Gli ultimi rapporti dell'INPS segnalano che più del 12% dei lavoratori in Italia percepisce un salario al di sotto della soglia di povertà e che quindi, pur lavorando, fatica ad accedere a servizi e consumi di base. Si tratta di una percentuale in continua espansione e che non tiene conto di chi lavora completamente al nero, che sfugge al rilevamento statistico ma è parte integrante della forza lavoro.
La grande espansione del lavoro povero o il continuo impoverimento del lavoro non sono semplicemente il prodotto della crisi del 2008, ma affondano le loro radici nella storia del nostro paese, alla sua progressiva deindustrializzazione ed al ruolo subalterno al quale è stato relegato all’interno dell’economia europea. Ed è in questo processo che si sono andate a perdere progressivamente tante conquiste che i lavoratori avevano ottenuto organizzandosi e lottando insieme.
Oggi si moltiplicano forme di lavoro che nascono strutturalmente povere sia di salario che di diritti. Anche l’uso delle tecnologie viene messo al servizio di una riduzione dei diritti, trasformando il lavoro in asservimento, rendendolo sottomesso e ricattabile. La deregolamentazione e l’indebolimento del diritto del lavoro rendono sempre meno esigibili diritti fondamentali e la condizione di precarietà è ormai il tratto caratteristico dell’attività lavorativa.
Dai riders ai braccianti, dai lavoratori delle cooperative a quelli della ristorazione o agli stagionali del turismo, dalle badanti alle commesse e al tanto lavoro autonomo involontario il tratto comune è la povertà di diritti, la bassa remunerazione, l’assenza di tutele sulla salute e la sicurezza e la difficoltà ad organizzarsi collettivamente.
Negli ultimi anni alcuni interventi legislativi sono stati giustificati dalla necessità di intervenire su questi temi: dal decreto dignità che ha messo mano ai contratti a tempo determinato all’istituzione del Reddito di cittadinanza, dalle norme sui lavoratori delle piattaforme alle proposte in materia di salario minimo. Ma la condizione di povertà non solo non è diminuita ma sta aggredendo nuovi settori di lavoratori anche grazie ad uno uso sempre più spregiudicato dell’intermediazione di manodopera, del lavoro in appalto e del sistema delle false cooperative ed alla proliferazione del lavoro gratuito.
La crescita del lavoro povero ha pesanti ripercussioni su tutto il resto del mondo del lavoro, trascinando verso il basso l’insieme delle tutele e rendendo sempre più vulnerabili ampi strati di lavoratori, a cominciare dalle donne, dai migranti e dai giovani. La sindacalizzazione di questo mondo perciò è un’esigenza generale per tutto il movimento dei lavoratori, ma essa non può avvenire facendo riferimento esclusivamente agli strumenti tradizionali. C’è bisogno di utilizzare strumenti e modalità innovative e di promuovere piattaforme rivendicative capaci di abbracciare la condizione sociale e non solo quella lavorativa.
L’incontro ha l’obiettivo di mettere a fuoco la condizione dei lavoratori poveri, analizzare le principali misure legislative introdotte negli ultimi anni e presentare ipotesi e proposte sia sul piano rivendicativo che delle politiche del lavoro.
Unione Sindacale di Base