E' ora di dire NO e di ribellarsi
- Ti riducono il potere d'acquisto ed il valore reale di pensioni e salari, a te che non evadi un euro, ma non fanno nulla per recuperare i 120 miliardi annui di evasione fiscale, per tassare i profitti, la rendita finanziaria, i mega stipendi di dirigenti pubblici e privati.
- Ti fanno pagare le tasse sulla prima casa dopo che ti costringono ad acquistarla perché ti sfrattano e perché non ci sono abitazioni in affitto, mentre non intendono nemmeno introdurre una patrimoniale a quel 10% di ricchi che possiedono il 50% della ricchezza del paese.
- Ti aumentano l'IVA, l'Irpef locale, i ticket sanitari e le accise sulla benzina mentre l'inflazione è già al 3,5% ed erode la tua busta paga, mentre la tua pensione e il tuo salario sono bloccati, mentre ti licenziano, sei precario, in cassa-integrazione o in mobilità.
- Ti allungano l'età pensionabile e riducono l’importo delle pensioni con il sistema contributivo e ti costringono a lavorare di più proprio quando sei più stanco e vedevi la linea del “traguardo”, per costringerti a entrare nei fondi pensione, che dall’inizio della crisi stanno azzerando i contributi versati dai lavoratori e lasciando tuo figlio e tuo nipote nel dramma della disoccupazione e della precarietà.
- Ti prendono in giro dicendoti che sei un privilegiato perché ti è rimasto ancora un salario e qualche diritto sul posto di lavoro, perché non possono licenziarti senza un valido motivo e ti promettono con feroce e inaudita strumentalità che tuo figlio troverà sicuramente un lavoro se permetterai al tuo padrone di poterti licenziare con più facilità.
- Ti dicono che le aziende devono essere aiutate in un momento di crisi come l'attuale e mentre a te aumentano le tasse le riducono alle aziende; così Marchionne, dopo aver deindustrializzato interi territori, esteso l'accordo Pomigliano in tutto il gruppo Fiat e nelle aziende metalmeccaniche collegate, cancellato il contratto nazionale ed impresso una svolta autoritaria nelle relazioni sindacali, riesce anche a portare più soldi e più fabbriche all'estero.
- Ti raccontano che Cgil, Cisl e Uil stanno opponendosi alle manovre del governo Monti e vogliono farti dimenticare che il 28 giugno 2011 hanno sottoscritto un accordo con Confindustria che ha “autorizzato” il governo Berlusconi ad approvare il famigerato art. 8 che distrugge diritti e contratto nazionale.
- Ti chiedono di scioperare solo per qualche ora, per ottenere modifiche marginali alle misure del governo e senza un reale progetto complessivo e alternativo, perché l'obiettivo della Cgil è quello di tornare alla concertazione e quello di Cisl e Uil alla “collaborazione” dell'ex ministro “amico” Sacconi.
- Ti vogliono convincere che questo è un governo tecnico, serio, che è nato per “salvare l'Italia” mentre le misure adottate da Monti sono in perfetta continuità con quelle di Berlusconi, sono approvate anche dal centro sinistra e non fanno altro che preparare una nuova crisi, ancora più profonda. Ti dicono che punteranno su sviluppo e formazione e invece non modificheranno neanche la controriforma Gelmini sulla scuola.
In effetti siamo passati “dal governo dei cialtroni al governo dei padroni” che rappresenta gli interessi di banche, finanza internazionale, BCE, Fondo Internazionale Monetario e chi più ne ha più ne metta: cioè tutti coloro che in questi anni si sono arricchiti ed hanno speculato sulle tue spalle e sulla tua vita.
- Ti vogliono far credere che la globalizzazione e il “dio mercato” sono soltanto malati ma che, con un po' di sacrifici – i tuoi – poi tutto tornerà come prima, ma ti nascondono che per decenni questi “mostri ideologici” hanno promesso un “secondo tempo” - mai realizzato - di piena occupazione e salari crescenti, hanno distrutto vite ed interi popoli in altri continenti ed oggi attaccano il cuore della vecchia Europa per il semplice motivo che è qui che è ancora possibile realizzare profitti innalzando il tasso di sfruttamento del lavoro, comprimendo diritti e democrazia.
Se tutto questo è chiaro e condiviso, non è più possibile stare a guardare o “sperare che io me la cavi”, magari a danno di chi ti è più vicino sul lavoro, di tuo padre e di tua madre che non riescono a godersi qualche anno di giusto riposo dopo aver lavorato per decenni, di tuo figlio e di tua figlia che non trovano lavoro e quando lo trovano è precario e sfruttato più di te.
Bisogna alzare la testa e gridare con forza il nostro dissenso, esprimere giorno dopo giorno la voglia di cambiare, di non dire più sempre si, di opporsi e cercare tutti insieme di costruire un'alternativa sul lavoro e a questa società.
Il 27 gennaio scioperiamo contro tutto questo
Scioperiamo contro il governo Monti che rappresenta gli interessi dell'Italia e dell'Europa dei padroni, delle banche e della finanza, perché non vogliamo pagare un debito che non abbiamo contribuito a far crescere, perché è indispensabile costruire un forte movimento sociale e sindacale che parta dai posti di lavoro e si riversi nelle strade e nelle piazze di tutto il paese, perché siamo stanchi di subire e vogliamo riprenderci quello che ci hanno sottratto per decenni.
Il 27 gennaio scendiamo tutti in piazza e dimostriamo che i lavoratori, i pensionati, i precari, i disoccupati, i migranti e gli studenti – uniti e determinati - sono in grado di richiedere ed indicare un forte e concreto cambiamento nella gestione e nel governo del paese in termini sociali, di maggiori diritti e democrazia.
Lo sciopero è indetto da Usb Orsa SlaiCobas Cib-Unicobas Snater SiCobas UsiNazionale – lunedì, 02 gennaio 2012
Come se non fossero bastate le stangate piovuteci addosso con le cinque manovre finanziarie dei mesi passati, il 2012 si apre con l’annuncio di una cascata di aumenti che quest’anno costeranno alle famiglie circa 2.103 euro in più: dall’energia elettrica + 4,9%, al gas + 2,7%, alle autostrade + 3,1%, e così via senza contare l’aumento complessivo del costo della vita considerato che a novembre i prezzi medi alla produzione sono aumentati del 4,2% su base annua.
Tutto ciò poi è accompagnato dai tagli alle pensioni, dal blocco dei contratti, dalla perdita di oltre 900 mila posti di lavoro nel 2010, cui se ne aggiungeranno altri 300 mila quest’anno a causa della recessione, dalle privatizzazioni e liberalizzazioni dei servizi pubblici, dal taglio alle prestazioni sociali, e terminiamo qui un elenco che sarebbe veramente troppo lungo da completare ma che dà, già così, il senso di cosa il 2012 porterà ai lavoratori, alle donne, ai giovani, studenti e precari, ai migranti, ai pensionati.
E non finisce qui.
Il Presidente Napolitano, nel discorso di fine anno, ha invitato il governo a ripensare le politiche del lavoro chiedendo al contempo ai “sindacati”(?) lo stesso slancio costruttivo e la capacità di fare sacrifici mostrati in altre fasi di emergenza. Come se non sapessimo quanto ci è costato nei decenni trascorsi questo slancio costruttivo fatto dai sindacati complici, risultato della concertazione: politica dei redditi tradotta in abolizione del recupero automatico dell’inflazione (scala mobile) e nessun vero recupero del potere d’acquisto dei salari ottenuto per mezzo del contenimento delle richieste contrattuali, anni d’oro per le imprese e impoverimento di vasti ceti sociali con il trasferimento massiccio della ricchezza prodotta dal monte salari ai profitti e alle rendite finanziarie, aumento della precarietà e scomparsa di migliaia di posti di lavoro.
Monti non se lo è fatto certo ripetere e, accogliendo l’invito, ha già fissato le tappe per la cosiddetta fase due, quella della “crescita e dello sviluppo”, fissando per metà gennaio la ripresa del dialogo con CGIL CISL UIL e UGL all’insegna della massima intesa e soprattutto urgenza.
Unico argomento, la riforma del mercato del lavoro, il totem senza le cui modifiche addio sviluppo e crescita.
Dal 1993 abbiamo conosciuto molte riforme che hanno rivoluzionato il mercato del lavoro, dalla privatizzazione del collocamento all’introduzione di svariate tipologie di rapporti di lavoro che se da una parte hanno prodotto solo precarietà, dalla legge Treu in poi, dall’altra hanno permesso alle imprese di avvalersi di mano d’opera a basso costo, basta pensare ai cococo o all’apprendistato professionalizzante, fino ad arrivare al Collegato Lavoro di Sacconi, che ha abbattuto ulteriori garanzie a difesa dei lavoratori.
Ora il Governo parla di contratto unico ma senza i vincoli dell’art.18, dietro il solito alibi che per sconfiggere la precarietà bisogna togliere l’ultima garanzia rimasta al lavoro dipendente.
Per dorare la pillola si parla di riforma degli ammortizzatori sociali e di sostegno al reddito, ma cosa questo può significare in tempi di poderosi tagli alla spesa pubblica, lo possiamo ben immaginare.
Ci preoccupa Monti, certo, ma ancora di più ci preoccupano le reazioni delle forze politiche presenti in parlamento e di CGIL CISL UIL, questi ultimi pronti al patto sociale e ad una nuova concertazione, che avvertono il governo: senza di noi esploderanno tensioni sociali (Camusso).
Bonanni si spinge ad ipotizzare anche possibili modifiche all’art.18, purché il governo ne dimostri la necessità e paventa tensioni organizzate da facinorosi e provocatori!
Non c’è da stare per niente allegri se guardiamo agli esiti degli accordi e patti sociali conclusi o da CISL UIL e UGL - primo fra tutti gli accordi di Pomigliano e Mirafiori che hanno fornito a Marchionne la chiave per uscire da Confindustria e farsi un proprio contratto nazionale, decretando perfino la morte delle RSU soppiantate dalle RSA dei soli firmatari – o insieme alla CGIL come nel caso dell’accordo del 28 giugno scorso che di fatto cancella il contratto nazionale introducendo la possibilità di deroghe su tutti gli istituti contrattuali, cui ha fatto seguito l’art. 8 della finanziaria del governo Berlusconi, anche qui con un pesante colpo alla democrazia sindacale e alla possibilità dei lavoratori di contare nelle scelte che li riguardano.
E’ per impedire che questo disegno giunga alle sue estreme conseguenze, per impedire che sotto i diktat della BCE, della Commissione Europea, dei poteri finanziari e del dio mercato, a soccombere siano sempre i solito noti, che il 27 gennaio prossimo la stragrande maggioranza delle organizzazioni sindacali di base ha indetto lo sciopero generale.
Mentre le banche e le grandi aziende monopoliste continuano a macinare profitti a noi vengono proposti sacrifici e batoste.
Per contrastarli è necessario costruire una grande opposizione sociale e per questo invitiamo tutti, i lavoratori e le lavoratrici, i giovani, precari e studenti, i migranti, i pensionati, chi lotta per la difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici contro le privatizzazioni e le liberalizzazioni, e chi nei territori si oppone alla speculazione e alle devastazioni ambientali a costruire insieme la prima grande giornata di lotta contro Monti ed il suo governo.
USB Unione Sindacale di Base
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USB, SLAI COBAS, CIB-UNICOBAS, SNATER, USI e SICOBAS hanno indetto lo Sciopero generale di tutte le categorie pubbliche e private per intera giornata del 27 gennaio 2012 con Manifestazione nazionale a Roma.
Lo sciopero generale è indetto:
- contro il governo Monti che conferma le precedenti manovre, colpisce l'intero sistema pensionistico e il livello di vivibilità economica dei pensionati, riduce il potere d'acquisto dei salari attraverso l'aumento dell'IVA, dell'Irpef locale, dei ticket sanitari, delle accise sulla benzina e l'adozione dell'ICI sulla prima casa;
- contro le politiche ispirate dall'unione europea e condivise dai vari governi, che tutelano gli interessi del grande capitale bancario, finanziario ed economico, scaricando i costi della crisi capitalista sui lavoratori e sulle fasce di popolazione più disagiata;
- contro le precedenti manovre del governo Berlusconi che complessivamente prevedono misure su licenziamenti, privatizzazioni e peggioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori privati e del personale del pubblico impiego e della scuola (anche con l'accorpamento selvaggio degli istituti), compresa la riduzione del personale, la cassa-integrazione, la mobilità obbligatoria, la possibilità di licenziare e il blocco dei contratti, contro la riforma scolastica del Ministro Gelmini;
- contro le politiche del "piano Marchionne", le delocalizzazioni e la deindustrializzazione in atto, l'estensione dell'accordo Pomigliano in tutto il gruppo Fiat e nelle aziende metalmeccaniche collegate, la cancellazione del contratto nazionale e la svolta autoritaria in atto nelle relazioni sindacali;
- contro il patto sociale e l'attacco ai diritti dei Lavoratori;
- contro l'accordo del 28 giugno 2011 tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, ratificato il 21 settembre scorso che ha aperto la strada all'art. 8 della manovra del governo e alla cancellazione dei contratti nazionali;
- per la piena applicazione delle misure di tutela su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
USB - SLAI COBAS - CIB-UNICOBAS - SNATER - USI - SICOBAS