Fioccano in questi giorni i comunicati sindacali sull' annosa vicenda relativa alla trattenuta del 2,5% nei confronti dei lavoratori assunti a partire dall'1/1/2001.
La vicenda, come è noto, origina dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012 che stabiliva un principio chiarissimo: una ritenuta contributiva sulla retribuzione ha senso solo se è agganciata ad un calcolo che prevede la restituzione futura di quanto tolto mese dopo mese. A seguito di tale sentenza, l'allora governo Monti ripristinò il TFS per i lavoratori assunti ante 2001, annullando gli effetti del dl 78 del 2010 che intendeva per tali lavoratori il passaggio al calcolo del TFR a partire da gennaio 2011.
Tale sentenza non riguardava, però, i lavoratori assunti dopo il 31 dicembre 2000 che, oltre al danno di essere usciti dal regime TFS e trovarsi obbligatoriamente nel meno favorevole regime TFR, subiscono la beffa della prosecuzione a fondo perduto della trattenuta del 2,5%.
Un furto reso possibile da un accordo sindacale siglato nell'estate del 99 da CGIL, CISL e UIL, e da tutti i sindacati autonomi.
Quell'accordo spalancava le porte alla previdenza integrativa mantenendo intatto il prelievo del 2,5% a carico del lavoratore in regime TFR per evitare che la sua retribuzione aumentasse a seguito del mancato prelievo!
L'USB, nell'ambito della più generale vertenza in difesa del sistema previdenziale pubblico (oggi ancora nel mirino delle politiche di contenimento dei costi) ha da subito seguito la vicenda approntando le diffide da inviare all'amministrazione, al fine di interrompere la prescrizione e perseguendo anche la strada dei ricorsi in sede legale.
Ma, naturalmente, non possiamo delegare integralmente la positiva soluzione di questa vertenza soltanto alla speranza che qualche giudice avveduto riconosca il sacrosanto diritto spettante ai lavoratori assunti post 2000.
Le oscillazioni che spesso caratterizzano le pronunce dei giudici, una giurisprudenza del lavoro che, purtroppo, da tempo ha cessato di considerare il lavoratore quale contraente debole da tutelare anche in sede legale, le pressioni politiche che, è facile immaginare, esistano su questa vicenda ( se riconosciuto il principio il governo dovrebbe rimborsare una cifra enorme), ci portano a ritenere che occorre accompagnare la strada legale con iniziative nei posti di lavoro, cominciando anche ad immaginare una “soluzione politica” alla vertenza che riconosca, comunque, il principio stabilito dalla sentenza della Corte e ponga fine a questa assurda discriminazione nei confronti dei lavoratori assunti post 2000.
Nel frattempo invitiamo i lavoratori che non l'hanno fatto a presentare la diffida e a tenere alta l'attenzione su questa vicenda al fine di esercitare tutta la pressione necessaria per rendere praticabile una positiva soluzione della vertenza.
Con questa consapevolezza l'USB è al fianco dei lavoratori e si impegna a continuare la battaglia in difesa della previdenza pubblica per contrastare quelle OO.SS che, trasformatesi oramai in broker finanziari, sponsorizzano il decollo della previdenza integrativa attraverso i fondi pensione.
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