La Croce Rossa Italiana, ente pubblico d’ eccellenza i cui servizi socio-sanitari servono la cittadinanza, si sta inesorabilmente avviando verso uno scellerato processo di privatizzazione, con
· La dismissione del servizio trasporto di emergenza 118 grazie alla perdita delle convenzioni regionali con la complicità di una Dirigenza inetta
· La chiusura, con decisione unilaterale, dell’ officina dell’ autoparco di Roma senza il cui servizio è impossibile la manutenzione delle ambulanze
· L’ arbitraria chiusura degli ambulatori della città ( L.go Preneste, V. Pacinotti e V. Cesana al quartiere Tiburtino ) reale tutela per le minoranze ( anziani, migranti, poco abbienti ) che ne usufruivano.
I vertici dell’ Ente stanno attuando il proprio scellerato disegno, come imposto dal Governo, con una mobilità selvaggia del personale precario e di ruolo, senza un confronto con le parti sociali, ed in completa violazione delle norme contrattuali e di ogni basilare relazione sindacale.
Licenziamenti arbitrari, mascherati da assunzioni illegittime, attuati con lo strumento per nulla democratico delle Ordinanze Commissariali, si sono verificati a macchia di leopardo in tutta la penisola, e, in ultimo, il rinnovo dei contratti è stato subordinato all’ accettazione di uno scandaloso codice etico, che di fatto imbavaglia il lavoratore, anello debole per eccellenza.
I lavoratori della CRI si oppongono al fatto che l’ Ente perda la sua natura pubblica, in virtù di un accaparramento di servizi solo apparentemente “ sociali ”, ma che nascondono la deriva, in perfetto “ stile ventennio ”, della propria Dirigenza verso:
· La gestione esclusiva, d’ intesa con il Campidoglio, dei campi di “solidarietà ” rom, che mascherano la reclusione in ghetti per la popolazione nomade
· L’ organizzazione dei C.I.E. e dei C.A.R.A., veri luoghi di detenzione a cielo aperto destinati alla popolazione immigrata in presunta clandestinità
· La trasformazione in RSA privata, del CEM di Roma, ( lungo degenza per disabili )
con perdita di numerosi posti di lavoro
I lavoratori tutti pretendono una marcia indietro da parte delle Dirigenze e continuano lo stato di agitazione, aderiranno allo sciopero generale indetto dalla USB l’11 marzo, e lavoreranno per costruire una mobilitazione che coinvolga la cittadinanza, che a causa della privatizzazione dell’ Ente perderà una serie di diritti fondamentali, strettamente collegati ai servizi socio-sanitari ad essa destinati.