È uscito in questi giorni il nuovo rapporto dell’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali, interamente dedicato al personale del Servizio Sanitario Nazionale. Il quadro che ne esce è desolante. Come abbiamo sempre denunciato, inascoltati da anni, in Italia si registra un rapporto popolazione/infermieri molto inferiore alla media europea: nel 2020 nel nostro Paese operavano 6,2 infermieri per 1000 abitanti, contro i 18 di Svizzera e Norvegia, gli 11 della Francia, i 13 della Germania e gli 8,2 del Regno Unito. Deteniamo un gap di 2,6 infermieri per 1000 abitanti in meno rispetto alla media europea.
A completare la foto del disastro, si aggiunga che l’Italia è al quart’ultimo posto tra i paesi OCSE per il numero di posti a disposizione negli atenei per la laurea in scienze infermieristiche. Sotto di noi solo Colombia, Messico e Lussemburgo ma, in quest’ultima nazione, il numero di infermieri per mille abitanti è già circa il doppio di quelli italiani.
Il blocco delle assunzioni e del turnover, insieme alla politica di contenimento della spesa per il personale, oltre a portare alla perdita di circa 27mila infermieri a tempo indeterminato ha causato un notevole innalzamento dell’età media del personale infermieristico, che porterà al pensionamento di oltre 20mila unità entro il 2027, che si sommano ai circa 100mila infermieri attualmente mancanti.
Per fronteggiare l’emergenza pandemica, che si è abbattuta su un SSN già in ginocchio, sono state utilizzate procedure di assunzione “straordinarie” che hanno introdotto un numero molto elevato di personale altamente precario, che a tutt’oggi rappresenta oltre il 70% del totale: su un totale di 31.990 assunzioni, 23.233 sono contratti flessibili. La pandemia ha inoltre plasticamente rappresentato la necessità del potenziamento dell’assistenza territoriale per la quale sarebbero necessari ulteriori 27mila infermieri circa, senza i quali rimarrebbe un contenitore vuoto.
Diverso il discorso sul fronte dei medici. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: in questo paese non mancano i medici! L’Italia domina le classifiche europee per numero di medici che praticano attivamente la professione. Nel 2020 in Italia operavano 4 medici per mille abitanti, contro i 3,17 della Francia e i 3,03 del Regno Unito. Nonostante Spagna e Germania abbiano un valore simile all’Italia, il nostro Paese ha un numero totale di medici per abitanti superiore alla media UE (+0,2).
La verità è che la mancanza di visione politica sul tema salute ed una pessima programmazione delle scuole di specializzazione hanno permesso un surplus di presenze in alcune discipline mediche e la totale desertificazione di altre.
Non mancano i medici: siamo pieni di chirurghi plastici, ma non sembrerebbe a giudicare dall’alto tasso di facce di bronzo che circolano nei palazzi della politica, e siamo pieni di ginecologi, nonostante “l’inverno demografico” e la mancata applicazione della Legge 194 sull’interruzione di gravidanza, tanto per limitarsi a due esempi lampanti.
L’allarme riguarda invece i medici di base che, insieme agli infermieri, costituiscono la spina dorsale delle attività sanitarie di prossimità. Non abbiamo i medici di base, l’anello fondamentale della catena della salute. Una carenza aggravata dalla loro disomogenea distribuzione, che lascia scoperte le aree più disagiate del paese, e dalle migliaia di pensionamenti in arrivo nei prossimi 5 anni.
Come per gli infermieri, anche per i medici di base, è troppo tardi per agire solo sul numero chiuso delle università (le nuove immatricolazioni non coprono neanche i posti messi a disposizione) perché il basso livello di prestigio percepito, il discredito della funzione sociale e i bassi salari non faranno accorrere nuovi iscritti in queste discipline. I carichi di lavoro spropositati, la mancanza di tutele per salute e sicurezza fanno il resto.
Persino l’Agenas si spinge a dire che in assenza di “incentivi in grado di rendere più attrattivi i profili di impiego in cui si prevedono fabbisogni più consistenti” nei prossimi anni ci troveremo a fare i conti con problemi serissimi.
Del resto, l’ultimo “infame” atto del Governo Draghi, cioè il totale abbandono sulle spalle delle famiglie di disabili e malati cronici, di cui lo Stato si lava completamente le mani, contiene in sé l’indirizzo programmatico con il quale si intende, evidentemente, liquidare definitivamente il SSN.
Assunzioni, stabilizzazione di tutti i precari, reinternalizzazione dei servizi e dei lavoratori in appalto; aumento consistente del salario, miglioramento delle condizioni di lavoro, garanzia di salute e sicurezza. Non esiste una terza via per salvare la sanità pubblica, lo dice persino l’Agenas!
USB Sanità