Dopo mesi di silenzi, nonostante insistenti richieste, Marchionne ha presentato il piano industriale per Mirafiori Carrozzerie e, in un crescendo di scadenze rapidissime e irrevocabili, coincidenti casualmente con altrettante iniziative dei sindacati complici, vedi consultazione se è meglio avere un lavoro oppure farsi la cig e la mobilità, la FIAT pretende l’accettazione in tempi brevissimi della sua proposta.
Ciò che chiede è un notevole sacrificio ai lavoratori, praticamente l’applicazione anche a Torino dell’accordo di Pomigliano.
La prima condizione che dobbiamo pretendere è che i tempi devono rispettare il diritto dei lavoratori di essere informati, di discutere e valutare la proposta.
Deve esserci una trattativa sulle condizioni più negative e siano considerate le alternative migliori: non ci deve essere nessun referendum preconfezionato e sotto ricatto.
La FIAT ha credibilità? Quando Marchionne ha assunto la direzione del gruppo auto, disse che nessuno stabilimento in Italia era a rischio chiusura, ora, di fatto, se non si accettano le sue condizioni, lo sono tutti.
Di piani produttivi ne ha detti molti, nessuno è stato poi avviato, Termini Imerese è chiusa, a Pomigliano non si faranno più i modelli ALFA, la progettazione, la produzione dei nuovi modelli è continuamente rimandata o trasferita all’estero, le quote di mercato in continua caduta. Un bel disastro pagato direttamente dai dipendenti.
Che i padroni stiano giocando sporco con la crisi oggi e chiaro a tutti, ma non c’è chi gli risponde che non possono fare gli sciacalli sulla vita delle persone. Il governo Berlusconi si distingue nel dare carta bianca lasciando il settore industriale senza alcuna tutela per gli interessi nazionali e le condizioni dei lavoratori.
Ricordiamo come sono stati trattati i nostri compagni di Pomigliano per giustificare le cose peggiori dell’accordo per il loro stabilimento. Accusati, ad esempio, di essere degli assenteisti irresponsabili, ora la stessa menzogna è scaricata su Mirafiori. La verità è che il padrone vuole prendersi i soldi dei giorni di malattia per trasformarli in profitti: se non sono in malafede, almeno da parte loro, dicano che la proposta sarà guadagno zero.
Niente diritti: con l’accordo si stabilisce il divieto di sciopero, è la rinuncia totale ai diritti sindacali dei singoli operai. Per le organizzazioni filopadronali non cambia nulla, per i lavoratori sono le catene.
Non è una questione “politica”, sapendo benissimo che nella “nuova fabbrica” ci saranno disagi e fatica, da buon generarle che si prepara alla guerra, la Fiat disarma i suoi “nemici” lavoratori in modo da assicurarsi il totale controllo, anche sul comportamento del singolo operaio.
Altro che partecipazione, condivisione, valorizzazione, tutte parole per mascherare una ristrutturazione feroce, fatta usando la crisi e per portare al massimo lo sfruttamento del lavoro.
Dobbiamo affrontare questa trattativa con la piena consapevolezza della posta in gioco.