famiglie, alla società intera.
Per farlo la dimensione internazionale e internazionalista diventa decisiva, perchè ci collega alla prospettiva di certi paesi, Cuba su tutti, ma anche Venezuela e Bolivia, che hanno puntato sull'alfabetizzazione delle masse e sulla cultura come ricchezza reale di un paese, come fattori cruciali dello scontro di classe; allo stesso tempo, deve portarci ad un rafforzamento del legame con quelle forze del sindacalismo conflittuale che in Europa stanno fuori dalle compatibilità e riconoscono la necessità di creare una integrazione mediterranea fondata su solidarietà e uguaglianza tra i diversi paesi e i loro lavoratori.
Le lotte dei lavoratori della scuola hanno prodotto grandi mobilitazioni in Messico, in Cile ed in tanti altri paesi in questi ultimi anni, e ci rammentano con forza che l'educazione è e deve essere un diritto universale per cui lottare in tutto il mondo, in un quadro organizzato e di sempre maggiore coordinamento tra i soggetti che afferiscono alla FISE.
Per questo seguiamo con grande attenzione l'esito dei lavori di questi due giorni, e ci impegnamo a costruire momenti di scambio e di confronto teorico, politico, sindacale, culturale sempre più necessari per rafforzare una adeguata prospettiva internazionalista di trasformazione sociale.