“I dipendenti che intendono attuare la protesta dello sciopero della fame, all’atto del rientro in servizio devono munirsi di certificato medico attestante la loro idoneità psico-fisica”.. e ciò al fine di tutelare la salute dei dipendenti stessi oltre che il buon andamento del servizio e, quindi, l’incolumità dei pazienti loro affidati”.
Questa la sintesi dell’ordine di servizio fatto pervenire ai dipendenti AIAS da parte della loro Dirigenza.
Una missiva, neutra, impeccabile nella forma, perché sembrerebbe sottintendere che all’Azienda stia a cuore la salute oltre che fisica anche mentale dei propri dipendenti. Peccato che ci siano un paio di passaggi che sembrano sfuggire all’azienda:
Sfugge ad essa il fatto che, i dipendenti, lo sciopero della fame lo stanno attuando per un preciso motivo. La mancanza dell’erogazione degli stipendi, come ogni comune mortale sa, senza stipendio un lavoratore dipendente non riesce a fare la spesa, o come si suol dire volgarmente, non riesce a mangiare. Una forma di protesta, dunque, tesa a rendere pubblico uno stato di fatto dettato da necessità oggettiva. Ciò sta a significare che non riusciamo a mangiare, non riusciamo a onorare i nostri impegni finanziari visto che l’azienda dove noi prestiamo la nostra opera ci paga con nove mesi di ritardo e, quindi, rendiamo pubblica la nostra situazione. La rendiamo pubblica ai parenti dei pazienti, per dire loro che in queste condizioni le nostre limiti psico-fisiche sono a rischio, lo diciamo alla politica perché è inconcepibile il fatto che un’azienda che opera, quasi , in regime di monocommittenza da parte di Aziende Pubbliche (ASL e Comuni) ed in un settore così delicato, possa permettersi di operare macelleria sociale con licenziamenti, riduzioni di personale dovute a dimissioni per giusta causa, e possa permettersi il lusso di usare i propri dipendenti come “scudi umani” (o agenti esattori che dir si voglia) per un assurdo contenzioso nei confronti dei committenti.
Lo abbiamo detto, e vale la pena ripeterlo: I lavoratori operano in un settore delicatissimo, con pazienti fragili, i lavoratori hanno bisogno di serenità di relazioni umane dignitose, non hanno bisogno di minacce, di provvedimenti e minacce di provvedimenti disciplinari, ma che il loro lavoro venga rispettato e soprattutto retribuito e retribuito nei tempi che le leggi, e i contratti prevedono!
Nessuno, Nessun lavoratore, vorrebbe ricorrere all’arma dello sciopero della fame! Ma nessun lavoratore vuole esser costretto a digiunare, e far digiunare la propria famiglia perché il proprio datore di lavoro paga gli stipendi con otto-nove mesi di ritardo. Lo sciopero della fame, essi lo attuavano senza averlo proclamato, costretti a farlo dal proprio datore di lavoro che non li retribuiva per il lavoro svolto.
Continuiamo a chiedere lo chiediamo alla politica che questo circolo infernale venga finalmente spezzato. Che essa intervenga pesantemente, dimostrando tutta la sua “autorevolezza” a che si rompa questo assurdo monopolio, che si pensi ad una politica di lungo respiro, ad una politica che miri ad una sanità dove i profitti siano banditi e che abbia come finalità il benessere e la salute dei pazienti ed anche la serenità degli operatori. Di tutti gli operatori e non solo quello dei gestori e datori di lavoro.
Ognuno può dichiararsi monopolista o antimonopolista, è suo diritto! Noi continuiamo a pensare che se di monopolio si deve parlare allora che sia pubblico! La sanità non deve essere messa in vendita. I Lavoratori che operano in questo settore svolgono una funzione sociale e pubblica e per questo hanno diritto a svolgere il proprio lavoro e le proprie funzioni con serenità ed essere retribuiti regolarmente.
Se i lavoratori in sciopero della fame verranno retribuiti regolarmente, c’è da scommettere che: inizieranno a mangiare regolarmente!