E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Supplemento n. 108/L) n. 101 del 30 aprile 2008, il Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, inerente l'attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007 n.123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il decreto, che entrerà in vigore dal 15 maggio 2008, riordina l'intera normativa presentando alcuni passi avanti a fronte di molte lacune, in quanto è il frutto di un percorso politico, parlamentare molto travagliato che ha visto contrapposti, frontalmente, gli interessi dei lavoratori e quelli dei padroni.
Le nuove norme, sono state approvate sul filo di lana della scorsa legislatura con una accelerazione decisiva dovuta dalle stragi che si compiono, quotidianamente, sui luoghi di lavoro.
Nonostante l'emergenza sociale di questa guerra non dichiarata, i padroni sono riusciti ad indebolire l'impianto normativo e, come già annunciato, non molleranno e tenteranno, immediatamente, a demolirlo definitivamente con il consenso della nuova compagine governativa che ha già reso noto di voler "rivedere" l'intero testo.
Una guerra combattuta, giorno per giorno, da uomini e donne costretti a lavorare per pochi soldi, senza difese, senza tutele.
Le morti sui luoghi di lavoro non sono incidenti, dipendono dall'avidità di chi disprezza la vita per il profitto. La vita degli operai, naturalmente, degli edili, dei braccianti.
La vita precaria di chi, per tirare avanti, è magari costretto a lavorare otto, dieci ore di seguito su di una impalcatura, senza protezioni di sorta, o di chi deve manovrare macchinari con i sistemi di sicurezza disattivati, per aumentare la produttività.
Le morti sono il frutto della degenerazione di un sistema che ha elevato il denaro a valore assoluto, senza badare ai nomi e alle storie, al sangue e alla carne, al sudore e alla fatica, di chi viene sacrificato ogni giorno sull'altare del dio profitto.
Nessun testo normativo, nessun decreto legislativo potrà mai fermare questa guerra, perchè questa carneficina è il frutto delle norme che hanno liberalizzato il mercato del lavoro in ossequio agli interessi delle imprese, dei padroni.
Il tutto, con il consenso delle organizzazioni sindacali confederali che accettano, come legittimo, il profitto e a questo subordinano ogni piattaforma sindacale e ogni legge sul lavoro.
La precarietà del rapporto di lavoro, imposto dalle esigenze dei mercati finanziari transnazionali, ha peggiorato le condizioni di vita di milioni di lavoratori, introducendo più insicurezza sui luoghi di lavoro, agevolando il ricorso sempre più costante a forme di lavoro intermittente, part-time, tempo determinato e interinale, a forme di esternalizzazioni, cessioni e trasferimenti di rami di aziende, con tutto quello che ne consegue per i lavoratori che passano da un’azienda all’altra, da un appalto all’altro.
Finché il profitto delle imprese sarà un "valore" prioritario al rispetto della vita dei lavoratori, i lavoratori continueranno a morire, a farsi male, ad ammalarsi.
Solo in una società dove si produce per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per il profitto, eliminando lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, è possibile mettere i lavoratori e la vita umana al primo posto creando le condizioni per mettere al bando i morti sul lavoro e di lavoro.